Welfare sussidiario: una via per tutti

Una prospettiva all’insegna dell’innovazione per la società moderna

Statalismo o liberismo? Nel dibattito
politico sembrano esistere soltanto
questi due modelli di riferimento
per il welfare, che può quindi solo
essere “pubblico” o “privato”, spesso intendendo l’uno in contrapposizione con l’altro.
Accade così che le agevolazioni fiscali, di cui
godono i fondi sanitari, siano considerate
risorse sottratte alla sanità pubblica o che
si ipotizzi una “stretta” sulle erogazioni liberali, come se gli enti del terzo settore
fossero concorrenti dello Stato.

Lo scenario attuale
Da un lato si schiera il concetto di welfare
“universale”, destinato a coprire tutte le
esigenze primarie di ogni cittadino: una
conquista di civiltà, se è efficiente e se gli
oneri per mantenerlo sono ripartiti in modo equo. Dall’altro si invocano la libertà
individuale, il rischio di azzardo morale,
l’inefficienza degli apparati pubblici, per
promuovere un sistema di mercato, pur mitigato da interventi a favore dei più poveri. Nella pratica, si realizzano versioni
temperate di entrambi i modelli, ibridi non
sempre riusciti, dimenticando che ne esiste
un terzo, non semplicemente un compromesso tra i due, ma un’elaborazione originale di principi etici, sociali ed economici
che affondano le radici nella storia e nella
cultura dell’Europa, in particolare nel Cristianesimo e nell’Illuminismo.

Welfare sussidiario: basi e idee di fondo
Il welfare sussidiario, al quale si ispira anche il nostro modello contrattuale collettivo, nasce da un’idea di centralità e libertà
della persona, riconoscendone però i limiti
e la necessità di svilupparsi all’interno della società; privilegia perciò il ruolo dei cittadini organizzati, aggregati in associazioni, partiti, forme societarie, comunità, su
basi territoriali, culturali, professionali,
ideali estese a tutte le dimensioni del vivere civile.


Principi e ruolo dello Stato

Un modello in cui i principi di solidarietà sono realmente
praticabili e adattabili ai cambiamenti generazionali, sociali, normativi. Un modello che investe sulla professionalità
dei suoi lavoratori, chiamati a dare risposte precise a comunità di dimensioni più ridotte, più omogenee. Un modello
in cui la fiducia (tra generazioni, tra rappresentanti e rappresentati, tra abitanti in territori diversi) è più concretamente visibile e non prevale il senso
d’impotenza che rende i sistemi statalizzati quasi irriformabili. Una società così organizzata è compatibile
con uno Stato poco invasivo, concentrato su alcuni compiti fondamentali, più regolatore che attore del gioco,
ma niente affatto debole. Uno Stato
dotato dei poteri necessari per intervenire, dove la società organizzata
non riesce a farlo efficacemente, anche utilizzando strumenti straordinari e sostituendosi alle altre istituzioni e organizzazioni.

La forza della bilateralità
La bilateralità arricchisce il modello
di welfare sussidiario con un equilibrato conflitto d’interessi tra chi rappresenta le aziende e chi i lavoratori:
con il fine comune di destinare e
utilizzare adeguatamente le risorse
economiche, le parti sociali portano
le rispettive sensibilità all’interno
dei contratti collettivi e degli enti che
amministrano, con la necessità di
rendere conto in modo puntuale ai loro rappresentati. Ma
non è sufficiente ottimizzare le risorse all’interno degli enti,
occorre anche evitare sovrapposizioni con il welfare statale
e lasciare spazi per le esigenze individuali.


Investimenti, sostenibilità
e personalizzazione
Per questo anche noi ci schieriamo con chi chiede investimenti nella sanità pubblica, non solo in tecnologie e farmaci, ma soprattutto in organizzazione e competenze, e auspichiamo un uso più mirato delle risorse, che non rifiuti la
collaborazione con il privato. Chiediamo anche un esercizio
di sostenibilità a lungo termine per l’Inps e una chiara distinzione delle risorse destinate all’assistenza, pur ritenendo necessaria l’introduzione universale del secondo pilastro
previdenziale.
La necessità di personalizzazione trova poi in uno strumento come il welfare aziendale la forma
ideale e complementare con quello
contrattuale.

L’azione di Manageritalia
per il welfare sussidiario
Manageritalia persegue coerentemente, da decenni, la via di un rafforzamento del proprio welfare sussidiario, non limitandosi a erogarne
i relativi servizi, pur fondamentali. È
una battaglia culturale e sociale sempre più difficile, in cui nulla è regalato, tutto deriva dalla capacità quotidiana, individuale e collettiva di
remare nella stessa direzione. Anche
oltre i confini del ccnl: stiamo applicando i medesimi principi, pur adattati alle peculiarità, anche ai lavoratori autonomi (executive professional) del nostro mondo e ai quadri,
coperti da altri contratti nazionali.

Sfide e attacchi intollerabili

Come ogni anno, la legge di bilancio
pone molte sfide e poche opportunità al welfare sussidiario,
con i partiti alla ricerca di risorse destinate ad alimentare le
aspettative e a creare un effimero consenso politico. Se poi chi
lo difende è una categoria che molti vedono “privilegiata”,
l’attacco trova ulteriori sostenitori.
Come ogni anno, non ci stanchiamo di illustrare le nostre
ragioni, forti anche dei risultati che continuiamo a ottenere.
A noi rappresentanti spetta il lavoro più evidente, ma a
tutti quello quotidiano, in azienda e nella società in cui viviamo.

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