#FridaysForFuture Ambiente: non c’è più tempo da perdere!

La testimonianza del manager Piero Zanotti

In molte città si stanno svolgendo mobilitazioni per il #FridaysForFuture. Tra le richieste dei manifestanti alle istituzioni c’è quella di dichiarare l’emergenza climatica, come fatto nei giorni scorsi anche dal Comune di Milano.
Il tema è al centro dell’attenzione e la comunità manageriale partecipa al dibattito scaturito dalle riflessioni sulla necessità di “gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile”.
Pubblichiamo uno scritto del collega Piero Zanotti, associato a Manageritalia Lombardia e influencer Prioritalia, già dirigente per imprese di logistica e spedizioni internazionali, oggi consulente su progetti di cambio generazionale e innovazione organizzativa.


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Can Can, come il balletto francese: così mi chiamava mio padre per il carattere vivace e gioioso. Negli anni 60 ero un bambino come tanti. Era l’epoca in cui – visti da oggi – avremmo dovuto lavorare per l’ambiente del futuro. Invece l’impatto così basso ci portava a vivere in maniera inconsapevole le questioni che oggi ci affliggono, vogliosi solo di “crescere” incondizionatamente.


Azioni e percezioni di ieri e di oggi

Mia madre metteva tutti i rifiuti di casa in un unico sacco che io portavo sotto casa dove passava il camion della municipalizzata: altro che differenziata! C’è chi lo fa ancora oggi.

Guardavo con ammirazione mio padre – marmista – che tagliava una lastra, senza mascherina e cuffie per le orecchie.

Osservavo i gommisti che bruciavano gli pneumatici usati: si alzava un fumo nero che per tutti rappresentava la normalità di chi stava “lavorando”.

Quando tornavo da scuola mi fermavo spesso ad ammirare gli operai, i “magut”, che alzavano palazzo dopo palazzo. Tutti loro, in primis i principali (così si chiamavano) trascuravano qualunque norma di sicurezza e procedura di smaltimento.

Con gli amici lanciavamo estasiati palloncini verso il cielo, con la gioia di veder volare tanti colori insieme, senza pensare di danneggiare l’ambiente. C’è chi lo fa ancora oggi.



Serve un nuovo punto di vista

Adulto e in pensione, ragionando su quei tempi, mi chiedo come sia stato possibile per la mia generazione devastare così tanto il territorio. Quando ero Can Can, da bambino, ero inconsapevole; ma poi negli anni 70 e 80 non lo ero più, eppure le cose continuavano ad andare come negli anni 60, anzi… peggio!

La devastazione dell’ambiente continua ed è ormai diventata un problema fuori controllo. Cosa abbiamo fatto in 60 anni per fermarla? Poco. E oggi? Immaginiamo di risolvere le cose con i proclami, o quasi solo con quelli, cercando di recuperare il tempo perduto.

Trovare soluzioni non è facile. Dovremmo iniziare dalla nostra quotidianità, dalle azioni individuali più semplici. Dovremmo cambiare il nostro modo di ragionare in maniera radicale.
Provo a farlo scrivendo questi pensieri.



La consapevolezza è il fattore chiave

Per affrontare la questione ambiente, a monte, credo si debba partire dal sociale, dalla collettività. Superando il concetto che qualcun altro debba farsi carico dei problemi di cui noi stessi siamo parte. Tutto ciò che accade a livello sociale trova rispondenza nel comportamento dei singoli. Dobbiamo quindi fare i conti col nostro modo di vivere, senza false ipocrisie ed evitando paragoni con altri popoli.

Secondo la mia esperienza professionale, segnata da quindici anni vissuti all’estero, per elaborare un piano d’azione volto a migliorare la situazione esistente è inutile cercare analogie con i paesi più virtuosi in termini di ambiente e sfera sociale. Può essere utile conoscere le loro virtù in termini di esempio educativo, certo… ma per cambiare la realtà occorre partire dalla sua condizione oggettiva, dal nostro contesto di partenza.

Mi dilungo su questi concetti perché penso non sia possibile affrontare un tema così complesso senza fare i “conti” con noi stessi, con la storia del nostro paese, con le abitudini, i modi di vivere e, non da ultimo, con lo stato della situazione e le risorse a disposizione. È dalle risorse che dobbiamo partire se, in maniera manageriale, vogliamo elaborare una sorta di “business plan” per cercare di risolvere la questione ambientale.



I giovani possono cambiare il futuro

Le risorse principali sono le persone, specialmente i giovani. Sono loro che, con le famiglie, a scuola, nelle associazioni sportive, possono diventare un “virus” capace di contagiare la società facendola evolvere. Sono loro che, provando un netto rifiuto per il mondo che stiamo vivendo, possono immaginare un futuro diverso. Lo dimostra l’effetto mediatico che sta avendo Greta Thunberg, il più rilevante ambasciatore dei giovani di oggi. Pur essendo una sola persona, peraltro appena adolescente, sta riuscendo a smuovere “il sistema”.

Stanno nascendo movimenti paneuropei, composti principalmente da giovani, che agiscono assiduamente come influencer versus i mass media, i politici, le amministrazioni nonché verso la gente comune. Il loro successo dimostra che il cambiamento di mentalità necessario ad affrontare le questioni ambientali è possibile e realizzabile.



La necessità di una visione sistemica

Come comunità manageriale possiamo dare un significativo e concreto supporto a questo cambiamento. Molti di noi sono già coinvolti in progetti destinati a migliorare l’ambiente, sia nei contesti aziendali sia nel volontariato. In questo senso è determinante anche il ruolo delle associazioni di rappresentanza, che devono porsi come interlocutori delle pubbliche amministrazioni e svolgere un assiduo e concreto lavoro anche culturale per facilitare un cambiamento di rotta.

Pur credendo molto nella trasversalità e nei modelli organizzativi che superano l’approccio piramidale e favoriscono processi “dal basso verso l’alto” credo sia indispensabile che le istituzioni ovvero lo Stato – in tutte le sue articolazioni – svolgano un ruolo di guida. Senza una forte spinta a livello pubblico ogni singola azione, per quanto virtuosa, si tramuterebbe in una “goccia in mezzo al mare”. E oggi non possiamo permetterci lo scoraggiamento, la mancanza di motivazioni, la dispersione di energie.

Per concludere: il sistema cambierà se ogni singolo attore farà la propria parte, mettendosi al servizio della collettività. Ciascuno di noi, a partire dalla categoria manageriale, deve sentirsi in dovere di mettersi in gioco, di partecipare al progetto collettivo più importante che l’umanità abbia mai dovuto affrontare. Dobbiamo farlo subito, dobbiamo agire in fretta perché il fattore principale – e anche più critico – da inserire nel nostro “business plan” è la mancanza di tempo.

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