L’art. 2105 del Codice civile sancisce l’obbligo di fedeltà del lavoratore, fondamento essenziale del rapporto di lavoro subordinato. Secondo questa norma, il dipendente non deve svolgere attività in concorrenza con l’impresa, né per sé né per conto di terzi, né divulgare o utilizzare in modo dannoso informazioni sull’organizzazione o i metodi produttivi dell’azienda.
Il dovere di fedeltà si articola in tre aspetti principali:
- divieto di concorrenza, diretta o indiretta;
- obbligo di riservatezza su dati e informazioni aziendali;
- obbligo generale di lealtà, correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).
Il lavoratore si pone in concorrenza con il datore quando, per conto proprio o di terzi, svolge attività nel medesimo settore, anche se non ancora dannose concretamente, ma potenzialmente lesive. Pur se parte della giurisprudenza richiede un effettivo avvio dell’attività, si ritiene che anche atti preparatori, come la predisposizione di strumenti imprenditoriali finalizzati all’avvio di un’attività concorrente, possono avere rilevanza disciplinare e comportare l’obbligo di risarcimento danni. Il divieto di concorrenza cessa con la fine del rapporto di lavoro, salvo che le parti abbiano stipulato un patto di non concorrenza post-contrattuale.
Il dovere di riservatezza vieta la divulgazione di informazioni aziendali, anche non segrete, se idonee a danneggiare l’impresa. Il danno può derivare sia da un uso improprio di tali informazioni a fini concorrenziali, sia da una loro diffusione che comporti un discredito dell’azienda. La violazione può comportare sanzioni penali in caso di diffusione illecita di segreti professionali e industriali.
Secondo il D.lgs. 104/2022, il datore non può vietare un secondo impiego se svolto fuori dall’orario di lavoro, salvo pregiudizi per salute e sicurezza del lavoratore o conflitti oggettivi con gli interessi aziendali.
Particolare attenzione va posta alla partecipazione in società terze: essere soci non è vietato, ma in caso di concorrenza, ruolo attivo o uso di informazioni riservate, può configurarsi violazione del dovere di fedeltà. Anche senza danni concreti, un conflitto di interessi ragionevolmente prevedibile può giustificare sanzioni.
In ogni caso, è buona prassi che il lavoratore informi l’azienda in modo trasparente per prevenire situazioni ambigue o sanzionabili. Il conflitto di interessi può essere regolato anche dal Codice Etico aziendale, che spesso richiede la comunicazione tempestiva di qualsiasi situazione di conflitto, anche solo apparente, per garantire correttezza e lealtà nell’attività lavorativa.