Una startup che porta valore aggiunto nel processo di recruiting: come nasce il progetto di R-Everse e quali sono i suoi punti di forza rispetto a servizi offerti da altre realtà nell’ambito delle HR?
Nasce dalla volontà di scardinare un settore spesso polveroso e autoreferenziale, introducendo un modello collaborativo. È un settore dove i nostri competitor declinano la specializzazione dichiarando le aree in cui sono forti (es. sales o information technology). È un’autodichiarazione. Noi abbiamo scelto di specializzarci nell’headhunting digitale, nei processi e nella valutazione delle soft skill. Per le competenze tecniche abbiamo creato un network di persone che la specializzazione la vivono nel quotidiano. E così abbiamo iniziato a coinvolgere manager esterni a R-Everse, li chiamiamo Scout, per svolgere il colloquio tecnico ad ogni candidato. Se devo valutare per esempio un esperto di sicurezza informatica, sarà un Senior Security Manager ad intervistarlo e a restituirci un report tecnico dettagliato che ci consente di presentare alle nostre aziende clienti solo candidati con hard skills perfettamente in linea.
Chi sono gli scout che vengono ingaggiati per valutare i profili dei candidati e come vengono selezionati a loro volta?
Sono manager che selezioniamo con criteri piuttosto rigidi: almeno 10 anni di esperienza, preferibilmente team leader (sono “tecnici” ma anche abituati a gestire persone) e interessati all’innovazione. Questo garantisce ai nostri clienti la massima qualità: sono i numeri della nostra crescita a confermarlo. Inoltre chiediamo ad ogni candidato un feedback non solo sul processo nel suo complesso ma anche su come ha trovato il colloquio con lo scout: teniamo in grande considerazione i nostri candidati, anche perché spesso non si tratta di figure junior ma di giovani manager la cui opinione ci aiuta a tenere elevato il livello qualitativo del nostro servizio. Parliamo di numeri, non opinioni, che raccontano di una soddisfazione praticamente totale. E questo aiuta noi ma anche i nostri clienti: i candidati associano il nostro servizio al nome del cliente, inevitabilmente. Ed è molto importante per le aziende anche questo aspetto.
Tecnici versus head-hunter: per valutare certe skill un profilo affine ha più voci in capitolo rispetto a un HR manager?
Esistono delle criticità in questo processo?
Non si tratta di avere più o meno voce in capitolo quanto di avere diverse competenze: l’HR manager è la figura chiave di ogni processo di selezione, e il nostro ruolo è quello di affiancarlo in decisioni delicate come la scelta di personale specializzato fornendogli le competenze tecniche che lui non sempre può padroneggiare. Con gli HR manager che hanno sposato il nostro modello non esistono criticità perché le competenze si affiancano senza sovrapporsi o “pestarsi i piedi”. Aggiungo: è ciò che accade in tutte le aziende. In ogni processo di selezione le aziende hanno un passaggio con l’HR e uno con il “tecnico”, spesso il “tecnico” viene dopo per non sottrarre troppe ore al business. Noi abbiamo preso quell’idea naturale e l’abbiamo inserita nel nostro processo: il nostro HR in questo modo presenta sempre figure con competenze tecniche in linea con le aspettative del suo cliente interno, il “tecnico”.
Parliamo di ruoli manageriali: in un mercato del lavoro sempre più sfidante dove la fase di selezione è cruciale il giudizio di un collega può rappresentare l’endorsement migliore oppure si tratta semplicemente di sommare pareri diversi?
Una figura che porta valore al team in cui lavora è un bene inestimabile per ogni azienda, e la scelta della persona giusta è un processo delicatissimo. Se ogni figura coinvolta nel processo di selezione ha modo di valutare le proprie aree di competenza, allora l’HR manager potrà prendere la decisione migliore.
Quanto conta la “chemistry”, oltre la competenza tecnica?
Molto. Moltissimo. Certo dipende anche dal rapporto domanda/offerta. Se sto selezionando astronauti che siano stati sulla luna (quindi degli unicorni), è probabile che l’azienda dovrà necessariamente soffermarsi meno sulla chemistry. Ma in generale conta molto. Io sono un head-hunter, poi c’è un cliente e un candidato. Ma siamo, in ultima istanza, tre esseri umani fatti all’80% di acqua: fino a che non subiremo mutazioni genetiche la chemistry resterà fondamentale. L’inizio di un nuovo lavoro è l’inizio di una nuova relazione: c’è sempre bisogno della chemistry.