Lavoro e stipendio non bastano più: la crisi del settore alberghiero

Con Franco Lentini, Advisor per il settore Turismo di Confindustria Veneto, scattiamo una fotografia alla situazione delle risorse umane nel settore alberghiero, indagando le cause e cercando soluzioni alla crisi dell’hospitality

L’intervista è parte del progetto di Manageritalia Veneto Turismo: giovani, imprese, lavoro – Il Veneto verso Milano-Cortina 2026, che riflette sul futuro dei turismi in Veneto coinvolgendo tutti gli stakeholder del territorio, privati e pubblici.


In base alla sua esperienza, com’è oggi la situazione delle risorse umane nel settore alberghiero? Avete difficoltà a trovare personale e, se sì, per quali motivazioni? E in quali mansioni in particolare?

Dal 2020, con l’ingresso del Covid nelle nostre vite e le conseguenti chiusure di numerose aziende del settore hospitality, le criticità già presenti nel reperire risorse umane qualificate hanno subito una forte accelerazione.

Di conseguenza, oggi dobbiamo constatare una definitiva migrazione di un numero importante di operatori verso il settore industriale e manifatturierofigure operative, con profili non particolarmente skillati.

E rispetto al turnover? Avete difficoltà a trattenere in azienda il personale, in particolare i giovani?

Il turnover è un problema che riguarda principalmente le aziende alberghiere stagionali, molto meno quelle ad apertura annuale, che possono garantire contratti a tempo indeterminato.

Per anni il nostro settore ha fatto affidamento su un numero molto consistente di operatori che avevano scelto di buon grado di avere rapporti di lavoro a tempo determinato, dei veri professionisti del lavoro stagionale, spesso con livelli di fidelizzazione molto alti. Non era raro trovare persone che per 15/20 anni erano tornate, stagione dopo stagione, nella stessa azienda. Con il passaggio generazionale, questa categoria di operatori si è notevolmente ridotta: oggi i giovani cercano più stabilità. Pertanto, gli albergatori dovranno rinnovare la loro proposta ed elaborare nuove strategie.

Ritiene che ci sia un’elevata disaffezione dei giovani verso l’occupazione negli alberghi e, in generale, nel settore turistico? Ed eventualmente perché?

Il settore dell’hospitality in Italia ha perso attrattività agli occhi delle nuove generazioni. Non è più sufficiente offrire un lavoro e uno stipendio: oggi per attrarre e trattenere un giovane è necessario offrirgli una prospettiva, fargli comprendere che il nostro settore, oltre a richiedere impegno, flessibilità e dedizione, può mettergli a disposizione un’occasione di crescita professionale, un percorso strutturato di carriera, che possa accompagnarlo, nel tempo, a raggiungere ruoli manageriali.

Allo stesso tempo, dobbiamo considerare i nostri collaboratori un reale patrimonio aziendale, non solo a parole: come per i clienti, anche per i collaboratori dobbiamo analizzare i bisogni e attivare le giuste strategie per soddisfarli. Ad esempio, per le aziende stagionali che catturano una grande quantità di lavoratori “fuori sede” diventa strategico offrire degli alloggi confortevoli, in camere con non più di due occupanti con bagno privato, adeguati servizi e adeguata tecnologia (il wifi e un servizio di pulizia e lavanderia settimanali sono indispensabili), oltre a un dignitoso servizio mensa, così come uno spazio attrezzato dove poter trascorrere il tempo libero tra un turno e l’altro.

Quali competenze servono oggi e quali sono particolarmente scarse sul mercato?

Per fare mie le parole di Michael Roach, «più che un problema di skill, direi che è un problema di attitudine». Negli anni ho avuto occasione di fare molti colloqui e assunto centinaia di persone, la maggior parte delle quali ha avuto un discreto successo. Ovviamente, cercavo sempre le solite qualità: integrità, lealtà, spirito di corpo, considerazione per gli altri, intelligenza e onestà. Non mi preoccupavo tanto delle effettive capacità: la mia esperienza m’insegna che la mente umana è così potente che in un tempo relativamente breve è possibile insegnare a chiunque a svolgere qualsiasi tipo di lavoro, mentre servono anni per sradicare alcune pessime abitudini e caratteristiche personali, come mentire o mancare di rispetto agli altri, che possono causare danni molto maggiori della mancanza di capacità tecniche.

Detto ciò, la conoscenza, reale, di una o più lingue straniere è fondamentale a qualunque livello, così come la familiarità con l’utilizzo di sistemi informatici

Cosa e come fare per colmare questo gap?

Come tutte le aziende strutturate hanno compreso da anni, è cruciale mettere a disposizione del proprio staff dei programmi di formazione continua, non solo specifica, per il proprio reparto d’appartenenza, ma anche attivando e promuovendo dei percorsi di cross-department training, che contribuiscono a migliorare la visione d’insieme di tutte le attività presenti in azienda, migliorano le relazioni e la comunicazione tra i reparti e possono essere occasioni importanti di crescita professionale. Tutto ciò, peraltro, può essere fatto a costi bassissimi per le aziende, sfruttando ad esempio l’ottima proposta formativa dell’EBIT Veneto di Confindustria.

Il turismo diventa un business sempre più sinergico e interconnesso in cui i clienti chiedono un’offerta di esperienze che integrano i servizi di hotellery, cultura, sport, mobilità ecc. In questo contesto, che politiche devono portare avanti le aziende verso le risorse umane, fondamentali per la qualità dei servizi?

Le politiche possono essere diverse, ma oggi dobbiamo renderci conto che, proprio perché il nostro settore è sempre più interdisciplinare, dobbiamo sviluppare più sinergie con le università, e far comprendere, anche a ragazzi che provengono da discipline diverse e apparentemente lontane dal nostro settore, che noi possiamo rappresentare per loro non solo un’occasione di occupazione, ma anche un’opportunità professionale ricca di contenuti interessanti e appaganti, con serie possibilità di carriera.

Si tratta di politiche che tutte le imprese sono/dovrebbero essere in grado di perseguire, oppure dimensione e formule imprenditoriali e organizzative influiscono?

Sicuramente le grandi imprese strutturate, con una forte presenza internazionale, sono più preparate e pronte ad affrontare questa sfida. Ma il modello è applicabile a qualunque livello e ad aziende di ogni dimensione, bisogna solo fare uno sforzo che ci aiuti ad aggiornare la nostra cultura d’impresa a superare la naturale resistenza al cambiamento e a combattere una certa pigrizia. Gli strumenti ci sono e sono a disposizione di tutti; bisogna solo informarsi e andare a cogliere le opportunità dove si trovano. D’altronde, le associazioni di categoria come la nostra servono proprio a questo: accompagnare gli imprenditori nel loro percorso e dare il nostro piccolo contributo al raggiungimento del loro successo.


Franco Carmelo Lentini, Advisor per il settore Turismo di Confindustria Veneto.

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