Le conseguenze economiche del Covid-19 colpiscono anche la previdenza, imponendo interventi di breve termine: utilizzare ‘quota 100’ anche come ammortizzatore sociale, evitare le ripercussioni negative del calo del pil sulle pensioni, intervenire sul rapporto tra coefficiente di trasformazione e speranza di vita.
Poi occorrerà lavorare su una revisione del sistema previdenziale sostenibile nel lungo periodo, ad esempio, con la diminuzione dell’aliquota contributiva per dare maggior spazio di investimento in previdenza complementare, ripensando il massimale Inps e separando, finalmente, assistenza e previdenza. Sono questi i ‘punti fermi’ che CIDA ha posto il 29 luglio sul tavolo di confronto sulle pensioni con la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, che ha confermato la sua intenzione di procedere su due binari: uno focalizzato su interventi urgenti da inserire in legge di bilancio, l’altro relativo alla progettazione organica e strutturale per arrivare alla stesura di una legge delega
“CIDA è, ed è stata, critica nei confronti di ‘quota 100’, per i pericolosi vuoti provocati nel personale della scuola, della sanità, della pubblica amministrazione e senza aver prodotto alcun evidente aumento di giovani occupati”, ha detto il presidente, Mario Mantovani. “Ma se sul fronte del turnover occupazionale non ha funzionato, per effetto della pandemia questa misura potrebbe essere utilizzata dai potenziali fruitori, dopo la cassa integrazione e aver usufruito di sussidi di disoccupazione, come un ‘ammortizzatore’. Anche la previdenza complementare può essere utilizzata come uno strumento di flessibilità in uscita: può rivelarsi una risorsa per quelle particolari figure (come i dirigenti) sempre più discontinue nel corso della loro carriera, consentendole di ‘colmare’ eventuali mancanze determinate da periodi di buchi o di contribuzione figurativa.
“Abbiamo poi insistito sull’utilizzo del ricalcolo contributivo per chi sceglie di anticipare il proprio pensionamento; il principio che sosteniamo è quello della libertà di scelta. Per CIDA va abolito il vincolo degli anni per accedere al pensionamento anticipato, in cambio di una decurtazione (proporzionale) della pensione stessa. Questo comporta necessariamente la possibilità di cumulare redditi da pensione e da lavoro. Una penalizzazione che sarebbe ingiusta e incomprensibile per chi svolge mansioni di natura intellettuale con livelli di competenza e capacità che potrebbero essere utili ed arricchire il mondo del lavoro, senza mortificare il lavoro ‘obbligandolo’ alla gratuità della prestazione.
In termini di sostenibilità va anche posta grande attenzione alle modalità con le quali si intende intervenire nella riduzione del cuneo fiscale/contributivo. Un ‘alleggerimento’ della parte contributiva, infatti, se non ben calibrato, potrebbe avere ripercussioni negative sul futuro pensionistico dei soggetti interessati. A meno che i contributi risparmiati per la previdenza pubblica non fossero automaticamente destinati alla previdenza complementare.
“Altro tema che abbiamo posto all’attenzione della ministra è quello della rivalutazione/svalutazione delle pensioni legate all’andamento del pil. Questo è un tema sul quale CIDA presta particolare attenzione: come nella crisi finanziaria del 2009, anche oggi occorre ragionare sulla necessità/opportunità di un provvedimento legislativo che attenui le conseguenze negative sulle pensioni, magari con una “sterilizzazione” dei contributi per questo periodo.
“Abbiamo infine voluto affrontare il tema dei giovani, per i quali sarebbe auspicabile, a nostro avviso, un dialogo fra stato e aziende per dare copertura contributiva/previdenziale anche a periodi di formazione, tirocini, stage, cui il giovane può accedere prima di un’esperienza lavorativa più matura e strutturata: un modo per allargare il periodo temporale della contribuzione e abituare il giovane a ragionare sul proprio futuro previdenziale”, ha concluso Mantovani.