Franco Bettoni, presidente Inail: prevenzione e inclusione sono investimenti

Un'intervista per fare il punto sui cambiamenti indotti dall’emergenza sanitaria e sull’impegno per promuovere la cultura dell’inclusione e della sicurezza sul lavoro

Con l’emergenza sanitaria il perimetro degli infortuni sul lavoro si è allargato al rischio del contagio da Covid-19. Quali sono, dal suo punto di vista, le priorità su cui concentrare l’attenzione e le risorse, in questa fase di incertezza, in particolare da parte dei datori di lavoro e dei manager?

«L’emergenza sanitaria ha senza dubbio influenzato l’andamento infortunistico e incrementato le priorità legate alla salute e alla sicurezza dei cittadini e dei lavoratori. Con il riconoscimento della piena tutela dell’Inail per i casi accertati di infezione sul lavoro da Covid-19 – come stabilito dal decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 – i dati hanno subito una sostanziale alterazione. Al 30 settembre 2020 le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail sono state 366.598, con una diminuzione del 21,8% rispetto all’anno precedente. I decessi sono 927, il 18,8% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. In totale le denunce per infezione sul luogo del lavoro causate dal Covid sono 54.128, di cui il 70,7% riguarda le donne, mentre i decessi sono 319, concentrati soprattutto tra gli uomini (84%). 

Tramite le azioni messe in campo dall’inizio dell’emergenza sanitaria, in una situazione senza precedenti, l’Istituto ha saputo dare una risposta immediata ai lavoratori e alle imprese, garantendo i propri servizi e sostenendo le vittime e le loro famiglie. Come più volte chiarito, al riconoscimento come “infortunio sul lavoro” non è collegata la responsabilità del datore di lavoro, che risponde penalmente e civilmente dei contagi di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o colpa. Nella fase estremamente delicata che stiamo affrontando, credo sia fondamentale che i datori di lavoro applichino con la massima attenzione le norme indicate nei Protocolli e le linee guida, governativi e regionali, finalizzati a contrastare il diffondersi della pandemia negli ambienti di lavoro. Continuiamo a lavorare, insieme all’Istituto superiore di sanità, all’interno del comitato tecnico scientifico per mettere a disposizione del decisore politico raccomandazioni importanti per la ripresa del Paese».

Come si dovrebbe preparare
l’Italia per garantire il benessere sul lavoro di una popolazione sempre più anziana, tenendo conto dell’evoluzione delle misure di prevenzione e di sicurezza (non solo quelle imposte dal Covid-19) nonché dell’evoluzione tecnologica, delle istanze dei sistemi produttivi, delle sfide ambientali e sociali?  
«L’Italia deve adeguarsi al cambiamento del mondo del lavoro e, con la consapevolezza di questo aspetto, dare vita a nuovi progetti e forme di tutela. Sono convinto che l’Inail sia in grado di tutelare il lavoro anche nelle sue manifestazioni più “moderne”: lavoratori su piattaforma, precari, studenti in alternanza, tirocinanti ecc. Un esempio in questo senso è stata l’introduzione a gennaio 2020 della tutela assicurativa obbligatoria per i riders di cui, secondo le nostre stime, potranno beneficiare circa 20mila persone. Il tema dell’ampliamento della platea dei soggetti assicurati dall’Inail non è più rinviabile: bisogna ricomprendere nella tutela gli oltre tre milioni e mezzo di lavoratori che tuttora non possono accedere alle prestazioni sanitarie ed economiche in caso di infortunio o malattia professionale. Il mondo del lavoro è cambiato moltissimo negli ultimi anni: pensiamo all’impatto dell’innovazione tecnologica sui processi produttivi, ai cambiamenti demografici connessi all’invecchiamento della popolazione e ai fenomeni migratori, alle nuove modalità di svolgimento dell’attività lavorativa che hanno inciso profondamente sul mercato del lavoro. È arrivato quindi il momento che anche le norme sulla protezione della salute e sicurezza ne prendano atto e si adeguino al mutato scenario. L’Inail, per quanto gli compete, è pronto come sempre a sostenere questa svolta e fare la sua parte per una revisione della normativa antinfortunistica». 


Franco Bettoni, nato a Seriate (Bg) nel 1961, ha subito
nel 1976 un infortunio sul lavoro. Ha ricoperto numerosi incarichi dirigenziali nell’associazionismo. Dall’ottobre 2019 si è insediato alla presidenza dell’Inail. 

