Qual è il purpose della tua area e come intendi dargli corpo?
«Il nostro purpose è chiaro: valorizzare le energie dei territori per rafforzare il ruolo dei manager nel sistema Paese. Non vogliamo che le buone pratiche restino isolate: devono diventare rete, contaminarsi e generare impatto concreto su sviluppo, lavoro e comunità».
Qual è il tuo ruolo e cosa chiedi al team?
«Come project leader ho il compito di indicare la direzione, ma soprattutto di creare le condizioni perché ciascuno possa agire. Al team chiedo ascolto, apertura e capacità di trasformare le idee in azione. Si parte da ciò che i territori sanno fare meglio e lo si porta a sistema, facendolo crescere insieme».
Da dove partite e quali sono le priorità?
«Abbiamo scelto sei assi tematici che rappresentano le sfide cruciali: turismo e destination management, managerialità negli ecosistemi locali, comunicazione e networking, competenze, Zes e Sud strategico, rappresentanza Cida. In sintesi, connettere persone, territori e istituzioni, costruendo alleanze pubblico-private che generino opportunità».
Quali progetti renderanno visibile questo lavoro?
«Abbiamo avviato cinque laboratori. Uno punta a creare un’Academy diffusa con ambasciatori territoriali e comunità nazionale. Un altro lavora sulla figura del destination manager, competenza strategica per il turismo del futuro. C’è poi un filone dedicato alle Zes, con strumenti replicabili per lo sviluppo del Sud. Non mancano i forum interregionali, momenti di confronto pubblico, e, infine, una banca delle competenze per mettere in rete talenti e professionalità. Ogni cantiere ha un obiettivo concreto e misurabile».
Che modello organizzativo vi siete dati?
«Abbiamo scelto una governance multilivello. Una cabina di regia centrale coordina, mentre i territori restano protagonisti con referenti e gruppi operativi locali. Strumenti digitali condivisi, repository nazionale e flussi di comunicazione ben definiti assicurano coerenza, replicabilità e tracciabilità».
Come misurerete l’impatto?
«Con risultati concreti: numero di manager formati, partnership attivate, eventi realizzati, partecipazione, best practice documentate, livello di soddisfazione degli stakeholder. Non sarà un progetto autoreferenziale: i dati diranno se stiamo davvero producendo valore».
C’è una frase che sintetizza la vostra visione?
«Sì: “Il territorio non è periferia. È centro vivo di futuro”. È la bussola che orienta le nostre azioni. Con metodo, innovazione e responsabilità possiamo trasformare la frammentazione in rete e costruire una vera società civile».
E i tempi?
«Il progetto è parte integrante del Piano operativo 2024-2028 di Manageritalia. Accompagnerà l’intero arco del piano con una roadmap che prevede fasi di avvio e governance, sperimentazioni locali, estensione e consolidamento della rete, fino alla legacy finale con format integrati e presìdi territoriali permanenti».