Il whistleblowing, ossia la segnalazione di illeciti da parte di lavoratori all’interno delle organizzazioni nelle quali operano, rappresenta oggi uno dei pilastri della trasparenza e della legalità, grazie a un quadro normativo sempre più articolato. In Italia, la disciplina è stata profondamente innovata dal D.lgs. 24/2023, che recepisce la Direttiva UE 2019/1937, rafforzando la protezione dei segnalanti sia nel settore pubblico che in quello privato. La normativa prevede canali sicuri e riservati per le segnalazioni, il divieto di ritorsioni e discriminazioni, e l’inversione dell’onere della prova in caso di contenzioso. A tal proposito, si rinvia al nostro articolo Whistleblowing, tra tutela e responsabilità.
Un caso emblematico di applicazione concreta di questi principi è rappresentato dalla recente sentenza n. 951 del 6 novembre 2025 del Tribunale di Bergamo. Una vigilessa, dopo aver denunciato irregolarità e favoritismi nella concessione di benefit economici e premi di produttività al personale interno, oltre che nella richiesta ed utilizzo di fondi regionali, è stata vittima di atti persecutori: demansionamento, isolamento, valutazioni negative, minacce e denigrazioni in pubblico. Il Tribunale ha riconosciuto che tali condotte costituivano mobbing ritorsivo e ha condannato l’ente al risarcimento di 25.000 euro per danno morale, applicando pienamente l’art. 2087 c.c. e la normativa sul whistleblowing ex art. 54-bis del d.lgs. 165/2001.
La sentenza sottolinea che il datore di lavoro è responsabile non solo per atti diretti di ritorsione, ma anche per aver consentito il mantenimento di un ambiente lavorativo ostile e nocivo. Vengono considerate discriminatorie tutte le misure organizzative che generano emarginazione e umiliazione del segnalante, come sanzioni disciplinari, trasferimenti, mutamenti di mansioni e valutazioni negative.
Questa pronuncia segna una svolta nella tutela effettiva dei whistleblower, riconoscendo in modo chiaro il diritto al risarcimento del danno morale presunto per chi, esercitando il proprio senso civico, subisce conseguenze negative sul lavoro. La decisione del Tribunale di Bergamo costituisce un precedente importante, destinato a orientare la giurisprudenza futura e a rafforzare la cultura della legalità e della responsabilità nelle organizzazioni.