Le giovani vedove (o vedovi) di ultrasettantenni hanno diritto a ricevere lunghe e “ricche” pensioni. La Corte costituzionale, infatti, con la sentenza 174/2016, ha stabilito l’illegittimità della norma “anti (giovani) badanti” applicata alle pensioni liquidate dal 2012 nel caso di matrimoni durati meno di dieci anni tra persone con almeno vent’anni di differenza.
Nell’attribuire rilievo all’età del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alle differenza di età tra i coniugi, argomentano i giudici, si introduce una regolamentazione irragionevole e incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità.
Ricordiamo che la norma era stata introdotto per evitare i cosiddetti “matrimoni di comodo”, con l’intento di ridurre la spesa pensionistica.
Manageritalia non intende schierarsi ideologicamente a favore o contro. La battaglia principale da noi condotta riguarda un altro aspetto della pensione di reversibilità, ovvero la possibilità di modificare le percentuali di cumulo tra il reddito del superstite e quello del defunto.
Attualmente le fasce di riduzione del trattamento pensionistico sono del 25 per cento se l’avente diritto, oltre alla pensione, è titolare di un reddito annuo superiore a tre volte il trattamento minimo, del 40 per cento se l’avente diritto, oltre alla pensione, è titolare di un reddito annuo superiore a quattro volte il trattamento minimo e del 50 per cento se è titolare di un reddito annuo superiore a cinque volte il trattamento minimo.
La riduzione prevista dalla normativa vigente relativa al cumulo dei redditi comporta pertanto una forte penalizzazione proprio nel momento in cui i bisogni crescono per il venir meno di un reddito e per l’avanzare dell’età.
La decurtazione ci è sempre apparsa come un’appropriazione indebita da parte dello Stato, in special modo se si considera che la reversibilità è una prestazione di tipo previdenziale (e non assistenziale) che si basa sull’ammontare dei contributi versati dal lavoratore venuto meno.
Si tratta di un’anomalia del sistema pensionistico che di fatto premia coloro che vivono nel sommerso e danneggia coloro che denunciano regolarmente i propri redditi.
Presso la Commissione lavoro della Camera dei Deputati si stanno esaminando alcune proposte di legge che intendono migliorare la prestazione della reversibilità. Ma il problema resta sempre quello della copertura finanziaria. Ricordiamo anche che parallelamente esistono delle “controspinte” finalizzate ad abolire del tutto l’istituto della reversibilità, considerato da alcuni soggetti politici un istituto vetusto.
La nostra opinione è che l’istituto della pensione di reversibilità debba essere mantenuto, la relativa prestazione debba essere migliorata, e che vi sia una previsione di legge chiara che eviti fenomeni di malcostume.