Rapporto Ocse “Pensions at a glance 2015”

Secondo il Rapporto Ocse presentato ieri dal presidente dell’Inps Tito Boeri, nonostante le riforme messe in atto negli ultimi anni e la progressiva crescita dell’età pensionabile per effetto del ben noto meccanismo di adeguamento legato all’aspettativa di vita, “la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico italiano richiede ulteriori sforzi negli anni a venire“.

E ciò nonostante il peso dei contributi per la gestione pensionistica lavoratori dipendenti (33%, di cui il 23,81% per l’impresa e il 9,19% per il lavoratore) sia il più elevato nei paesi Ocse: dopo l’Italia infatti, i contributi più alti si registrano in Svizzera al 26,6%, in Finlandia al 24,8% e in Francia al 21,2%.


Le criticità che, secondo l’Ocse, l’Italia dovrebbe affrontare riguardano – nel breve periodo – le ulteriori risorse necessarie per ridurre al minimo l’impatto della recente sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della perequazione delle pensioni oltre tre volte il minimo operato nel 2012-2013, nonostante i rimborsi parziali decisi dal Governo, e – nel medio/lungo periodo – la necessità di stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani, dal momento che attualmente l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro rimane la quarta più bassa dell’Ocse e il tasso di occupazione per i lavoratori di età tra i 60 e i 64 anni è pari a circa il 26%, contro il 45% in media dell’Ocse.

Il rapporto Ocse sottolinea, inoltre, come nel nostro Paese le donne siano particolarmente penalizzate, poiché il mercato del lavoro e il sistema pensionistico non le stimolano a dedicarsi alla cura dei figli, e stigmatizza la scarsità di forme di congedo parentale per gli uomini.


Ma la preoccupazione maggiore è per i giovani, dal momento che molti lavoratori in futuro riceveranno trattamenti pensionistici più bassi di quelli versati oggi e, trascorrendo lunghi periodi fuori dal mercato del lavoro, faticheranno a vivere una vecchiaia dignitosa, in particolare nel contesto di un sistema contributivo.


Questo ultimo punto è stato particolarmente sottolineato dal Presidente dell’INPS, Tito Boeri, in quanto, secondo una simulazione effettuata dall’Inps sulla base di un campione di circa 5.000 lavoratori nati nel 1980, chi oggi ha 35 anni prenderà nell’intera vita pensionistica in media un importo complessivo di circa il 25% inferiore a quello della generazione precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni.


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