La cultura non piace agli italiani?

Il Rapporto Annuale Federculture traccia un quadro desolante e allo stesso tempo individua alcuni obiettivi per il prossimo futuro

È stata presentata la 14ª edizione del Rapporto Annuale Federculture “Impresa Cultura”, un’importante fonte di aggiornamento e analisi sulle politiche culturali, le dinamiche di domanda e offerta, i processi di innovazione che investono la cultura e gli ambiti connessi nel nostro paese.


Il rapporto sottolinea i problemi irrisolti, antichi e nuovi, della gestione della cultura in Italia, riflette sulle criticità e le debolezze del sistema dell’offerta e della produzione culturale, ma individua anche gli obiettivi per il prossimo futuro delle imprese culturali e di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel settore, nella convinzione che grazie alla cultura è possibile rendere migliore il nostro paese più accogliente e inclusivo, più forte nella competizione internazionale, più preparato per affrontare le sfide che l’innovazione tecnologica pone a un livello sempre più elevato.


Per questo è necessario un paese più reattivo anche in ambito culturale, consapevole dei propri mezzi, che li sappia riconoscere e li sappia usare (bene), che voglia credere nelle sue potenzialità.


Sebbene il rapporto metta in evidenza i molti segnali positivi che arrivano dal settore, ci ricorda anche quanto ancora c’è da fare, soprattutto, in merito alla fruizione e alla partecipazione della vita culturale dei cittadini. I dati raccolti da un lato indicano una crescita dei consumi culturali, in ripresa per il quarto anno consecutivo dopo il crollo del 2012-2013, ma allo stesso tempo segnalano forti disparità nelle diverse aree geografiche del nostro paese.


Entrando nel dettaglio, siamo un paese (6,7%) molto al di sotto della media dell’eurozona (8,5%) in termini di spesa in cultura e ricreazione. La quota di spesa dedicata a musei, cinema, teatro e concerti per una famiglia media italiana è aumentata del 3,1% nel 2017, che in termini assoluti corrisponde a 31 miliardi di euro. Il valore annuale complessivo, che comprende quindi anche la spesa per libri e musica, è di 71,4 miliardi, con una crescita del 2,6% rispetto al 2016.



Preoccupante il dato dell’incultura: il 38,5% degli italiani adulti con almeno 25 anni d’età non partecipa ad alcun tipo di attività culturale; ancora peggio la quota di coloro che non vanno al cinema, non visitano un museo né un sito archeologico almeno una volta all’anno: circa il 70% degli adulti, che diventa 82% al sud. Qualche speranza arriva dal turismo: quello culturale rappresenta il 35,4% della quota totale. Crescono del 10% i visitatori di musei statali e la spesa culturale di turisti aumenta dell’11%.


Per la prima volta, inoltre, il rapporto ospita un’analisi dei bilanci di 40 istituzioni museali del nostro paese (fondazioni pubbliche e musei statali autonomi) al fine di evidenziarne le performance in termini di modelli di business e di sostenibilità dell’impresa culturale.



È emerso che il modello prevalente è quello che è stato definito “commerciale”, cioè musei che si reggono quasi esclusivamente sui ricavi commerciali con un significativo grado di autofinanziamento che oscilla tra il 62% delle fondazioni culturali pubbliche e il 75% dei musei statali autonomi. I campioni analizzati rilevano quindi un significativo grado di autofinanziamento rispetto al valore del contributo pubblico.

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