Pandemia: giovani allo specchio

Millennials e GenZ sotto i riflettori nell’ultimo rapporto di Deloitte. Aspettative, preoccupazioni, obiettivi nel mondo post-Covid. Il futuro? Sembra un po’ più roseo

La Deloitte Global Millennial Survey 2020 ha preso il via alla fine del 2019 e ha avuto quest’anno un’interessante continuazione durante l’epidemia Covid-19, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio. La tradizionale indagine ha infatti integrato un ulteriore sondaggio su 13 paesi per i Millennials e 20 per i rappresentanti della Generazione Z. In totale è stato ascoltato un campione di 27.500 persone. Un aspetto generale emerso dalla survey è che queste generazioni rimangono ancorate a una serie di valori di riferimento e che la pandemia ha rafforzato il loro desiderio di aiutare a guidare un cambiamento positivo nelle loro comunità e a livello globale.

L’aspirazione sembra quella di fare pressione affinché imprese e governi rispecchino il loro stesso impegno nei confronti della società, mettendo le persone davanti al profitto e dando la priorità alla sostenibilità ambientale, alla diversità, all’inclusione e all’uguaglianza retributiva.

La parola chiave sembra essere “resilienza”. L’epidemia Covid-19 ha colpito duramente queste generazioni, in particolare i più giovani. Il 30% dei rappresentanti della GenZ e un quarto dei Millennials più giovani (25-30 anni) coinvolti nel secondo sondaggio hanno riferito di avere perso il lavoro o di essere stati messi in congedo temporaneo e non retribuito. A quel punto, circa un Millennial su cinque in tutto il mondo era disoccupato.

Il lavoro prima e durante la pandemia
Il 27% dei Millennials e il 23% della GenZ hanno dichiarato di lavorare meno ore, mentre alcuni (Millennials 8%, GenZ 5%) lavoravano più a lungo senza un corrispondente aumento delle retribuzioni. Solo un terzo dei Millennials e il 38% dei GenZ nel secondo sondaggio hanno riferito che il loro stato di occupazione/reddito non era stato influenzato dalla pandemia. Il Millennial Survey dello scorso anno aveva messo in luce disagio e pessimismo. Sorprendentemente, la pandemia non sembra aver esacerbato questi sentimenti. In 11 dei 13 paesi gli intervistati hanno al contrario espresso livelli di stress più bassi rispetto a quelli riportati nel sondaggio di cinque mesi prima. I risultati complessivi hanno anche mostrato un maggiore ottimismo per il futuro dell’ambiente, un forte impegno per la responsabilità finanziaria e il risparmio e opinioni favorevoli sulle risposte alla pandemia da parte dei governi, delle imprese e dei loro stessi datori di lavoro.


Una fotografia complessa ma piena di speranza
Quasi la metà (48%) della Gen Z e il 44% dei Millennials intervistati tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno dichiarato di essere stressati per tutto o quasi il loro tempo, ma nella seconda fase dell’indagine i livelli d’ansia sono scesi di ben 8 punti. Se la metà degli intervistati nel primo sondaggio aveva dichiarato di ritenere che fosse troppo tardi per porre rimedio ai problemi causati dai cambiamenti climatici, nella seconda parte questa percentuale è calata, suggerendo che l’impatto ambientale della pandemia e un’attività economica più contenuta, con la conseguente riduzione del consumo di energia e quindi di inquinamento, abbia dato speranza che ci sia ancora tempo per agire e proteggere il pianeta.

La pandemia ha inoltre determinato un senso ancora più forte di responsabilità individuale. Circa tre quarti dei rispondenti hanno affermato che questa crisi sanitaria li ha resi più comprensivi verso i bisogni degli altri e che intendono intraprendere azioni finalizzate ad avere un impatto positivo sulle loro comunità.

In particolare, entrambe le generazioni hanno dichiarato che faranno uno sforzo speciale per supportare più attivamente le aziende e i venditori locali più piccoli dopo la pandemia. Ma allo stesso tempo non esiteranno a penalizzare le aziende i cui valori dichiarati e praticati saranno in conflitto con i propri.


È interessante notare inoltre che la maggior parte degli intervistati ha dato a imprese e governi un punteggio elevato per le loro risposte alla pandemia.


Gestione delle finanze individuali e “lealtà” aziendale. Nel primo sondaggio, più Millennials (50%) avevano previsto che la loro situazione finanziaria non sarebbe migliorata o sarebbe peggiorata nel prossimo anno rispetto a coloro che ritenevano che sarebbe migliorata (42%). Ma nel prossimo futuro, le prospettive non sono sembrate così cupe perché per molti la pandemia ha significato anche risparmio.

Un aspetto curioso emerso dalla survey è quello della fidelizzazione aziendale, che aumenta man mano che le aziende rispondono alle esigenze dei dipendenti o aderiscono a principi di diversity, inclusione e sostenibilità verso business più “impegnati”. Più Millennials hanno affermato che vorrebbero rimanere con i loro datori di lavoro per almeno cinque anni: dichiarazioni che non hanno precedenti da quando Deloitte ha posto questa domanda per la prima volta nel 2016. Resta ancora da capire come la pandemia possa influire sulla lealtà. Coloro che avrebbero lasciato l’azienda nell’arco di due anni o meno sono scesi dal 49 al 31%, mentre quelli che preferiscono rimanere a lungo termine sono passati dal 28 al 35%.

