In occasione della Festa della Donna, qual è lo stato dell’arte delle pari opportunità nel nostro paese? È vero che qualcosa si sta muovendo, ma si muove troppo lentamente in tutt’Europa e ancor più in Italia. I dati elaborati da Manageritalia in collaborazione con AstraRicherche e Job Pricing su fonti diverse parlano chiaro: l’Italia è al 41° posto su 145 paesi (22° in Europa su 45 paesi) (classifica Global gender gap 2015 del World Economic Forum), gli stereotipi socio-familiari resistono e il 71% degli italiani (50% la media europea) ritiene che gli uomini siano meno competenti delle donne nello svolgimento dei compiti domestici e il 43% (29% media europea) crede che un padre debba anteporre la carriera al doversi occupare dei figli piccoli e il 38% infine (29% Europa) pensa che le donne siano meno disposte degli uomini a fare carriera.
Se non altro siamo consapevoli del ritardo: il 68% degli italiani (62% la media europea) pensa che oggi l’ineguaglianza di genere sia ancora diffusa nel paese. Lo pensano più le donne (74%) degli uomini (62%), in Europa donne 68% e uomini 57%, e l’ambito nel quale gli stereotipi di genere sono più diffusi è proprio il mercato del lavoro per il 51% degli europei e il 63% degli italiani, superati solo dalla Grecia (70%).
Eppure la diversità di genere sul lavoro fa la differenza e avere almeno il 30% delle donne in posizioni di leadership può far aumentare fino al 6% il margine del profitto netto aziendale (studio del Peterson Institute for International Economics e dell’Ey).
«La gestione del diversity di genere, culturale e anagrafico è oggi determinante» dice Marisa Montegiove, coordinatrice del Gruppo donne di Manageritalia. «Certo deve essere basta su un’organizzazione manageriale del lavoro, perché le aziende e il lavoro diventino davvero “agili”, capaci di garantire una vera e sana flessibilità che permetta di dare il meglio nel lavoro e nella vita personale. Questo diventa oggi un must per tutti e per i manager in primis. Perché abbiamo bisogno delle donne per portare nuova linfa nella società e nell’economia».
Spiragli di luce arrivano dal fatto che il work-life balance oggi è finalmente al primo posto tra i fattori di successo professionale anche per i manager con una prevalenza degli uomini (53% dei manager e 55% degli uomini) e se lo vogliono per loro, a maggior ragione devono renderlo raggiungibile nelle loro aziende, per tutti i collaboratori. Parallelamente le donne manager continuano ad aumentare in Italia (+0,8% dirigenti e + 1% quadri nel 2014)
Una buona percentuale di donne al lavoro e ancor più nelle posizioni di vertice è la condizione perché le aziende facciano più profitti e le economie crescano maggiormente. Quindi, la tanto decantata parità diventa oggi, oltre un innegabile problema sociale, anche e soprattutto un’opportunità economia. Questo dicono i dati e anche i cittadini europei.
«Chi se non i manager» dice Guido Carella, presidente Manageritalia «possono far sì che questo work-life balance si realizzi? Grazie a una gestione manageriale delle persone basata su obiettivi, risultati e, quindi, merito. Grazie a un ottimale utilizzo delle nuove tecnologie, alle facilitazioni legislative e non, a una vera collaborazione e sinergia tra i lavoratori e tra gli obiettivi delle persone e quelli delle aziende. Ma di fatto serve la presenza di manager che mettano anche l’anima per dar senso al lavoro di tutti e per raggiugere veramente quel diapason di produttività e benessere per le persone e le aziende. Questo è oggi il vero ruolo dei manager per costruire il presente e il futuro del lavoro e della crescita economica e sociale».