Università e mobilità, più contenti gli studenti che ci vanno in bici o a piedi

Il 61 per cento usa i mezzi pubblici, l’impatto medio sulle emissioni di CO2 è di 4,5 chilogrammi a testa ogni giorno e per la maggior parte degli studenti raggiungere l’Ateneo da 40 chilometri di distanza è troppo costoso. Lo rivela la “Prima indagine nazionale sugli spostamenti e la mobilità condivisa nelle Università” presentata ieri nel convegno “Mobilità, accessibilità e Diritto allo studio” all’Università di Milano-Bicocca

All’Università si va più volentieri in bicicletta e a piedi, il 61 per cento dei 70 mila intervistati raggiunge gli Atenei con i mezzi pubblici e il tempo medio dei viaggi di andata e ritorno, a livello nazionale, è di un’ora e quaranta minuti, con un impatto medio sulle emissioni di CO2 di 4,5 chilogrammi a testa ogni giorno. Fra i problemi segnalati più spesso da studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo spiccano il traffico e il bisogno di potenziare la mobilità pubblica.


Sono i risultati della Prima indagine nazionale sugli spostamenti e la mobilità condivisa nelle Università promossa dal Coordinamento nazionale dei Mobility manager di Ateneo con il supporto della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS) e il coordinamento scientifico dell’Università di Milano-Bicocca. È il primo studio di questo genere in Europa. I dati sono stati presentati ieri pomeriggio nel corso del convegno “Mobilità, accessibilità e diritto allo studio”, che si è svolto nell’Aula magna dell’Università di Milano-Bicocca. Nel corso della tavola rotonda e del dibattito su “Istituzioni locali e operatori del trasporto a confronto” sono intervenuti Valentina Aprea, Assessore a Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia, Marco Granelli, Assessore a Mobilità e Ambiente del Comune di Milano, Arianna Censi, Vicesindaco della Città metropolitana di Milano, Francesco Balocco, Assessore ai Trasporti della Regione Piemonte, Luisa Anna Marras, Vicesindaco e Assessore alla Mobilità del Comune di Cagliari, Tiziano Onesti, Presidente di Trenitalia, Cinzia Farisè, Amministratore delegato di Trenord, Marco Mancini, Dipartimento per la Formazione superiore e per la Ricerca del MIUR, e Gaetano Manfredi, Presidente della CRUI.


Realizzata nell’ottobre del 2016 attraverso la compilazione di un questionario on-line, l’indagine ha coinvolto 37 Università (14 nel Nord Italia, 12 al Centro, 11 nel Sud e nelle Isole) e un campione di circa 70 mila casi con l’obiettivo di raccogliere dati aggiornati sulla mobilità casa-Università e ottenere informazioni utili a orientare le politiche di mobility management, per migliorare gli spostamenti di chi studia e lavora all’Università. Particolare attenzione è dedicata alla mobilità condivisa (sharing mobility), al fine di sperimentare soluzioni innovative per ridurre l’impatto negativo della mobilità veicolare privata sull’ambiente.


Studenti, docenti e altri dipendenti: come si spostano fra casa e Università? Il 61 per cento con i mezzi pubblici (trasporto pubblico locale e treno), il 22 per cento con quelli privati (a due e quattro ruote), mentre il 17 per cento ricorre alla mobilità attiva o “lenta” (a piedi e in bicicletta). Per andare e tornare dall’Università i partecipanti all’indagine impiegano in media un’ora e quaranta minuti. Le principali difficoltà nel percorso riguardano la congestione del traffico (soprattutto al Sud e nelle Isole), l’eccessivo affollamento dei mezzi pubblici (in particolare al Nord) e la loro assenza o scarsa frequenza, regolarità e puntualità.


Car sharing e bike sharing sono fra le opzioni più quotate per chi ricorre alla mobilità condivisa. Gli studenti che condividono il viaggio con altre persone lo fanno in genere con i compagni di studio e gli amici, mentre docenti e tecnici-amministrativi soprattutto con i familiari. La convenienza economica, il rispetto dell’ambiente, la possibilità di non pagare il parcheggio e la maggiore adeguatezza rispetto agli spostamenti personali sono le quattro motivazioni considerate più importanti nella scelta dei servizi di sharing mobility.


