Si svolge in questi giorni a Milano il Festival della Crescita, l’appuntamento annuale dedicato all’innovazione e allo sviluppo.
Tra i temi discussi, il ruolo dell’istruzione e delle esperienze formative e professionali per gli studenti e i giovani del nostro paese.
Questa mattina in particolare si è parlato dell’alternanza scuola-lavoro, esperienza obbligatoria per gli studenti delle scuole superiori della durata di 200 ore (25 giorni), contestata anche di recente in pubbliche manifestazioni perché vista da molti ragazzi come un momento di sfruttamento.
La tavola rotonda di oggi, intitolata, La sfida dell’alternanza scuola/lavoro, introdotta da Francesca Zaffino (Festival delle Generazioni) e moderata da Francesco Cancellato (Linkiesta), ha coinvolto Benedetta Cosmi (scrittrice e giornalista), Marie Madeleine Gianni (Fondazione Bet She Can), Filippo Novello (IIS G.Galilei – R. Luxemburg Milano), Alessandro Rosina (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e curatore del “Rapporto Giovani”) e Roberto Zecchino (HR manager Bosch Sud Europa).
Ecco i 10 punti emersi dalla discussione:
- la percezione della distanza tra il mondo del lavoro e la scuola è ancora molto forte;
- l’idea che il ragazzo in alternanza sia solo una risorsa gratuita per l’azienda da sfruttare è ancora radicata;
- lo studente in alternanza non è un lavoratore, come qualcuno potrebbe credere, ma un giovane che apprende competenze
- l’alternanza dunque è un progetto formativo che intende sviluppare soft skill, come il saper lavorare in gruppo, arrivare puntuali a un appuntamento, avere un pensiero creativo, una visione di insieme, capacità relazionali e adattive, competenze multiculturali;
- le ricerche dimostrano che i paesi dove l’alternanza è più sviluppata, da diversi anni, sono quelli dove il tasso di disoccupazione è inferiore, come i paesi del nord Europa;
- la flessibilità che contraddistingue sempre più il mondo del lavoro, dove stanno scomparendo forme di “controllo” del dipendente a favore di misure che tendono a responsabilizzarlo segna un gap col mondo scolastico italiano, contraddistinto ancora da un’eccessiva rigidità, dove le procedure didattiche sono sottoposte a eccessivi vincoli, dove esiste un registro delle presenze e dove lo studente ha poca autonomia nella gestione del tempo e dei suoi compiti;
- l’abbandono prematuro della scuola in Italia è tra i più alti a livello europeo (11.8% entro i 12 anni, 17,5% entro i 17 anni);
- la disoccupazione giovanile ha ormai superato il 30% (2 milioni e 500mila persone);
- i cosiddetti NEET (Not in Education, Employment, or Training), giovani tra I 15 e i 29 anni disoccupati che non studiano e non fanno formazione, raggiunge il 20%. Questi ragazzi perdono sempre più campo anche a livello di soft e life skill. Sono un pubblico fragile che diviene sempre più fragile col passare degli anni;
- l’Italia è il paese europeo col più basso tasso di occupazione femminile e dove esiste un problema di sottovalutazione e di scarso empowerment femminile: fin da piccole le ragazze dovrebbero essere educate a non aver paura di scegliere percorsi e scelte solitamente privilegiati dai maschi, dallo sport alla tipologia di studi.