La malizia è negli occhi di un algoritmo? Facebook, Rubens e la censura

Nella pagina ufficiale dell’Ente del turismo fiammingo è stato oscurato il 20% delle immagini relative a opere del pittore contenenti nudi maschili e femminili

Chissà se nel 1611, nel completare il celebre Trittico dell’Innalzamento della Croce, il pittore fiammingo Peter Paul Rubens avrebbe mai potuto immaginare che 400 anni più tardi un algoritmo avrebbe etichettato come pornografia un seno, neanche troppo in bella mostra, di Maria Maddalena e il sedere scoperto di qualche putto? Ovviamente no, al massimo avrebbe dovuto preoccuparsi del giudizio dei committenti e, cosa ben più pericolosa, della censura ecclesiastica, che peraltro, va detto, mai avrebbe obiettato di fronte a un capolavoro indiscusso di tale portata.

Eppure nell’estate del 2018 anche Rubens è rimasto intrappolato nelle maglie della censura, non del Tribunale dell’Inquisizione, ma di quella ben più clamorosa del colosso statunitense Facebook

Sì, perché evidentemente i programmi adibiti al controllo di ciò che sia lecito mostrare e cosa censurare non sono in grado di distinguere tra pornografia e arte. E così nella pagina ufficiale dell’Ente del Turismo fiammingo è stato oscurato il 20% delle immagini relative a opere di Rubens contenenti nudi maschili e femminili.

La risposta di Visitflanders non si è fatta attendere: in un video divenuto virale in poche ore ha mostrato finti poliziotti all’interno della casa museo di Rubens ad Anversa nell’atto di creare una barriera davanti alle opere incriminate, invitando i visitatori a lasciare in tutta fretta le sale, proteggendoli così dal pericoloso contatto con immagini sconvenienti.

È solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno visto oscurare con la stessa motivazione la Venere di Villendorf, forse la più celebre scultura del Paleolitico, pitture parietali pompeiane, l’Origine du Monde di Gustave Courbet, e perfino la Sirenetta di Copenaghen, immortalata ogni anno da migliaia di turisti.

Ma torniamo al 1600. Rubens non si pose mai il problema della nudità nelle sue opere poiché ciò era pienamente consentito. Lo era tanto in opere di carattere profano quanto in ambito religioso. Nei vari e prolungati soggiorni in Italia l’artista fiammingo aveva infatti potuto osservare da vicino sia la statuaria classica sia il lavoro di Michelangelo, in entrambi i casi figure monumentali la cui nudità rappresentava addirittura un valore etico di perfezione. Nel secolo di Rubens, in cui il senso della morte era così forte e sentito, a causa delle molteplici e ripetute epidemie di peste, il nudo diventava una sorta di “memento mori”, l’eterna contrapposizione tra vita e morte, tra gioia e dolore, tra sacro e profano… almeno fino all’era di Facebook.

CURIOSITÀ: la storia della censura in arte è molto lunga, basti pensare al celebre caso dei personaggi del Giudizio Universale di Michelangelo, ritenuti indecenti dal Concilio di Trento e coperti a suon di foglie di fico e perizomi da Daniele da Volterra, che non a caso si meritò per questo intervento il soprannome di Braghettone.

OPERA: Innalzamento della Croce, olio su tela, 1611, Cattedrale di Anversa.

LA MOSTRA: La città di Anversa celebra Rubens con l’arrivo di una dozzina di opere del maestro fiammingo direttamente nella sua casa natale (fino al 13/1/2019). L’esposizione si inserisce nella kermesse culturale Baroque in Antwerp, con iniziative per tutto il 2018 (www.visitantwerpen.be). 

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