<<La situazione attuale in sanità è caratterizzata da un ormai stabile impegno economico delle famiglie, dall’erosione progressiva della spesa pubblica e delle performance del Servizio sanitario, e più in generale dall’insicurezza sulla salute. In tale scenario si colloca lo sforzo di adattamento delle famiglie, ormai convinte che la sanità non possa più dare tutto a tutti e per questo a caccia di soluzioni. Così si registra l’aumento del numero di cittadini che evitano le liste di attesa nel pubblico ricorrendo al privato con il pagamento della tariffa piena di tasca propria; e di quelli che, stretti tra le liste di attesa nel pubblico e il costo delle prestazioni nel privato, rinunciano o rinviano le prestazioni. Si tratta di processi socialmente non neutrali in cui vincono i ceti forti economicamente e/o come capacità culturale e/o come abilità operativa di combinare soluzioni, tra pubblico e privato>>.
Così si apre il capitolo Il Sistema di welfare dell’ultimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese (2015) del Censis.
Spesa sanitaria giù il pubblico, su il privato. La spesa sanitaria pubblica, cresciuta dal 2007 al 2010 da 101,9 miliardi di euro a 112,8 miliardi (+10,7%), negli ultimi anni – dice sempre il Censis – ha registrato una inversione di tendenza, con una riduzione del 2,2% tra il 2010 e il 2014, attestandosi nell’ultimo anno a 110,3 miliardi. La spesa sanitaria privata delle famiglie, invece, dal 2007 al 2014 è passata da 29,6 miliardi di euro a 32,7 miliardi (+10,4%), raggiungendo il 22,8% della spesa sanitaria totale. Così, la percentuale di famiglie in cui nell’ultimo anno almeno un membro ha dovuto rinunciare del tutto o rimandare prestazioni sanitarie appare particolarmente elevata: il 41,7%. E varia dal 21,4% delle famiglie con redditi più alti al 66,7% di quelle che dichiarano redditi più bassi.
Meno qualità. È il 42,7% dei cittadini a pensare che la sanità stia peggiorando, quota che sale al 64% tra i cittadini del Sud. Inoltre, il 55,5% considera inadeguato il Servizio sanitario regionale, quota che sale all’82,8% nel Meridione.
Prestazioni. Più attesa o più spesa. Per capire il ricorso al privato, va considerato il trade off tra costo e tempi di attesa che, con la capacità del privato di offrire prestazioni a prezzi sostenibili e la lunghezza delle liste di attesa nel pubblico, si risolve spesso nella scelta dei cittadini di pagare per intero di tasca propria le prestazioni.
Ad esempio, secondo alcuni esempi citati nel rapporto Censis, per una colonscopia nel privato si spendono 224 euro e si attendono 8 giorni, nel pubblico con il ticket si spendono 56 euro e si attendono 87 giorni; per una risonanza magnetica nel privato si spendono 142 euro e si attendono 5 giorni, con il ticket si pagano 63 euro e si attendono 74 giorni.
Molti altri i numeri, contenuti nel rapporto Censis, che descrivono una sanità poco in salute.