Baban Confindustria: dobbiamo dare spazio ai Millennial in azienda, sul mercato e nella società

Come gestire i Millennial in azienda? Dall’incontro organizzato lunedì da Manageritalia Milano è emerso che i Millennial cercano uno stile di vita e non una professione e che i valori di inclusione, partecipazione, collaborazione, feedback continuo e destrutturazione sono quelli che servono per il lavoro e i business di oggi e domani. Abbiamo bisogno di loro

<<I mercati Usa e Cina – ha detto Alberto Baban, presidente Piccola Industria di Confindustria – stanno guidando il cambiamento nel business perché lì questi nuovi lavoratori e consumatori, i Millennial, pesano e condizionano scelte e modelli di business. Il loro modello di vita e consumo è digitale e se non li includiamo in azienda e nella società anche noi nella vecchia Europa non potremmo mai entrare nella nuova economia 4.0. Ho costruito business e aziende vincenti inserendo molti millennial e mixandoli al meglio con qualche bravo manager cinquantenne. Questa è la strada per competere>>.

<<Includere i Millennial e far collaborare in azienda almeno quattro generazioni – ha detto Roberto Beccari, presidente Manageritalia Milano – è la sfida che dobbiamo vincere e manager e imprenditori hanno un ruolo determinante facendo crescere i nuovi business e le pmi anche insieme ai millennial, che devono avere sempre più spazio anche come imprenditori e manager>>.

<<I Millennial – ha detto Federico Capeci, autore di Generazione 2.0 e ceo di Kantar Insights Italy – sul lavoro cercano soprattutto (l’80% circa) opportunità di crescita professionale basate sul merito, sviluppo di carriera, business e settori in linea con i loro interessi e a un livello molto più basso (30%) alti stipendi di ingresso. Non è vero che vogliono fuggire all’estero, tant’è che due su tre preferiscono su tutto andare a lavorare nella sede nazionale di un’azienda privata italiana che opera a livello internazionale o nella sede italiana di una multinazionale estera legata al territorio. Solo uno su tre sceglie anche una sede estera di multinazionale. I Millennial, in senso allargato, sono oggi il 25% della popolazione italiana e 3 miliardi nel mondo, ma in Italia hanno un gap reddituale rispetto ai coetanei globali che li e ci frena>>.

L’approccio più disincantato dei Millennial al lavoro rispetto alle generazioni precedenti emerge in modo chiaro da un’indagine di AstraRicerche per Manageritalia (2016, 1.006 rispondenti). Solo il 45% lo definisce l’unica strada per guadagnarsi da vivere in modo dignitoso rispetto al 53% del totale. Il 35% parla di un’importante parte della realizzazione personale (41%). Per il resto hanno un vissuto del loro lavoro abbastanza positivo e in linea con gli altri. Al 63% piace molto o abbastanza (65%), il 43% lo vive in modo positivo pensando al futuro a 3 anni (39%) e il 47% guardando a 10 anni (39%). Cominciano a intravvedere il lavoro che cambia nei suoi modi di essere, ma qui, come il resto degli italiani, sono ancora a metà strada. Forse perché da noi manca e sta cambiando poco e troppo lentamente.

Dall’incontro, The Millennial Big Bang, dare valore alla generazione del valore, organizzato ieri sera a Milano da Manageritalia Milano emerge un vademecum per attrarre e coinvolgere i Millennial sul lavoro in azienda. <<Quello che caratterizza i Millennial oggi – ha detto Vittorio Bucci, managing director PHD Italia – è che loro scelgono uno stile di vita e non una professione. E il loro stile di vita condiziona tanto le aziende e il business. L’organizzazione del lavoro per valorizzarli deve riprodurre ambienti collaborativi simili a quelli della loro vita sociale. Hanno bisogno di partecipare da subito, di essere interessati e coinvolti, altrimenti, come si disinteressano della pubblicità (63% non la guarda), perdono stimoli e si emarginano o scappano. Uno dei problemi è che arrivano in azienda con un alto livello di formazione, ma hanno nozioni e modelli di un’economia che non c’è più. Anche da qui dobbiamo ripartire per non perderli e perderci tutti>>. <<Coinvolgerli, per esempio – ha detto Francesco Casaccio, psicologo e partner VisionMind – con progetti di reverse mentoring, dove insegnano alle altre generazioni, è uno dei modi per conquistarli. Certo serve un’organizzazione meno gerarchica e più partecipativa. I millennial non riconoscono lo status, ma il valore>>.
<<Nei colloqui da lavoro sono demanding – ha detto Fabio Costantini ceo hr solutions Randstad – e vogliono sapere com’è l’azienda, come sono i colleghi, come si lavora e quali sono i valori. Cercano prima sul web e poi vogliono conferme prima di dare un like>>. <<Nella ricerca di un lavoro – ha detto Andrea Attanà, senior enterprise relationship manager LinkedIn – mettono in campo il loro stile di vita digitale. Molti usano al meglio LinkedIn cercando le aziende e le persone giuste e raggiungendole poi con presentazioni che sono già una prova del valore che potrebbero apportare>>.
Conferme e voglia di collaborare con tutte le generazioni sono venute da una millennial presente tra i relatori – Maria Laura Picciolo, responsabile relazioni esterne AIESEC – che ha sottolineato come per loro sia importante collaborare e darsi vicendevolmente il potere di crescere insieme>>.
Allora, come ha detto Alessandro Rosina, professore ordinario Università Cattolica di Milano, dobbiamo cambiare l’atteggiamento in azienda, ma soprattutto dobbiamo ripensare le politiche per i giovani. La Germania, società anagraficamente vecchia come noi, investe molto sui giovani, noi facciamo troppo poco e nel modo sbagliato. Dobbiamo riconsiderare modalità e investimenti sui giovani se vogliamo crescere, senza di loro non andiamo da nessuna parte.

In chiusura Luisa Quarta, direttore Marketing di Bureau van Dijk e componente del Consiglio direttivo di Manageritalia Milano ha detto: <<Abbiamo organizzato questo incontro perché si parla tanto dei Millennial in generale, ma poco come lavoratori. E uno dei principali modi per includerli è dare loro opportunità di lavoro e poi, una volta in azienda, valorizzarli al meglio. Questo è un compito soprattutto da manager e dei manager. Sono diversi perché digitali dalla testa ai piedi, di tutte le varie generazioni. Ma è questa diversità che dobbiamo mettere a valore per guardare avanti. Tanti dei must dei Millennial, inclusione, condivisione, necessità di continui feedback come nella loro vita social, collaborazione e destrutturazione di schemi e gerarchie è quello che ci impongono la nuova economia e i nuovi modelli di lavoro. Dobbiamo cogliere questa opportunità di cambiare il lavoro e il modo di fare business anche con la spinta e l’inclusione dei Millennial>>.

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