Con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha precisato la sua posizione riguardo l’erogazione mensile del trattamento di fine rapporto (TFR) in busta paga, una prassi che si sta diffondendo soprattutto nei contratti a termine e stagionali. Secondo l’Ispettorato, la pattuizione collettiva o individuale relativa al TFR, sulla base dell’ultimo comma dell’art. 2120 del Codice civile, può prevedere condizioni più favorevoli ai fini delle richieste di anticipazione delle somme accantonate fino a quel momento, ma non un trasferimento automatico e continuativo del rateo mensile in busta paga.
Il TFR è una retribuzione differita, concepita per garantire un sostegno economico al termine del rapporto di lavoro. È composto dagli accantonamenti annuali del datore di lavoro, ai quali si aggiunge la rivalutazione periodica degli importi maturati. Proprio per questa sua specifica funzione, al momento della liquidazione, non è soggetto a contribuzione previdenziale né a tassazione ordinaria, ma rientra nel regime della tassazione separata.
Si ricorda inoltre che, dal 2007, i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti sono obbligati a versare il TFR al Fondo Tesoreria INPS, che segue il regime di indisponibilità tipico delle gestioni previdenziali obbligatorie, fermo restando i casi di pagamento anticipato previsti per legge.
L’INL ha chiarito che, in caso di irregolarità emerse nel corso di un accesso ispettivo, gli organi di vigilanza possono intimare al datore di lavoro, con provvedimento ex art. 14 del D.lgs. 124/2004, di accantonare le quote di TFR corrisposte in modo improprio. La mancata ottemperanza comporterebbe una sanzione amministrativa tra 500 e 3.000 euro, con importo fisso pari a 1.000 euro, non riducibile tramite diffida.
Anche la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4670/2021 e la più recente sentenza n. 13525/2025, ha affermato l’illegittimità dell’erogazione mensile e continuativa del TFR in busta paga, ritenendola in contrasto con la finalità dell’istituto. Questa modalità, infatti, snatura la funzione del TFR, trasformandolo in una componente aggiuntiva della retribuzione ordinaria, soggetta a normale tassazione e contribuzione. La Corte ha chiarito che eventuali accordi collettivi e/o individuali possono intervenire sui presupposti per ottenere anticipazioni parziali in modo più favorevole per i dipendenti, ad esempio prevedendo causali aggiuntive o importi superiori, ma non possono legittimare la corresponsione mensile automatica e fissa del TFR priva di causale.