Un dipendente su tre si fa carico della cura di un familiare anziano o non autosufficiente e nel 77% dei casi il lavoro di cura viene svolto quotidianamente diventando praticamente una seconda occupazione. Questo il risultato dell’indagine condotta su 30.000 lavoratori di aziende italiane medio grandi dall’azienda specializzata in servizi di welfare JOINTLY-Il welfare condiviso, con il supporto del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano circa la situazione dei lavoratori caregiver nelle aziende.
Ciò che è emerso in maniera preponderante è la crescita della cosiddetta “sandwich” generation, ovvero quella di chi non ha ancora raggiunto l’autonomia dei figli, e deve iniziare a prendersi cura organizzativamente ed economicamente di familiari anziani o non autosufficienti. In Italia ci sono 8 milioni di persone che si occupano di familiari non autosufficienti e la maggior parte lo fa in parallelo al proprio lavoro principale. Tra le evidenze più interessanti dell’indagine, emerge inoltre che il 25% dei caregiver deve gestire, contemporaneamente al familiare non autosufficiente, anche figli piccoli o adolescenti.
I dati evidenziano inoltre altri aspetti rilevanti, destinati a cambiare l’assetto delle politiche di welfare delle aziende:
• Nonostante il carico di cura tende più frequentemente a ricadere sulle donne, costringendole spesso ad abbandonare il posto di lavoro per far fronte alle esigenze dei propri cari, il fenomeno dei lavoratori che si occupano di familiari non autosufficienti riguarda in misura sempre maggiore anche gli uomini. Secondo la ricerca la divisione per genere dei caregiver vede un 61% di uomini e il 39% di donne. (L’incidenza degli uomini sul campione totale è del 61%).
• A differenza delle politiche a sostegno della neo-genitorialità che impattano mediamente un target ben definito (30-40 anni), l’età in cui i lavoratori affrontano la necessità di assistere un familiare è estremamente variabile. Il 2% è sotto i 30 anni, il 13% è tra i 30 e i 40 anni, il 28% è tra i 40 e i 50 anni, il 57% è oltre i 50 anni;
• A complicare ulteriormente la precaria situazione del lavoratore caregiver, si aggiunge il fatto che il suo status ha una durata indefinita: il bisogno di assistenza evolve secondo uno schema non definito ed è impossibile da prevedere.
• Spesso il parente da assistere non si trova vicino al lavoratore: la distanza è un fattore che incide sui tempi di spostamento del caregiver e implica inevitabilmente una maggiore flessibilità in termine di orari lavorativi da parte delle aziende.
Questi fattori impattano notevolmente sui costi delle aziende in termini di assenteismo (secondo i dati dell’Osservatorio Jointly, in media chi beneficia della legge 104 si assenta 15 giorni in più all’anno), uscita anticipata dal mondo del lavoro (nel 15% delle famiglie si valuta l’uscita di uno dei due familiari per far fronte ai carichi di cura – Dati Censis), rischio di burnout legato a maggiore stress, preoccupazione e fatica emotiva.