Donne a casa, uomini al lavoro

La società occidentale è ancora fortemente basata sulla disparità di genere. Proviamo ad analizzarne le radici culturali, le evoluzioni, soprattutto nel mondo del lavoro, e le azioni da mettere in campo per uscire da questa condizione
Donna casalinga e uomo in ufficio

di Chiara Volpato, professoressa senior di Psicologia sociale dell’Università Milano-Bicocca

La disparità tra uomini e donne ha radici culturali antiche e profonde, che possiamo riassumere in due parole: patriarcato e maschilismo. La prima definisce il dominio maschile sull’intera società, dominata appunto dagli uomini, dai padri, che dettano le norme ed esercitano il potere. Il maschilismo definisce invece l’insieme dei comportamenti e degli atteggiamenti di dominio e superiorità sui quali si regge il dominio patriarcale. Patriarcato e maschilismo nascono dalla divisione tradizionale dei ruoli, secondo la quale l’uomo procaccia le risorse e controlla la sfera pubblica, mentre la donna si occupa del lavoro di cura all’interno della sfera privata.

I processi che sorreggono tale costruzione sociale sono storici, sociali, economici e di tipo strutturale, sostenuti, a livello individuale, da meccanismi psicologici che si esprimono nelle credenze, nelle rappresentazioni, nei valori che sottendono le nostre azioni quotidiane. A questo livello agiscono stereotipi e pregiudizi, che descrivono e prescrivono i comportamenti sociali, imponendo atteggiamenti diversi a uomini e donne; si pensi al doppio standard di genere, per il quale una serie di pratiche (concernenti, ad esempio, la libertà sessuale) sono permesse agli uomini e vietate alle donne.

L’asimmetria di potere

Tutto ciò ha introdotto tra uomini e donne un’indiscutibile asimmetria di potere, status, risorse, che limita lo sviluppo culturale, sociale e civile dell’intera società. Ancora oggi gli uomini detengono una parte sproporzionata del capitale economico e simbolico a disposizione dell’umanità, come indica l’indice del Global Gender Gap, curato annualmente dalle Nazioni Unite. A livello mondiale, le donne muoiono prima degli uomini; hanno minore accesso all’istruzione; dispongono di minori ricchezze, autorità, prestigio sociale; sono tenute ai margini del potere religioso, politico, economico, militare; sono, inoltre, soggette a violenze specifiche, come femminicidi, stupri, tratta, anche se va ovviamente sottolineato che la situazione non è omogenea a livello mondiale, dato che, soprattutto nei paesi occidentali, le donne hanno compiuto molti passi nella direzione della parità di genere, soprattutto dopo la rivoluzione femminista degli anni Settanta.

Donne a casa, uomini al lavoro

Guardando alla sfera lavorativa, possiamo dire che la dicotomia “donne a casa, uomini al lavoro” si è affermata con lo sviluppo dell’agricoltura nel corso del Neolitico, quando la differenziazione delle tecniche agricole ha reso stabile l’affermazione del patriarcato: la differenza di forza fisica e di impegno nella crescita delle nuove generazioni non aveva costituito un discrimine nelle comunità di raccoglitori e cacciatori, relativamente egualitarie, ma lo divenne in quelle agricole, portando all’instaurazione del dominio maschile e alla creazione di una serie di ideologie tese a legittimarlo.

L’agricoltura promosse una chiara divisione del lavoro tra i generi: le donne furono confinate nel lavoro domestico e persero il controllo delle risorse comuni. Gli uomini, fisicamente più forti, liberi dalla maternità e dal lavoro di cura, monopolizzarono potere e risorse. La nuova organizzazione sociale moltiplicò le gerarchie e le stratificazioni sociali; la generazione del surplus di beni e risorse aumentò i conflitti tra gruppi e, con essi, la centralità della figura del guerriero, prototipo maschile per eccellenza.

La donna ricopre ancora ruoli ancillari

Ancora oggi, l’atteggiamento sessista ostacola la piena partecipazione delle donne al mondo del lavoro attraverso credenze, stereotipi, pregiudizi ereditati dal passato, ma riattualizzati in anni recenti come reazione all’avanzata femminile; questi elementi compongono un quadro ideologico che continua a condizionare in modo pesante l’attività delle donne. Si pensi agli stereotipi che vogliono il genere femminile dedito alle relazioni, ma meno dotato di quello maschile per quanto riguarda ambizione, capacità, spirito di iniziativa.

