Abbiamo già approfondito le tutele previste per i genitori lavoratori dipendenti nei nostri articoli su diritti per madri e padri e dimissioni nel periodo protetto.
In base all’art. 54 del D.lgs. n. 151/2001 (Testo unico sulla maternità e paternità), è vietato il licenziamento:
- della madre lavoratrice, dall’inizio della gravidanza e sino al compimento di un anno di età del bambino;
- del padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità, sia obbligatorio sia alternativo, per tutta la durata del congedo e fino al compimento di un anno di età del bambino.
Nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, le dimissioni presentate dai genitori lavoratori – da convalidare obbligatoriamente presso l’Ispettorato Territoriale del lavoro – godono di una disciplina particolare. In tali casi, infatti, il lavoratore o la lavoratrice non sono tenuti a rispettare il preavviso, e il datore di lavoro deve corrispondere la relativa indennità sostitutiva, come avviene nei casi di licenziamento. Inoltre, anche se le dimissioni sono volontarie, il genitore lavoratore ha diritto all’indennità di disoccupazione Naspi, poiché la cessazione del rapporto avviene in un periodo protetto dalla legge.
Tali principi sono precisati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Nota n. 9550/2022) e dall’INPS (Messaggi n. 32/2023 e 1356/2023), che confermano l’applicabilità delle tutele anche ai padri lavoratori che usufruiscono o abbiano usufruito del congedo di paternità. Ne consegue che, entro il primo anno di vita del figlio, il padre che presenta dimissioni volontarie beneficia delle stesse garanzie previste per la madre, a tutela della parità genitoriale.
Il licenziamento durante il periodo protetto è consentito solo in casi eccezionali:
- colpa grave costituente giusta causa di risoluzione;
- esito negativo della prova;
- scadenza del termine del contratto;
- cessazione dell’attività aziendale.