CIDA: petizione contro i tagli alle pensioni 2024

La stretta sulla rivalutazione delle pensioni ha ulteriormente eroso il potere d'acquisto del ceto medio. Oltre 2mila i dirigenti che in presenza o online hanno seguito la manifestazione contro il taglio delle pensioni di venerdì a Milano.

Una petizione contro le iniquità del sistema previdenziale e iniziative giudiziarie per chiedere che i tribunali sollevino questioni di incostituzionalità sui mancati adeguamenti delle pensioni spettanti per legge. Così la CIDA (Confederazione che rappresenta dirigenti, quadri e alte professionalità), che venerdì 6 ottobre a Milano ha organizzato una manifestazione con oltre 2mila partecipanti in presenza o online, dà battaglia alle misure restrittive sulla rivalutazione delle pensioni degli ultimi anni, compresa la stretta decisa con la scorsa Legge di Bilancio che ha fatto perdere ai pensionati fino al 9% di aumento dovuto all’inflazione, a discapito del potere d’acquisto del proprio reddito.

Aumento pensioni 2024 a rischio

In vista c’è la predisposizione di una Legge di Bilancio 2024 nella quale non si esclude che ci possano nuovamente essere misure di contenimento della rivalutazione per i redditi più alti a fronte di un’inflazione elevata che richiede una maggiore spesa pubblica per le pensioni. Non ci sono anticipazioni di fonte governativa in questo senso – anzi, l’Esecutivo sta preparando un anticipo del conguaglio sulla rivalutazione degli assegni 2023 – ma ci sono indiscrezioni di stampa in base alle quali è possibile un nuovo taglio dell’indicizzazione.

Stretta sulle pensioni medio-alte

Il 13% di contribuenti italiani che ha un reddito da lavoro o pensione sopra i 35mila euro paga il 60% dell’intera IRPEF. Negli ultimi 25 anni, le pensioni di tutti coloro che hanno un reddito pensionistico superiore a quattro o cinque volte il minimo INPS, hanno subito cinque prelievi di solidarietà e dieci blocchi perequativi. In 30 anni hanno perso più di un quarto del potere d’acquisto, segnala CIDA, che riunisce Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO-FESMED (medici SSN), Sindirettivo Banca Centrale (dirigenza Banca d’Italia), FIDIA (assicurazioni), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione terzo Settore (Sanità religiosa), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob).

Ecco quindi che la misura è colma e CIDA, in occasione dell’incontro pubblico organizzato a Milano per lanciare la petizione contro la stretta sulla rivalutazione delle pensioni, ha coinvolto anche il Forum dei Pensionati, l’Associazione Nazionale Magistrati in pensione e il Sinpref, l’associazione dei Funzionari Prefettizi.

«Se non siamo ancora scesi in piazza è solo per senso del dovere e solidarietà verso chi davvero non ce la fa» sottolinea il presidente Stefano Cuzzilla, secondo cui «la sostenibilità del sistema previdenziale deve essere ottenuta con misure che non continuino a decurtare i trattamenti previdenziali del ceto medio». Ma innanzitutto dal recupero dell’evasione, «che ormai viaggia a circa 100 miliardi ogni anno», e da un «ampliamento della base contributiva e assicurativa attraverso investimenti che favoriscano i lavoratori stranieri, l’aumento delle nascite, l’estensione del lavoro femminile, retribuzioni più alte, il rientro dei giovani dall’estero e un’istruzione di qualità».

Petizione contro i tagli alle pensioni

La richiesta al Governo è «dire basta a interventi iniqui e lanciare una petizione in difesa delle pensioni del ceto medio che spinga il Governo ad adottare provvedimenti strutturali e lungimiranti per una visione di Paese più equa e giusta».

Fra le misure più criticate spiccano i diversi interventi sulla perequazione automatica. «Negli ultimi vent’anni si sono susseguiti svariati provvedimenti, spesso perfino in contraddizione tra loro ma, in linea di massima, accomunati dal principio secondo il quale le pensioni di importo superiore tendono a subire un meccanismo sfavorevole» segnala Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali. Questo, penalizza «proprio quella fascia di pensionati che, nel corso della propria vita attiva, ha dichiarato redditi pari o superiori a 35mila euro e versato contributi e imposte pari appunto a oltre il 60% dell’IRPEF totale, oltre ai contributi sociali e alle imposte dirette. Tasse che, viceversa, i 6 milioni di beneficiari di pensioni fino a 2 volte il minimo sostanzialmente non pagano e che i percettori di prestazioni tra 2 e 4 volte il TM pagano in misura ridotta».

Sui blocchi o riduzione della rivalutazione pensionistica, commenta Luca Perfetti, avvocato dello Studio Bonelli Erede, la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi «fissando alcuni paletti all’azione del legislatore. Per esempio, ha sancito che il richiamo alla contingente situazione finanziaria – che, in astratto, potrebbe legittimare eventuali tagli – non può sorreggere interventi così incisivi in assenza di qualsivoglia documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate. Ciò non esclude che si possa intervenire anche nel procedimento legislativo, stimolando il Parlamento/il Governo ad un intervento sul tema, oltre che proprio dinanzi alla Corte Costituzionale».

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