Il 30 aprile 1986 l’Italia si collega per la prima volta a Internet, allora Arpanet. Ti ricordi quei tempi?
Mi ero laureato da poco, a Pisa, in Scienze dell’Informazione. Conoscevo molto bene il CNUCE, ci andavo a far girare qualche programma. Erano anni di grande fermento e iniziative. Se potessi sintetizzare quegli anni in tre parole, parlerei di grande capacità, entusiasmo, creatività. Già in quegli anni, oltre ai temi della rete, si parlava, e non solo, di sintesi vocale, linguistica computazionale, intelligenza artificiale, biomedica e tanto altro ancora. Pisa pullulava di centri di ricerca e noi giovani studenti respiravamo quell’aria magica… I temi relativi alla rete, tuttavia, li avrei ritrovati più in là, senza saperlo… Il 30 aprile del 1986 ero infatti a Ivrea, in Olivetti, a occuparmi dei nuovissimi sistemi di videoscrittura.
Insomma, da lì in poi come ricordi i primi anni di internet come impatto sul business e sul lavoro?
Pur avendo fatto esperienza dei primi servizi sulla “rete” verso la fine degli anni ’80 attraverso la connessione modem ai BBS americani alla incredibile velocità di 300 bauds (!), e dei primi sistemi di posta elettronica così “incompatibili” fra loro nelle loro mille sfaccettature, l’Internet che conosciamo oggi, l’ho incrociata in Olivetti un po’ più tardi. L’entusiasmo, le capacità e la creatività non ci avevano di certo abbandonati nelle mille sperimentazioni dei nostri laboratori di Ricerca di Pisa e di Pozzuoli, dove sono nati tanti prodotti innovativi. Ricordo, come fosse ieri, la grande novità del world wide web nel ’93, i primi motori di ricerca, Mosaic, Netscape e pochi altri brands del settore. Venivamo dalla grande novità dei pc “multimediali” e dalla comunicazione multimediale su rete ISDN. I nostri centri di ricerca erano tutti “connessi” e il lavoro distribuito aveva acquistato moltissimo in produttività. Lo stesso mercato si era aperto, già a partire dai primi anni ’90, a soluzioni nuove come l’Olivetti PCC (Personal Communication Computer), sviluppato da noi a Pisa, primo precursore dei moderni sistemi di desktop conferencing, con tanto di audio, video, lavagna e condivisione applicazioni. Lo vendevamo a banche e istituti assicurativi per favorire quello che oggi chiameremmo “smart working”. Ma il WWW andava oltre e il ’93 fu di grande stimolo per tuffarci nella rete a cercare soluzioni nuove.
Tu sei sicuramente uno dei pionieri di Internet con il primo motore di ricerca italiano (Arianna) e una Community (IOL Club), nuovi modi di fare business. Cosa volevate fare e ci siete riusciti?
Ricordo bene il ’95, anno in cui cominciai a lavorare in Italiaonline, il primo provider di accesso a Internet in Italia. Non c’era molto: l’accesso a Internet, la posta, i newsgroup e un sito di notizie che si sviluppava secondo le logiche televisive, per canali tematici.
Ho avuto la fortuna di incontrare, sul mio percorso, capi, colleghi ed esperti del mondo accademico illuminati: da lì il passo per costruire nuovi servizi fu veramente breve. Il primo ad arrivare fu Arianna, nel ’97, un vero motore di ricerca, non un catalogo, specializzato per la lingua Italiana. I numeri di allora fanno sorridere: le nostre connessioni sulla rete erano di 10Mbps in Italia e 8Mbps all’estero; 80 GB di disco sulle macchine erano sufficienti per indicizzare i siti web locali.… Era chiaro che il motore era una guida indispensabile, non un “nice to have”, e in Italia non c’era nulla; presto Arianna superò Altavista in prestazioni e precisioni. Con Arianna nacque il primo server di pubblicità online, fatto in casa, da noi a Pisa. Il potenziale era enorme, era chiaro, ma il mercato non era pronto. Arianna fu una vera pietra miliare perché era il faro che guidava i navigatori nel grande mare e, al contempo, guidava noi: conoscere la rete, ti permette di guidarne l’evoluzione, perché impari a conoscere le esigenze dei navigatori e a proporre loro i servizi di cui hanno bisogno… Nello stesso anno nacque IOL Club, che aggregava servizi di comunicazione, dalla chat, ai siti personali. Tanti altri “bambini” ricordo, fra cui il primo vero portale italiano, Libero, con la stessa dignità dei grandi Yahoo e AOL: era il ’99… Potrei parlare ancora per ore di Cupido, di Libero Mail, di “Mall” (sito di e-commerce), di News2000 e più tardi di Libero Video…
A cosa puntavate?