Gli spostamenti degli studenti sono caratterizzati da un utilizzo consistente dei mezzi pubblici (64 per cento) a discapito di quelli privati (18 per cento). Docenti e personale tecnico-amministrativo usano più spesso i mezzi privati (rispettivamente il 43 per cento e il 49 per cento) e presentano differenze nell’uso della mobilità attiva-lenta, che interessa il 16 per cento dei docenti (un valore vicino al 17 per cento degli studenti) rispetto al 12 per cento dei tecnici-amministrativi. Sebbene sia ancora caratterizzata da percentuali contenute, quindi, la scelta dei servizi di sharing mobility appare più frequente tra studenti, professori e ricercatori.


Piedi e bicicletta sono in testa nel gradimento con “voti” medi di 7 e 7,5 su 10, seguiti da sharing mobility (6,6), moto e scooter (6,5). Il gradimento medio è invece più contenuto per treni (5,1) e automobili (5,3). Misurando la soddisfazione generale legata agli spostamenti casa-Università su una scala di giudizio da 1 a 10, si registra un valore medio quasi sufficiente, pari a 5,8. I livelli di soddisfazione generale per lo spostamento casa-Università sono tendenzialmente più alti nel Nord Italia, sebbene vi siano Atenei nel Sud e nelle Isole che presentano valori elevati come Salerno, Potenza, Messina e Cagliari. Le aree nelle quali sono maggiormente richiesti interventi migliorativi sono quelle delle agevolazioni economiche per l’uso dei mezzi pubblici e del loro potenziamento.


Anche la posizione delle Università ha conseguenze significative su queste scelte: passando da Sud e Isole (47 per cento) al Centro (59 per cento) al Nord Italia (66 per cento), aumenta infatti l’uso dei mezzi pubblici. L’utilizzo dei mezzi pubblici tende inoltre ad aumentare passando dagli Atenei piccoli con meno di 10 mila iscritti (46 per cento) ai “mega-Atenei” con più di 40 mila iscritti (68 per cento), mentre la mobilità attiva e lenta tende a crescere al diminuire della dimensione dell’Ateneo, nonostante faccia registrare picchi molto elevati (24 per cento) anche nelle Università di medie dimensioni (da 10 mila a 20 mila iscritti).



«Questa indagine – ha spiegato il professor Matteo Colleoni, Mobility manager dell’Università di Milano-Bicocca e coordinatore dello studio – ci suggerisce che dobbiamo lavorare per incrementare la mobilità dolce in prossimità degli Atenei, in particolare nel raggio di cinque chilometri, e migliorare invece l’accessibilità all’Università da parte di chi abita più lontano, soprattutto in termini di costi e di tempi».


«L’indagine promossa dal Coordinamento nazionale dei Mobility manager – ha aggiunto Cristina Messa, Rettore dell’Università di Milano-Bicocca – ha coinvolto 37 Università e questo è un primo importante risultato, che testimonia come le comunità universitarie possano concorrere positivamente agli indirizzi e alle politiche di mobilità urbana, favorendone il miglioramento. L’indagine fotografa bisogni e criticità, ma individua anche opportunità e strumenti che oggi vogliamo condividere con le Istituzioni e tutti gli attori coinvolti, per tutelare il diritto alla mobilità, all’accessibilità e allo studio di studenti e cittadini».


«Indagini sulla mobilità come quella presentata oggi – ha detto Livia Pomodoro, presidente Comitato scientifico Bicocca Ambiente Società Economia (BASE) – sono in linea con gli obiettivi SDG, Sustainable Development Goals, dell’ONU, così come l’aver istituito all’Università Bicocca il Comitato scientifico BASE, che sono orgogliosa di coordinare e che sta lavorando intensamente sui temi della mobilità e della sostenibilità anche attraverso una rete fra le Università in Italia e all’estero».


«Oggi le Università competono non solo per didattica e ricerca – ha dichiarato Gaetano Manfredi, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane – ma anche per i servizi che offrono, molti dei quali, come la mobilità, dipendono dai territori. Per soddisfare le esigenze degli studenti in particolare, ma di tutti i cittadini in generale, è importante che ci sia una governance territoriale condivisa per ciascun tessuto urbano e metropolitano. L’indagine mette a nudo una criticità che a livello nazionale si sta affrontando già da tempo e offre gli elementi per una strategia comune verso forme di mobilità sostenibile e vantaggiosa. Del resto, il Coordinamento nazionale dei Mobility manager delle Università italiane fa parte della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, la RUS, sostenuta dalla CRUI, importante esperienza di coordinamento e condivisione tra tutti gli Atenei italiani impegnati sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale».

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