Le nostre priorità per lo sviluppo del Paese

Manageritalia collaborerà come sempre con il prossimo Parlamento e Governo con le proprie competenze e proposte, per continuare il processo di modernizzazione del sistema Italia che il Pnrr rende ora possibile

Il contributo di Manageritalia non si limita alle emergenze contingenti, ma punta a una reale crescita e a un duraturo sviluppo economico del Paese, convinta che nella nuova agenda politica il dialogo con le forze sociali su questi macrobiettivi sarà fondamentale.

Il Paese è cambiato, il concetto stesso di “lavoro” è mutato. I confini tra lavoro dipendente, professionale e autonomo sono sempre più labili: inutile voler mantenere le distinzioni sul piano normativo e fiscale. L’organizzazione del lavoro, per forza di cose, è stata ridefinita dalla pandemia. Il ripensamento dei modelli gestionali deve avere come protagonisti i manager, che ogni giorno affrontano queste sfide. Molto spazio può essere dato al welfare privato e contrattuale, sulla base del principio costituzionale della sussidiarietà.

È con questo spirito che Manageritalia ritiene di suggerire alcune priorità alle forze politiche che detteranno la nuova agenda: Stato e forze sociali insieme possono attuare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno.

Ecco alcune delle proposte che abbiamo presentato su fisco, lavoro, parità di genere, previdenza e giovani. Si tratta di un elenco di punti sintetici, ma per ciascuno di essi può essere prodotto uno studio più approfondito, anche in termini numerici.

FISCO

1

Se la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, come afferma l’art. 1 della Costituzione, dovrebbe diminuire la tassazione sul lavoro e aumentare quella gravante su altri redditi. I manager pensano che sia giusto un sistema di tassazione proporzionale e progressivo, ma che sia squilibrata la pressione fiscale gravante sui redditi da lavoro, in particolare quelli medio-alti, rispetto alla tassazione applicata sugli altri tipi di reddito, come quello finanziario.

2

Nel 2020, secondo le elaborazioni dell’Oecd, l’incidenza sul costo del lavoro delle ritenute fiscali e dei contributi sociali si attesta nel nostro Paese su un valore (46%) di oltre cinque punti superiore alla media europea. Il divario rispetto agli altri paesi europei risulta più marcato per i redditi medio-alti e in presenza di carichi di famiglia. Il cuneo fiscale va quindi decisamente ridotto, liberando reddito che può essere investito dal contribuente con una maggiore libertà di scelta.

3

Il riordino delle tax expenditures deve essere fatto tenendo conto che non tutte sono balzelli inutili. Alcune di esse sono dirette a garantire una più adeguata copertura dei rischi sociali e dei nuovi bisogni emergenti, come la long term care, e quindi vanno salvaguardate.

4

L’evasione vale nel nostro Paese più di 183 miliardi di euro (pari all’11% del pil). L’elusione invece è in parte connessa alla presenza dei “paradisi fiscali”, i quali sottraggono ogni anno all’Italia più di 10 miliardi di gettito fiscale. Occorre al più presto avviare azioni concrete per comprimere le dimensioni dell’evasione e dell’elusione fiscale, attraverso l’incrocio delle banche dati esistenti.

LAVORO 

1

Per garantire l’occupabilità dei lavoratori dipendenti e rendere sostenibile il sistema delle politiche attive, la direzione giusta è quella di integrare l’intervento pubblico con quello privato, secondo il principio costituzionale della sussidiarietà. Non solo centri per l’impiego, ma una rete integrata formata dai centri, dalle agenzie di lavoro private e dagli enti bilaterali istituiti dalle parti sociali.

2

Siamo convinti che al welfare privato debba essere dato maggiore spazio, in particolare in quegli ambiti che per gli apparati pubblici risulterebbero particolarmente dispendiosi. Il sistema del ricollocamento andrebbe coordinato maggiormente con gli strumenti del welfare di categoria messi a disposizione attraverso gli enti bilaterali e i fondi interprofessionali di formazione continua.

3

Per i dirigenti, durante la pandemia, non è stata emanata alcuna forma di protezione nonostante fossero stati esclusi dal blocco dei licenziamenti. A questa carenza ha supplito il sistema contrattuale. Chiediamo che anche ai dirigenti venga garantito a livello statale una serie di azioni ad hoc (outplacement, formazione per mantenere l’occupabilità ecc.) a salvaguardia dell’occupazione della categoria che, nonostante la ripresa, risulta comunque sempre esposta.

