Martedì 24 maggio il ministro del Lavoro e i vertici di Cgil Cisl e Uil si incontreranno per parlare di previdenza. La triplice, forte del successo della manifestazione di ieri a Roma (che ha bloccato il centro) farà presente le sue richieste e cercherà di far valere il peso di una mobilitazione che potrebbe portare anche allo sciopero generale. Lo sciopero rischia, però, di essere un’arma a doppio taglio visto che le posizioni dei segretari confederali di Cgil e Uil, Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo non sono condivise da quelle della leader Cisl Anna Maria Furlan: più combattivi i primi, più attendista la seconda.
Le aspettative per l’incontro del 24 sono dunque elevate, anche perché la convocazione al ministero del Lavoro arriva dopo un anno di ipotesi e annunci, bozze di riforma, mezze smentite… di sassi tirati nello stagno per vedere cosa succede, insomma! Un atteggiamento che abbiamo più volte criticato e che, fin ora, ha ostacolato l’instaurarsi di quel dialogo costruttivo tra le parti che crediamo sia l’ingrediente necessario per varare riforme coerenti ed efficaci.
Tra i temi sul tavolo martedì prossimo ci saranno le pensioni dei lavoratori precoci e usuranti, la proroga dell’opzione donna fino al 2018 e la flessibilità in uscita. Un cantiere previdenziale che, come rappresentanza della dirigenza, abbiamo contribuito non poco a generare, per esempio portando al centro dell’attenzione il tema dell’indicizzazione delle pensioni, vincendo le battaglie (ma non ancora la guerra!) contro il blocco della perequazione, introducendo i temi della flessibilità in uscita e del part time, sostenendo l’estensione dell’opzione donna, impegnandoci nella difesa delle pensioni di reversibilità e contro l’imposizione di nuovi balzelli.
I provvedimenti sulla previdenza in gestazione verranno inseriti nella prossima legge di bilancio: auspichiamo che il dialogo tra le parti possa concretizzarsi e dar vita a una riforma “fatta bene” ovvero lungimirante. Una riforma che abbia un’impostazione di partenza diversa da quelle degli ultimi anni, senza richiedere di “mettere delle toppe”.
Lo scenario economico relativamente positivo (rispetto agli ultimi anni), unito alla recente apertura dell’Europa dovrebbe favorire un clima costruttivo. L’auspicio è che le esigenze politico-elettorali non prendano il sopravvento e che si apra finalmente una nuova stagione di dialogo dove si ascoltano non solo le voci dei più forti ma anche quelle dei più ragionevoli, che non sempre sono le stesse.
Attenzione, per esempio, a non fare scelte che, accontendando qualcuno, finscano per gravare su molti altri. Servono decisioni che contemperino le esigenze di tutti i fruitori della previdenza, di oggi e di domani (dai giovani ai pensionati passando per i lavoratori), nella consapevolezza che nessuno potrà avere piena soddisfazione ma nessuno dovrà rimaneere “fregato”, come accaduto già troppe volte.
È, in fondo, il principio della contrattazione sindacale: arrivare a un compromesso sentendo tutte le campane, non solo quelle più rumorose.
Imporre cambiamenti che vanno in una sola direzione (quella del consenso o quella del rigore finanziario a ogni costo) non funziona più: per i temi che ci hanno riguardato da vicino lo abbiamo visto con il prezzo pagato per sistemare gli esodati (11 miliardi di euro) o con l’illegittimità costituzionale del blocco della perequazione. Avvenimenti che avrebbero dovuto convincere quanto gli accordi ad escludendum siano miopi, visto che a lungo andare portano pochi voti ma aprono tanti contenziosi.
Le organizzazioni come Manageritalia non hanno la forza numerica della triplice ma – come dimostrano i fatti – hanno la forza delle idee e delle proposte ragionevoli. Siamo per questo sempre pronti a dare il nostro contributo, prima, o a battagliare, dopo. Si sappia in giro.