Il welfare aziendale e le sue fonti istitutive

La normativa italiana non prevede una definizione di Welfare aziendale; analizziamo le possibili fonti di attivazione
persone protette da due mani, piattaforma welfare dirigenti terziario

In Italia, il welfare aziendale non dispone ancora di una definizione univoca né di una disciplina organica e sistematica. Con quest’espressione si indica l’insieme di iniziative, beni e servizi messi a disposizione dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti, con l’obiettivo di migliorarne il benessere personale e familiare, favorire l’equilibrio tra vita lavorativa e privata e incrementare il coinvolgimento sul lavoro.

Dal punto di vista normativo e fiscale, il welfare aziendale trova il riferimento principale nell’art. 51, comma 2 del TUIR, che esclude alcuni benefit dal reddito imponibile, purché siano destinati alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee e rispettino determinati limiti.

Il welfare aziendale si classifica in tre principali tipologie, in base alla fonte istitutiva:

  • Welfare contrattuale: basato sul cd. “modello bilaterale”, in cui i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro individuano beni e servizi da offrire a determinate categorie di lavoratori;
  • Welfare di produttività: nasce dagli accordi di secondo livello sui premi di risultato detassabili, che consentono ai lavoratori di convertire, in tutto o in parte, il premio in servizi welfare;
  • Welfare puro: rappresenta la soluzione più flessibile, non soggetta a limiti di ammontare e definita dall’azienda attraverso un atto volontario o un regolamento interno vincolante (cd. “modello unilaterale”), con strumenti offerti alla generalità o categorie di dipendenti.

Nel Welfare puro gli importi sono aggiuntivi, “on-top”, rispetto alla retribuzione ordinaria e a eventuali premi di produzione detassati. L’Agenzia delle Entrate non ritiene applicabile il regime fiscale agevolato ai benefit erogati in sostituzione di elementi retributivi altrimenti imponibili (circolare AE n. 77/2025). I servizi di welfare puro costituiscono quindi un riconoscimento ulteriore, pur se la loro erogazione può avvenire in conseguenza delle performance aziendali, con finalità premianti e di fidelizzazione della generalità o categorie di dipendenti (Risoluzione AE n. 55/E del 2020).

Nel tempo, le fonti normative – TUIR, Leggi di Bilancio e circolari dell’Agenzia delle Entrate – hanno contribuito a delinearne i limiti applicativi, chiarendo che per beneficiare del trattamento fiscale agevolato devono coesistere congiuntamente tre condizioni:

  • destinazione alla generalità o a categorie “omogenee” di dipendenti;
  • non utilizzo in sostituzione di importi retributivi ordinariamente imponibili;
  • garanzia di una finalità sociale, integrando la componente retributiva monetaria con servizi e prestazioni utili al benessere dei dipendenti e delle loro famiglie (art. 100, comma 1, TUIR).
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