4

Nell’ottica della valorizzazione dell’employability dei dirigenti, proponiamo sia introdotta anche una deroga alla disciplina normativa della Naspi, nell’ipotesi che questa categoria possa ricevere una proposta di collaborazione durante lo stato di disoccupazione. Si chiede che venga rivisto il limite reddituale per il cumulo con la Naspi, oltre il quale decade il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione. Limite reddituale che è attualmente di 4.800 euro per le collaborazioni di lavoro professionale o autonomo, assolutamente inadeguato per i manager. Proponiamo che quest’ultimo venga innalzato per i dirigenti almeno fino a 15.000 euro annualicon la contestuale sospensione dell’erogazione dell’indennità durante tutto il periodo della collaborazione.

PARITÀ DI GENERE 

1

La legge sulla parità retributiva va sostenuta con una campagna di informazione sui vantaggi – non solo economici – per le imprese e con testimonianze di aziende virtuose che hanno già attuato la parità al loro interno.

2

Il prossimo governo dovrà avere tra gli obiettivi principali la crescita dell’occupazione femminile e l’aumento della natalità, visto che i due fenomeni sono tra loro strettamente influenzati (con politiche adeguate si possono determinare elementi di crescita per entrambe le variabili, come succede in altri paesi europei).

3

Gli incentivi per l’occupazione femminile devono essere almeno triennali e consistere in agevolazioni fiscali a favore delle imprese. Quindi non forme di decontribuzione, che porterebbero alla povertà previdenziale delle donne lavoratrici.

4

L’aumento dell’occupazione femminile avrebbe un positivo impatto anche sul welfare pubblico, che avrebbe bisogno di maggiore contribuzione.

5

Imprese, lavoratori e lavoratrici possono, nel rispetto delle esigenze reciproche, collaborare per conciliare, nelle aziende, la produttività delle stesse e il benessere e la sicurezza dei lavoratori con modelli gestionali manageriali che assicurino un’organizzazione del lavoro ottimale e specifica per ciascuna realtà aziendale.

PREVIDENZA 

1

Il sistema a ripartizione puro in Italia ha impedito la formazione di una coscienza e consapevolezza previdenziale: la pensione era un diritto e la previdenza dei singoli cittadini un problema dello Stato. Purtroppo, il peso di questa distorsione conoscitiva del sistema pensionistico continuerà ancora a pesare almeno finché non si esaurirà quella parte di pensioni calcolate con il sistema retributivo o misto. Occorre quindi una riforma di ampio respiro, all’insegna della flessibilità, stabilità e sostenibilità, perché i costi di scelte errate non debbano riversarsi sulle generazioni future.

2

Sulla flessibilità in uscita occorrerà trovare la quadra tra la sostenibilità di medio e lungo termine del sistema previdenziale pubblico in Italia e le istanze dei lavoratori. Tra tutte le proposte finora emerse, riteniamo che quella di liquidare la sola quota contributiva al momento del pensionamento anticipato, e la pensione complessiva (retributiva/contributiva) una volta raggiunta l’età pensionabile, sia quella più sostenibile per il bilancio dell’Inps.

3

Vanno maggiormente diffusi (a livello contrattuale) e incentivati (a livello fiscale) il secondo e terzo pilastro previdenziale, anche attraverso gli strumenti del welfare contrattuale e aziendale, che consentono tra l’altro un abbattimento fiscale notevole.

4

Circa le proposte di revisione dei coefficienti di trasformazione, va detto con forza che la certezza del trattamento futuro deve prevalere sulla giustizia attuariale assoluta, che comunque non è raggiunta con l’attuale revisione biennale dei coefficienti. È giusto scollegare tali valori dall’età anagrafica in essere al momento del pensionamento. Va bene legarli all’anno in cui si inizia a lavorare o all’anno di nascita del lavoratore, così come è giusta la richiesta di aggiornamento periodico quinquennale dei coefficienti, fino a una determinata soglia anagrafica e non fino al momento del pensionamento.

GIOVANI

1

Nel prossimo futuro, la discontinuità lavorativa sarà, soprattutto per le nuove generazioni, un fenomeno sempre più fisiologico. Fondamentale sarà quindi rafforzare l’occupabilità dei giovani lavoratori. 

2
Occorrerebbe introdurre un sistema di assicurazione di tipo contrattuale che comporti l’attivazione automatica della formazione nei periodi di inattività e una forma di supporto al reddito, collegata però alla ricerca attiva di nuova occupazione.

3

Anche per i giovani inoccupati o disoccupati la proposta di Manageritalia è quella di prevedere agevolazioni fiscali almeno triennali per le imprese e non forme di decontribuzione, che andrebbero a detrimento delle future prestazioni pensionistiche.

4

Occorre intervenire non solo per dare occupazione ai giovani, ma anche per garantire loro incrementi retributivi graduali e percorsi di carriera, senza i quali non è possibile costruire un progetto di vita.

LEGGI ANCHE: LA PAROLA AI POLITICI 

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca