Lo scorso 14 novembre si è svolta a Napoli, nella sede di Manageritalia Campania, una tavola rotonda dedicata alle novità introdotte dal Decreto dignità e alle conseguenze che avranno dal punto di vista dei manager, in particolare di quelli che si occupano di organizzazione del lavoro e gestione del personale. Abbiamo raccolto alcuni spunti e opinioni sull’interessante e partecipato incontro.
Aumenta il turnover
“Con il provvedimento purtroppo il turnover è destinato ad aumentare” dichiara Lucio Sindaco, Hr director di MD Group. Abbiamo circa 7mila dipendenti, di cui il 90% a tempo indeterminato, con un turnover medio attorno al 10%: fino a ieri prevedevamo un periodo di formazione per i lavoratori a tempo determinato di circa 24 mesi, mentre con la nuova normativa dovremo ridurlo a 12. Nel momento in cui ci avvicineremo alla scadenza del primo anno di contratto, come previsto dal Decreto, saremo costretti a risolvere molti di questi rapporti poiché impossibilitati a indicare una delle causali contenute dalla legge per prorogarli”.
Per affrontare il cambiamento MD spingerà sulla leva della formazione, “in modo che le persone possano acquisire le competenze necessarie nell’arco di un solo anno, auspicando che la nuova normativa non penalizzi gli investimenti visto che apriamo circa due punti vendita al mese, che i lavoratori con contratti a tempo determinato si concentrano in queste sedi e che in alcune zone d’Italia, specialmente al centro-nord, facciamo fatica a reperire personale”.
Un provvedimento controproducente?
Varato dal governo per incentivare l’occupazione facendo emergere il sommerso, secondo gli esperti il provvedimento rischia di essere controproducente. “Le dichiarazioni del ministro Luigi Di Maio che, qualche giorno fa, ha definito le agenzie per il lavoro come il nuovo caporalato, denota cattiva informazione e conoscenza dell’Istituto: la somministrazione di manodopera fa proprio l’esatto contrario, garantendo tutti i diritti del lavoro subordinato in materia di contratto collettivo applicato, livello di inquadramento, mansione e retribuzione e offrendo garanzie superiori rispetto anche allo stesso contratto a termine”, afferma Sara Leone, permanent & professional developer della direzione operativa tirrenica di Gi Group.
Una delle questioni più dibattute riguarda la costituzione dei rapporti di lavoro che, tra false partite Iva, appalti truccati e rimborsi fittizi, al momento offre un terreno favorevole all’illegalità e allo sfruttamento. “Il Decreto dignità avrebbe dovuto tener conto quindi del vero precariato e sovvertire quelle forme meno garantiste” spiega Leone, sostenendo l’opportunità di predisporre incentivi legati alle politiche attive, anziché “politiche di assistenzialismo e di rigidità legislativa che non promuovano il lavoro a lungo termine”.
Obbligo di causale nei contratti a termine
Con l’adozione del Decreto dignità l’insieme della contrattazione collettiva si avvia dunque verso importanti cambiamenti. “La norma non prevede tuttavia nessun rinvio alla contrattazione collettiva. Una precisa scelta di sottrarre peso agli interpreti principali del sistema produttivo, ovvero le parti sociali, le aziende e i rappresentanti dei lavoratori, che rappresenta un elemento sicuramente distonico e, in un certo senso, un incredibile e insensato passo indietro” sostiene Alessandro Paone, partner LABLAW Studio legale Failla Rotondi.
Secondo Paone lo strumento per consentire alle imprese e ai manager di intervenire sulla produttività, alla luce del nuovo assetto, risiede nel rafforzamento del contratto collettivo di prossimità introdotto con l’articolo 8 della Legge 138/2011: “Uno strumento negli anni scarsamente valorizzato, osteggiato dai sindacati perché percepito come un grimaldello ai danni della centralità del contratto nazionale, che oggi potrebbe iniziare a vivere la sua prima primavera poiché, se vengono rispettate le sue previsioni operative, è l’unico in grado di comportare il superamento del dettame normativo con efficacia erga omnes”.
Formazione: un aspetto da incentivare
Secondo l’indagine realizzata da AstraRicerche per Manageritalia i manager pensano che le modifiche introdotte danneggiano le aziende e l’occupazione, disincentivando le assunzioni con contratti a termine e riducendo gli investimenti formativi.
“Dalla formazione dipende la qualificazione della forza lavoro, un aspetto che dovremmo incentivare anziché penalizzare. In un solo anno, di solito, un lavoratore non riesce ad acquisire pienamente le competenze di cui necessità, specialmente in ambiti come la sicurezza e la privacy, che passano in secondo piano” avverte Massimo Fiaschi, Segretario generale di Manageritalia, moderatore della tavola rotonda.
Ricordando come il provvedimento non si applichi sui dirigenti, che possono sottoscrivere contratti a tempo determinato della durata di cinque anni, Fiaschi illustra in quale direzione ci si muove alla luce del nuovo orizzonte normativo: “Per mitigare le problematiche introdotte dal Decreto dignità punteremo sulla sottoscrizione di accordi locali e territoriali” e rivendica la centralità del sindacato come organo vitale del dialogo tra imprese e lavoratori, “elemento fondante di una relazione innovativa, costruttiva, fulcro del benessere economico e sociale”.