Lettera aperta a Jeff Bezos (anche se non la leggerà mai)

Quando si parla del gigante dell'e-commerce i miei sentimenti sono contrastanti

Quando penso ad Amazon mi si affollano in testa una serie di idee (oserei dire anche sentimenti) contrastanti.

Amazon è diventato per me parte della vita quotidiana. Quando mi serve qualcosa (un libro, la cover del telefono, i cuscini) mi dico “ok, guardo su Amazon”. Non online, non su un sito di e-commerce. Proprio su Amazon.

Ovviamente ho l’abbonamento ad Amazon Prime (a proposito, quanto l’ho pagato? ‘sta cosa dei rinnovi automatici ci sta prendendo la mano). Mica posso aspettare 48 ore per avere un libro che probabilmente leggerò tra un mese!

Ovviamente quando ho un po’ di tempo libero, quando voglio rilassarmi, guardo un film o una serie su Amazon Video.

Insomma, sono grata, quasi affezionata ad Amazon, perché mi semplifica la vita e mi tiene compagnia.

Non solo: Amazon è diventato per me il benchmark di misurazione dell’e-commerce. La facilità di navigazione delle pagine, i prezzi, l’efficienza delle consegne sono “il” riferimento. Quando navigo su un altro sito di e-commerce – ebbene sì, Jeff, te lo confesso, ogni tanto lo faccio – e la pagina non si carica subito, quando compro su un altro sito di e-commerce – di rado, Jeff, stai tranquillo – e il pacco non arriva entro 3 giorni lavorativi, subito penso “però con Amazon questo non succede”.

Amazon ha alzato l’asticella, ha definito una linea alla quale gli altri player – piccoli o grandi, volenti o nolenti – devono adattarsi. E, per i consumatori, è un vantaggio. Significa portare un po’ più in là il concetto di customer service, customer experience, customer ognicosa.

Tutto bene, dunque? No, Jeff. Non quando vedo i corrieri consegnare i pacchi, di corsa, con il furgoncino in terza fila e quella specie di palmare sempre in mano. Non quando leggo dei magazzini da cui partono le merci e delle persone che vi lavorano. Non quando scorro il sito di MakeAmazonPay, la campagna che vede coinvolti i lavoratori di Amazon, ma anche molti politici e organizzazioni. I suoi promotori hanno elaborato alcune richieste. Nulla di esorbitante: compensi equi per i dipendenti, rispetto dei diritti sindacali, riduzione dell’impatto ambientale. E il pagamento delle tasse in modo proporzionato ai ricavi.

Capisci, ora, Jeff, perché provo sensazioni contrastanti nei confronti di Amazon. Proverò a mettere ordine. Intanto tu, per favore, prova a pagare le tasse.

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