Vista la sua esperienza come dirigente di organizzazioni del terzo settore attive nel campo delle disabilità nel mondo del lavoro, quali priorità ritiene dovrebbero avere le parti sociali, a partire dalle rappresentanze dei manager, per far evolvere le politiche a favore dei lavoratori più fragili e per tutelare al meglio la diversità, l’inclusività e il diritto al lavoro? 
«Le mie esperienze passate come presidente dell’Anmil (Associazione nazionale tra lavoratori mutilati e invalidi sul lavoro) e della Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) rappresentano un bagaglio importantissimo che metto a disposizione dell’Inail, un’organizzazione che ho conosciuto quando avevo appena 15 anni, in seguito a un infortunio sul lavoro. Dalla mia vicenda personale ho potuto comprendere l’importanza del rapporto tra lavoratore e Inail, ma ancor di più ho compreso il fondamentale ruolo dell’Istituto: non mero ente che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro infortuni sul lavoro e malattie professionali ma ente con il compito di garantire la tutela completa del lavoratore da una parte e il supporto alle imprese dall’altro, sia dal punto di vista economico che informativo. L’impegno associativo mi ha permesso di capire il mondo della disabilità nel suo complesso e di confrontarmi concretamente con le esigenze delle persone disabili… una conoscenza che credo dovrebbero avere anche le parti sociali. La priorità è quella di rafforzare la sinergia tra rappresentanze dei manager, istituzioni, enti, imprese e lavoratori, per sviluppare la cultura dell’inclusione, rafforzando progetti di reinserimento lavorativo e sociale per le persone con disabilità, persone da considerare risorse preziose per la società e non dei pesi».   

Qual è il ruolo dei manager nella gestione della sicurezza e del benessere sul lavoro?

«È un ruolo molto importante: i manager possono affermare il principio che un ambiente di lavoro sicuro è un ambiente di lavoro produttivo. Molti manager sanno che la sicurezza e la prevenzione non sono un costo ma un investimento per le aziende e agiscono seguendo questa convinzione. L’auspicio è che questa consapevolezza diventi sistemica. La prevenzione infatti è la chiave per contrastare gli infortuni sul lavoro: sia per il contagio da Covid-19 sia per tutti gli altri rischi, che purtroppo continuano a essere presenti nello svolgimento delle attività lavorative. Possiamo affermare che “grazie” all’emergenza sanitaria la cultura della sicurezza sul lavoro sta finalmente diventando centrale». 

Quale messaggio vorrebbe condividere con i manager, ovvero con le persone che devono applicare i provvedimenti per fronteggiare l’emergenza sui luoghi di lavoro e assumersene la responsabilità?

«Il messaggio è che tutto il mondo del lavoro deve fare tesoro delle numerose attività avviate nella cosiddetta fase uno e continuare ad applicare le regole stabilite dai protocolli d’intesa sottoscritti tra le parti sociali, il governo e i ministeri competenti in relazione ai diversi settori. È utile evidenziare che tali protocolli, tra le altre cose, prevedono la costituzione di comitati aziendali per la verifica dell’attuazione delle disposizioni di misure anti-contagio. Ritengo fondamentale che tutte le figure di prevenzione aziendale siano coinvolte nel monitoraggio sull’efficacia di queste misure, in particolare i manager, spesso chiamati a un ruolo di mediazione tra i lavoratori e gli imprenditori».   


Il 26 ottobre Inail ha lanciato la nuova campagna di comunicazione sul reinserimento professionale delle persone con disabilità da lavoro. Clicca qui per maggiori informazioni.


Iniziativa per la salute e la sicurezza sul lavoro
Dall’inizio della pandemia milioni di persone hanno improvvisamente iniziato a lavorare da casa, da postazioni spesso improvvisate e inadatte a garantire la salute e la sicurezza. Per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema, lo scorso 28 aprile, in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro dell’Ilo, Manageritalia e Prioritalia hanno realizzato e diffuso, in collaborazione con Skilla, un’infografica con dodici consigli su cosa fare e cosa evitare quando si lavora da casa. Un piccolo contributo per indirizzare i processi di adattamento allo smartworking nella “buona direzione”, partendo dalla consapevolezza e dalla responsabilità delle persone.

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