Politica europea: quali sfide dopo Brexit?

DUNQUE L’IMPENSABILE È ACCADUTO. L’Unione europea si sveglia con un paese importantissimo come la Gran Bretagna fuori dal proprio perimetro e ridimensionato a ruolo di partner economico. Il futuro è denso di passaggi istituzionali che nei prossimi due anni definiranno le nuove relazioni economiche e finanziarie. Sicuramente si svilupperanno frizioni politiche tra GB e Ue e i tempi potrebbero dilatarsi ben al di là dei due anni previsti dai Trattati. Ma il prolungamento delle negoziazioni andrebbe approvato all’unanimità dai 27 membri rimasti… insomma un futuro estremamente incerto sul rapporto tra GB e Ue, la quale nel frattempo potrebbe subire quell’effetto domino capace di trascinare altri paesi a ulteriori referendum sull’appartenenza alla Ue. Le incertezze non piacciono agli investitori finanziari e anche così si spiega la reazione a caldo dei mercati alla ricerca degli asset considerati più sicuri.

Brexit è innanzitutto il fallimento della scommessa di Cameron, ma è anche a un tempo il risultato e il sintomo della miopia politica dell’Unione, condizionata da una governance farraginosa e paralizzante, non più adeguata ai tempi né rinnovata quando la Grande Crisi del 2008 ne aveva mostrato i limiti, illudendosi che lo scudo-euro sarebbe stato sufficiente a mantenere coesa l’intera Unione. L’ondata migratoria ha agito da catalizzatore di tutte le paure cumulatesi negli ultimi anni, dalla paura del lavoratore “polacco” ai timori sulla sostenibilità dei bilanci pubblici e alla conseguente austerity applicata con rigidità eccessiva.

In realtà l’impatto economico di per sé nel lungo termine (al 2030) dovrebbe essere limitato a due punti percentuali in meno di pil per la GB (si veda l’analisi Oxford Economics) e ancora più limitato per l’Unione europea. Ma l’impatto per la Ue (e per l’Italia) potrebbe diventare catastrofico in caso di effetto domino. Per evitarlo, la politica europea deve tornare a muoversi come “La Politica Europea”, ossia quella forza capace di innovare le proprie istituzioni, di proporre una visione comune, basata sulla maggiore integrazione dei mercati e delle popolazioni europee, al fine di contribuire allo sviluppo globale. È questa la sfida che il Brexit pone con urgenza non più rimandabile alla Ue – e a cui ognuno di noi è chiamato a rispondere con responsabilità e senso civico, senza farsi abbagliare da chimere e promesse dannose e pericolose per il nostro Paese e per l’intero continente.

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