La Spagna potrebbe tirare indietro le lancette dell’orologio della giornata lavorativa di milioni di cittadini allineandosi al fuso orario di Londra, ha annunciato settimana scorsa la ministra del Lavoro Fátima Bañez (Partido Popular). Secondo molti osservatori questo cambiamento determinerebbe la fine della siesta. Il principio alla base di questa proposta è di far terminare la giornata lavorativa alle 18, allineandosi agli orari di quasi tutti i paesi europei.
Secondo molti l’introduzione di questo fuso orario “innaturale” in Spagna potrebbe provocare uno stato di jet-lag permanente nella popolazione. Altri, al contrario, affermano che il nuovo sistema porterebbe a una migliore produttività, con un impatto positivo sull’equilibrio tra lavoro e vita personale.
Tradizionalmente gli spagnoli lavorano fino a tardi e la differenza si fa particolarmente evidente se si fa un confronto con altre realtà europee, che hanno spesso difficoltà ad adeguarsi agli orari spagnoli nei rapporti commerciali. Occorre precisare inoltre che i lavoratori spagnoli sono di fatto costretti dopo pranzo a fare una pausa che va dalle due alle tre ore, la siesta appunto, e terminare la giornata alle sette, otto e perfino nove di sera.
Con le nuove norme, ha spiegato la ministra Bañez, che ha ottenuto il sostegno del partito Ciudadanos e del partito d’opposizione Partido Socialista, la giornata lavorativa terminerebbe a un orario che si allineerebbe a quello di molti paesi. La proposta sarà dunque probabilmente approvata dal Parlamento spagnolo.
“Dovremo tornare all’orologio interno che abbiamo abbandonato 80 anni fa, ciò significa pranzare alle 13 e cenare alle 20, come il resto d’Europa”, ha dichiarato Nuria Chinchilla, professoressa presso l’IESE Business School.