Nel mondo del lavoro, inoltre, gli uomini vengono regolarmente giudicati superiori alle donne. Ciò accade per diverse ragioni; una di queste è legata al fatto che status e competenza vanno insieme e gli uomini godono di uno status superiore e, di conseguenza, vengono giudicati più competenti. Un uomo mediocre può essere creduto competente grazie alla sua appartenenza di genere, mentre una donna deve contrastare le credenze sulla minore competenza femminile, producendo risultati superiori alla norma. Le donne, insomma, portano nel mondo del lavoro un peso in più: provare continuamente a sé e agli altri di essere all’altezza della situazione. Inoltre, le donne vengono giudicate su piani molteplici: nell’ambito professionale, infatti, gli uomini sono valutati quasi esclusivamente sulla dimensione della competenza, mentre le donne sono valutate sulla competenza, ma anche sulla loro moralità e sulle capacità relazionali.

Tutto ciò complica il giudizio che le riguarda, moltiplicando critiche ed esclusioni e, unito agli stereotipi di cui parlavamo prima, rende il loro percorso nel mondo del lavoro particolarmente impervio.

Azioni concrete per uscirne: compiti per tutti!

Per levarci questa “camicia di forza” e raggiungere la parità tra i generi nell’ambito del lavoro è, a mio avviso, necessario operare tutti e in tutte le direzioni.

Non sottovalutare il problema

Innanzitutto, è fondamentale porre realmente attenzione al tema del gender gap. Troppo spesso gli passiamo vicino senza focalizzarci sulle sue modalità e conseguenze. Il primo lavoro da fare, quindi, è imparare a prendere consapevolezza del divario di genere e intervenire attivamente, una volta che lo abbiamo percepito, senza cedere al desiderio di lasciar perdere per ragioni di comodità. Questo non vuol dire combattere 24 ore al giorno, ma tenere in adeguata considerazione che il presente assetto dei rapporti professionali non è scontato o immodificabile.

Lavorare sugli stereotipi

Bisogna poi controllare gli stereotipi che continuano a favorire assunzioni e promozioni maschili, soprattutto nei ruoli apicali, e intervenire contro la segregazione professionale che assegna alle donne ruoli di cura e di relazione e agli uomini ruoli di competenza e prestigio. In questa trasformazione potrà rivelarsi utile l’introduzione di quote di genere, anche se si tratta di una soluzione spesso accolta in modo sfavorevole sia dagli uomini, che temono di perdere i propri privilegi, sia dalle donne, che temono di ottenere dei favoritismi che saranno loro rimproverati.

Condividere il lavoro di cura

È utile anche procedere a un’attività di ripensamento della prospettiva con la quale affrontiamo la quotidianità. Il lavoro di cura, necessario alla sopravvivenza di noi esseri umani, costituisce forse l’aspetto più importante e prezioso della vita, ma viene sottovalutato perché considerato appannaggio del mondo femminile. I diversi aspetti della cura – verso le persone, le relazioni, l’ambiente – dovrebbero invece costituire un valore centrale della nostra rappresentazione del mondo ed essere coltivati sia dagli uomini sia dalle donne.

Il ruolo dei manager

Le associazioni di categoria come Manageritalia possono giocare un ruolo fondamentale nella produzione dei cambiamenti auspicati, dato che il divario di genere nelle professioni è significativo soprattutto nei ruoli apicali; a livello globale, per esempio, le donne ricoprono solo il 31% dei ruoli di senior management. Un aumento di manager donne è auspicabile perché potrebbe produrre, tra le altre cose, un miglioramento complessivo del clima e della produttività delle aziende. Stanno infatti aumentando nel mondo del lavoro richieste di stili di leadership meno autocratici e più partecipativi, capaci di motivare i collaboratori, stili che le donne conoscono bene, dato che la capacità di includere gli altri e aiutarli a tirar fuori le loro potenzialità sono caratteristiche che coltivano fin dall’infanzia.

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