Una società migliore?
L’opinione generale è incoraggiante e spiazza: la società postpandemica potrà essere migliore di quella che l’ha preceduta e la volontà di trasformare questa aspettativa in realtà c’è tutta. I Millennials e i GenZ hanno sicuramente avuto maggiori preoccupazioni per la loro salute, il benessere delle loro famiglie, le prospettive di lavoro e il loro futuro finanziario a lungo termine. Ma allo stesso tempo la crisi ha anche costretto la vita a rallentare. Molti di coloro che lavoravano in ufficio ora lavorano da casa, trascorrono più tempo con la famiglia e meno in macchina e sui mezzi pubblici.

Il mondo che segue la pandemia sarà sicuramente diverso e probabilmente più allineato agli ideali che i Millennials e i GenZ hanno espresso. Il motivo? Questi ragazzi hanno visto quanto velocemente la Terra possa “guarire”, quanto rapidamente il business possa riadattarsi e quanto le persone possano diventare più intraprendenti e collaborative.


Il pianeta può essere ancora salvato
Nell’indagine primaria l’83% dei Millennials e il 79% dei GenZ hanno concordato sul fatto che si stanno verificando cambiamenti climatici, causati principalmente dall’uomo. La metà di tutti gli intervistati (51% dei Millennials e il 49% dei GenZ) ritiene che la società abbia raggiunto un punto di non ritorno e che sia troppo tardi per riparare i danni causati dai cambiamenti climatici. E quando è stato chiesto se gli sforzi attuali e futuri per proteggere la salute del pianeta avranno successo, solo il 40% dei Millennials ha espresso ottimismo, in calo di 8 punti percentuali rispetto allo scorso anno.

Ma nel mezzo della pandemia, il divario di 17 punti che separava i Millennials che credevano fosse troppo tardi (54%) da quelli che ritenevano ci fosse ancora tempo (37%) si è ridotto a soli 2 punti (dal 46% al 44%). Tra i GenZ, una separazione più piccola di 12 punti si è ridotta al 46% di chi è rimasto pessimista, contro il 44% che ritiene che non sia troppo tardi per salvare il pianeta.

Ufficio? No, grazie
Il posto di lavoro nel mondo postpandemico sarà reinventato, molte attività che una volta richiedevano la presenza fisica in ufficio saranno svolte da remoto. Alcune aziende hanno già annunciato che stanno offrendo ai dipendenti la possibilità di lavorare da casa in modo permanente.

Nell’indagine durante la pandemia circa un terzo di tutti gli intervistati ha affermato di aver lavorato da casa (o da remoto) per l’intera settimana o per la maggior parte del tempo. Durante il picco della pandemia quella percentuale è salita a poco più della metà. Al contrario, circa il 45% dei Millennials e GenZ impiegati ha dichiarato di non aver mai lavorato da remoto prima della pandemia (solo un terzo dopo l’inizio della pandemia).

Mentre alcuni datori di lavoro non erano preparati a gestire una forza lavoro virtuale, nel complesso gli intervistati hanno dato alle aziende il massimo dei voti per le loro azioni. Circa due terzi dei rispondenti hanno dichiarato che le piattaforme e le tecnologie It dei loro datori di lavoro hanno consentito ai dipendenti di tenersi in contatto e continuare a lavorare. Un numero uguale ha convenuto che i loro datori di lavoro avevano messo in atto politiche come orari di lavoro flessibili e congedo per aiutare a supportare i dipendenti durante la pandemia.

La metà dei Millennials intervistati ha riferito che i loro datori di lavoro hanno offerto formazione, istruzione e sviluppo delle competenze per consentire un lavoro efficace e remoto. E una maggioranza (il 59% dei Millennial, il 55% dei GenZ) ha riferito che i loro datori di lavoro ritenevano che fossero produttivi anche lontani dall’ufficio.

Millennials e GenZ sembrano apprezzare l’opzione del lavoro da casa. Oltre il 60% ha dichiarato che alla fine della crisi vorrebbe poter lavorare da remoto più frequentemente.

Molti hanno inoltre dichiarato che vorrebbero utilizzare unsistema di videoconferenza invece di viaggiare per lavoro, un segno che gli strumenti di collaborazione cloud stanno mantenendo la promessa di connettere in modo efficiente le persone a livello globale riducendo il loro impatto sull’ambiente.

I vantaggi dello smart working
Ci sono vantaggi economici tangibili nel lavorare da remoto. I dipendenti possono risparmiare denaro su pendolarismo, vestiti, lavaggio a secco e altro ancora. E oltre la metà (56%) di tutti gli intervistati ha affermato che se gli fosse data l’opportunità di lavorare da casa, sceglierebbero di vivere al di fuori delle principali città, in cui il costo della vita è inferiore.

Ma queste generazioni vedono altri motivi interessanti per evitare gli uffici. Due terzi dei Millennials hanno affermato che lavorare da remoto consente un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. La metà di tutti gli intervistati ha affermato di essersi sentita più in grado di far emergere il proprio “vero sé” con un ufficio tra le mura domestiche. La cifra è più elevata tra i genitori (59%) rispetto a quelli senza figli (43%), e anche tra quelli in posizioni di comando (62%) rispetto ai ruoli junior (42%). E quasi sette Millennials su dieci hanno affermato che l’opzione di lavorare da casa in futuro, evitando il pendolarismo, potrà alleviare enormemente lo stress.

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