Occupazione femminile

Dall’ultimo numero di Labour Issues - l’Osservatorio sul mercato del lavoro che Cida realizza in collaborazione con Adapt, una fotografia su donne e lavoro. Alcune dimensioni qualitative

Il tasso di occupazione femminile varia notevolmente, non soltanto all’interno del Paese, in cui sussistono delle differenze notevoli (tra la Valle d’Aosta e la Campania e la Sicilia c’è una differenza di 34,1 punti percentuali), ma anche nelle diverse classi d’età. Le classi d’età estreme sono quelle in cui per motivi anagrafici (assolvimento dell’obbligo formativo, pensionamento) ma anche, probabilmente, per esigenze di cura nei confronti dei genitori anziani (in riferimento alla classe 55-64) il tasso di occupazione è più basso rispetto alle fasce centrali.

La classe d’età 35-44 anni è quella che dal 2008 registra il più alto tasso di occupazione, attestandosi su percentuali sempre superiori al 60%. Si osserva comunque che per ogni classe d’età il tasso di occupazione femminile è ancora contenuto, confermando una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro salariato.

Osservando il grafico emerge però come la crescita degli ultimi anni si sia concentrata principalmente nella fascia tra i 55 e i 64 anni, con un tasso di occupazione che è quasi raddoppiato, questo sia a causa delle dinamiche pensionistiche che del rientro al lavoro di lavoratrici più mature come conseguenza delle diverse fasi di crisi economica.

La percentuale di occupate part-time sulla occupazione totale è nettamente superiore di quella maschile, come da sempre osservato nelle analisi statistiche. Nel 2021 l’occupazione part-time femminile, come percentuale dell’occupazione totale, è del 31,5% contro l’8,4% di quella maschile. 

Come evidenziato in un recente report di Save The Children, considerando le attivazioni contrattuali (sul totale delle attivazioni) nel I trimestre del 2021, si evince che per le donne la maggior parte degli inserimenti avviene a tempo determinato (38,1%), con contratti di lavoro stagionali (17,7%) e in somministrazione (15,3%).

Anche per gli uomini la percentuale più alta di inserimenti si registra con contratti a tempo determinato (44,4%). Ma a differenza della componente femminile il secondo canale di attivazione è il tempo indeterminato (18%). 

Vedi qui l’intero report LAVORO FEMMINILE: rivedere i modelli organizzativi per superare i pregiudizi.





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