Perequazione 2012-13: più forza da Brescia

Il tribunale del Lavoro di Brescia conferma l'eccezione di incostituzionaltà

Crescono le attese e le aspettative dei titolari di pensioni sottoposte ai limiti sulla perequazione per gli anni 2012 – 2013. All’eccezione di incostituzionalità presentata dalla CIDA infatti, si aggiunge quella rinviata dal Tribunale del Lavoro di Brescia – datata 8 febbraio 2016 – nel giudizio proposto dagli avvocati di F. L., pensionato del settore del credito.
F.L. con ricorso del 23/06/2014 aveva convenuto in giudizio l’INPS al fine di provvedere alla perequazione del suo trattamento pensionistico ex legge n. 388 del 23 dicembre 2000 art. 69 con decorrenza dal gennaio 2012. 

Il rinvio del Giudice di Brescia, oltre a rafforzare le argomentazioni critiche e le riserve espresse da Manageritalia, aggiunge un tassello importante per la completezza del giudicato che dovrà essere valutato dalla Corte Costituzionale. Assieme, le due eccezioni sottoposte alla Corte di legittimità infatti, riguardano le restrizioni sulla perequazione pensionistica per le fasce uguali o superiori a quattro volte il minimo INPS, compresi dunque i pensionati oltre sei volte il minimo, per i quali è stato disposto l’azzeramento dell’indicizzazione. 

L’ordinanza è peraltro interessante nella parte in cui dichiara che il decreto legge n.65/2015 ha violato il giudicato costituzionale, avendo di fatto riproposto il blocco della rivalutazione per gli anni 2012 – 2013 “semplicemente alzando la soglia e nel caso concreto facendo venir meno” i diritti appena riconosciuti dalla stessa Corte Costituzionale.

Frattanto il 12 febbraio – informano gli avvocati dello studio Orrick – il plico contenente il fascicolo relativo all’ordinanza di rimessione del Tribunale di Palermo, è già pervenuto alla Corte Costituzionale. 
Buone notizie dunque, alle quali aggiungiamo, sperando possa tradursi nella volontà politica del governo, la recente smentita del ministro Poletti sulle penalizzazioni per le pensioni di reversibilità. Il Corriere della Sera ha infatti pubblicato una notizia (qui) che sembrerebbe escludere che nell’ambito del disegno di legge delega sul contrasto alla povertà, siano previsti interventi restrittivi sulle pensioni di reversibilità per conseguire i risparmi necessari al reperimento delle risorse da destinare allo scopo della delega.

Il Corriere ricorda che le pensioni di reversibilità rappresentano “un pezzo fondamentale dello stato sociale” poiché in un caso su tre costituiscono l’unica o comunque la principale fonte di reddito del pensionato, sebbene essendo legate all’Irpef del percettore, possano comunque risultare indebite per chi abbia pochi guadagni ma molta ricchezza (titoli, investimenti, patrimonio immobiliare).

Per questo, la legge delega suggerirebbe di utilizzare l’indice Isee, indicatore della ricchezza familiare, sicuramente più completo dell’Irpef, per conseguire la ridistribuzione più equa delle prestazioni e dunque conseguire una maggiore efficienza delle risorse da destinare allo stato sociale.

Come sempre, vi terremo aggiornati.

 

 

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