A dare valore alla rete in termini di servizi e, al contempo, costruire un nuovo modello economico: l’interattività “built-in” abilitava, in modo naturale, l’evoluzione del mondo del branding e dell’advertising verso un’offerta mirata e profilata, atta a cogliere vere opportunità di vendita su individui e collettività veramente interessate all’acquisto. Ci siamo riusciti? Abbiamo creato “audience” e “loyalty”. Chi non conosce IOL e Libero? Gran parte della navigazione Italiana passa ancora da lì, offerta inclusa. Il vero mercato, in Italia, è arrivato più tardi a partire dal ‘2007/9, direi, ma le idee erano quelle giuste sin dal ’97.
Hai fondato e gestito Digiland (evoluzione di IOL Club), una o la prima community in Italia. Come erano, cosa succedeva e chi c’era a quei tempi sulle community, oggi diventate fenomeno di massa? E cosa è cambiato?
Nel ’98 lanciammo Digiland, un mio “bambino”, il primo “geocities” Italiano. Digiland diventò in brevissimo il riferimento delle community Internet Italiane: “se esiste, è su Digiland”, si diceva… e non si parlava solo di siti personali e di chat, ma di persone e di realizzazioni sociali, come “DigiLife” il primo giornale editoriale fatto dalle persone, molto prima che si parlasse di blog… Ho personalmente animato quelle comunità con l’aiuto di preziosi collaboratori interni ed esterni (i mitici digileader). Persone hanno discusso, si sono conosciute, incontrate, amate e sposate, lì. Dicevo prima di Cupido, il servizio specializzato di Digiland per facilitare gli incontri in rete. Anch’esso ha contribuito al fenomeno sociale: non era proprio un sito di incontri o di “[speed-]dating”, come si suol dire, ma più un gioco che ha divertito tantissimi. Digiland diventò fenomeno di studi di evoluzione del sociale in rete. Creammo anche il “trova-amici” e gli spazi in rete, un lontano (nel senso del tempo) prototipo di Facebook. Poi ci fermammo perché occorreva “monetizzare”… I costi di gestione diventavano sempre più importanti. Nel mio ricordo, questa è stata la battaglia più dura… Credo che Facebook stia cominciando a vincerla adesso, dopo molti anni di “distanza” dal ritorno commerciale.
Quale futuro vedi per Internet per chi fa business e per i cittadini, lavoratori e consumatori?
Mi viene in mente la definizione di “The Matrix”, che un po’ come la forza di Star Wars, “è intorno a te”. Internet è oramai pervasiva: è nelle cose che stanno intorno a noi ed è in noi, nelle “cose” che indossiamo e “parlano” Internet. Ha trasformato l’economia, questo è certo: il mondo dell’entertainment, dalla musica ai giochi al cinema, si è spostato sull’online; i servizi si sono spostati sul cloud, non solo posta ma servizi sociali, medici, di travelling, finance ecc. e in mobilità. Sempre di più la “Internet Of the Things”, insieme a grande disponibilità di banda, micro sensori e dispositivi “parlanti”, grandi “fabbriche” di server, dati e tecnologie ci porteranno a percepire e, sperabilmente, vivere meglio la realtà intorno a noi…
Rifaresti tutto quello che hai fatto con Internet?
Sono orgoglioso di quello che ho fatto e delle persone che ho incontrato nel mio percorso. Da un certo momento in poi, in Italia, tuttavia, è mancata la volontà e il coraggio di innovare, portandoci inevitabilmente a inseguire quando avremmo potuto dire la nostra…