I roamer: un nuovo concetto di vita, lavoro e carriera

Nascono in un paese, studiano e si formano in diversi altri, per poi scegliere di vivere e di lavorare cambiando con una certa regolarità nazione, sulla base delle opportunità e dell’interesse.

Che il mondo attuale sia contraddistinto da un’estrema mobilità è un dato di fatto. Oggi il lavoro (e di conseguenza la vita) non segue più binari rigidi, anche grazie al fatto che le nuove forme di organizzazione aziendale favoriscono la flessibilità. 

Alla domanda “da dove vieni?”, “quali sono le tue origini?”, “dove ti senti a casa?” molti sanno rispondere senza esitare. I cosiddetti roamer, invece, avrebbero difficoltà a dare una risposta. 

Il libro manifesto di questa generazione si intitola “Roaming: Living and Working Abroad in the 21st Century”, di CM Patha

Chi sono dunque i roamer e in che modo sono diversi dagli espatriati e immigrati? La differenza, spiega l’autrice, è che i roamer scelgono in modo consapevole di impostare l’intera esistenza lavorativa e personale senza alcun vincolo geografico. A differenza degli immigrati, che tendono a creare un legame con una specifica nazione, o agli espatriati, che dopo un po’ di anni tendono a rientrare nel loro paese di origine, i roamer sono allergici ai legami di questo tipo e ritornare nel paese dove sono nati è l’ultima cosa che vogliono: hanno deciso di impostare l’intera vita in questo modo.

Hanno sui trent’anni, parlano più lingue, hanno una rete di contatti e di affetti internazionale come loro e spesso hanno sperimentato fin dalla nascita (genitori di origini diverse) la multiculturalità. 

Lo stile di vita è per i roamer prioritario, ciò significa che sono disposti a guadagnare di meno e a veder sfumare prospettive di carriera a favore di maggiori stimoli intellettuali e “avventurosi”.

I roamer non hanno piani precisi: potrebbero restare un anno in un paese o in più paesi contemporaneamente (spostandosi con i voli low cost) o rimanere in una sola nazione per l’intera vita: non sanno e non vogliono dirlo, tutto dipende se saranno soddisfatti del loro “lifestyle”.

Del resto, i dati ci dicono che più di 14 milioni di cittadini europei vivono in un paese d’Europa diverso da quello dove sono nati (circa il 3% della popolazione). Ci sono ad esempio 400 mila francesi che vivono a Londra, che è diventata in questo modo la sesta più grande città francese al mondo. Negli Stati Uniti, 232 milioni di persone vivono in una nazione diversa da quella di origine. 

I roamer non hanno alcuna patria d’adozione e sono per lo più disinteressati alla situazione politica del paese dove vivono. 

E le loro famiglie? Poliglotte, spesso allargate e difficilmente stabili.

Bagagli leggeri, pochi pregiudizi e cittadini del mondo a tutti gli effetti. 

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