La normativa attualmente vigente non prevede in modo espresso la possibilità di prorogare il periodo di prova inizialmente concordato, sulla base di un successivo accordo tra le parti. In assenza di una regolamentazione chiara da parte del legislatore, la questione è oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, mentre alcuni contratti collettivi introducono disposizioni specifiche.
In proposito, si rileva una recente pronuncia della Corte di Appello di Venezia (n. 806 del 16 gennaio 2025), relativa a un rapporto di lavoro dirigenziale, che ha ritenuto legittima la proroga del periodo di prova, purché:
- sia frutto di un accordo tra le parti;
- venga formalizzata prima della scadenza del termine originariamente previsto;
- rispetti i limiti massimi previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Richiamando precedenti orientamenti della Cassazione (ordinanza n. 9789/2020 e sentenza n. 3083/1992), i giudici hanno ribadito che una proroga conforme ai termini previsti dalla contrattazione collettiva non viola norme imperative, in quanto tali termini sono posti a tutela del lavoratore. Nel caso esaminato, la proroga era stata pattuita prima della scadenza e nei limiti definiti dalle parti sociali, risultando quindi pienamente legittima. La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione secondo cui il lavoratore, in una posizione di debolezza contrattuale, sarebbe “costretto” ad accettare una proroga: al contrario, escludere tale opzione rischierebbe di incentivare il datore a interrompere il rapporto anzitempo, privando il lavoratore di una seconda possibilità.
Con riferimento alla contrattazione collettiva, si può citare il caso del CCNL Orafi e Argentieri Industria, che impone di indicare il periodo di prova nella lettera di assunzione e ne vieta espressamente la proroga o il rinnovo. Fa eccezione l’ipotesi in cui il lavoratore incorra in malattia o infortunio: in tal caso, egli può completare il periodo residuo, a condizione che riprenda servizio entro tre mesi.
Tale previsione è coerente con quanto stabilito dal cd. “Decreto Trasparenza” (D.lgs. 104/2022, art. 7, comma 3), secondo cui il periodo di prova deve essere effettivamente svolto. In presenza di assenze giustificate – come malattia, infortunio o congedi obbligatori di maternità o paternità – il periodo di prova si sospende, con conseguente prolungamento della sua durata, al fine di consentire il recupero dei giorni persi e garantire una valutazione equa e completa della prestazione lavorativa.