Corruzione:
un confronto tra Italia e Usa

La cultura della compliance come requisito per un'efficace lotta alla corruzione

NEL LONTANO 1890 NEGLI STATI UNITI D’AMERICA SI APPROVAVA LO SHERMAN ACT, prima legge antitrust al mondo. Meno di un secolo dopo, sempre il Congresso degli Stati Uniti estendeva con il Foreign corrupt practices act il contrasto alla corruzione ai reati commessi dalle proprie imprese anche all’esterno dei confini nazionali. In entrambi i casi, gli stati europei avrebbero seguito l’esempio di Oltreoceano a decenni di distanza.L’insegnamento americano indica che le due tematiche sono interconnesse poiché la corruzione (al di là dei costi e dell’ovvio disvalore etico) altera profondamente il libero gioco del mercato, permettendo (a danno della comunità) il prevalere delle aziende peggiori e l’uscita di quelle virtuose, in un esempio di scuola di cosiddetta selezione avversa.
Breve premessa: come è noto, la corruzione è per definizione un reato che richiede almeno due parti, il corrotto e il corruttore.

Contrasto alla corruzione sul versante pubblico…
Anche in Italia il contrasto alla corruzione sul versante pubblico è principalmente effettuato vincolando i funzionari a un complesso sistema di codici, leggi, regolamenti, circolari applicative e prassi operative, nazionali e regionali (senza contare le norme di derivazione comunitaria), talvolta male armonizzate tra loro. A maggior tutela sono frequentemente approvati anche codici etici interni. Controlli immanenti all’azione (da parte della Corte dei conti o organismi interni dedicati) storicamente si sono rivelati poco efficaci anche per carenza di risorse.

… e sul versante privato
Sul versante privato, il decreto legislativo 231/2001 ha di fatto indotto molte imprese ad adottare un sistema di procedure interne assai articolato, sul cui corretto funzionamento ciascuna di esse chiama a vigilare un organismo interno connotato da elevata indipendenza e correlati obblighi di denuncia in caso di irregolarità riscontrate. Se attuato in modo virtuoso, con procedure modulate su un accurato esame dei rischi inerenti l’attività, una conseguente mitigazione attraverso processi con chiari punti di controllo, costante “manutenzione” in base a cambiamenti interni o esterni, training e quanto insomma necessario per il coinvolgimento attivo di ogni dipendente in ragione delle proprie mansioni, la 231 è un sistema di aiuto all’azienda e di efficace prevenzione e contrasto alla corruzione. Viceversa, se le procedure scritte restano semplicemente sulla carta, a fronte di processi operativi in aperto contrasto con esse, è vanificato il lodevole intento del legislatore di evitare ogni responsabilità civile, penale e amministrativa per l’azienda, che fa tutto il possibile per evitare l’illecito (che a quel punto, se accadesse, si configurerebbe come comportamento individuale fraudolento) e resta senza contrappeso l’enorme potere affidato alla magistratura di bloccare le attività aziendali anche prima dell’avvio di un formale processo.

Tutti devono fare la propria parte, anche le aziende
Ne consegue che se l’impresa, per prima, non controlla al proprio interno, il contrasto alla corruzione è affidato al solo pur encomiabile impegno delle forze dell’ordine e della magistratura, che però non può raggiungere ogni situazione. Per altro verso, leggendo gli atti di alcune investigazioni e relativi processi, è facile notare che non ci si focalizza molto sulle tecnicalità delle procedure interne e sul sistema di controllo, il che chiaramente non è per l’impresa un incentivo ad affrontare i costi di un sistema 231-compliant. Pur partendo dagli stessi principi, gli Stati Uniti arrivano a conseguenze pratiche ben diverse. Per comprenderlo, bisogna parlare di costi e incentivi.

In America le imprese virtuose vengono premiate
Attivare e mantenere un solido sistema di compliance, fondato sull’identificazione e mitigazione dei rischi, ha costi molto elevati, che variano ovviamente secondo le dimensioni e la distribuzione territoriale dell’impresa. La via scelta in America per promuovere nei fatti una cultura di compliance a livello aziendale è rendere veramente rischioso per l’impresa non adottare un modello valido di contrasto alla corruzione e, correlativamente, premiare fattualmente l’impresa che lo fa.

Piano penale e piano civile
Sembra qualcosa di uguale alla 231, ma non è così. Innanzitutto, esiste un piano penale, che funziona in tempi relativamente rapidi e si focalizza sulle responsabilità penali individuali, e un piano complementare/alternativo che potremmo definire civile, che in tempi più lunghi e in contraddittorio con l’impresa che collabori, ammettendo le proprie colpe, prende in esame nel minimo dettaglio i fatti al fine di ricostruire il danno e permettere i risarcimenti, in aggiunta a pesantissime sanzioni. La decisione è presa dal dipartimento di giustizia (Doj) sulla base di molteplici fattori.

Compenso per il denunciatore americano, anonimato per quello italiano
Se al termine dell’inchiesta amministrativa si accerta la fondatezza dell’esposto, il whistleblower (“colui che ha fischiato”, il denunciante) riceve un compenso in danaro parametrato all’importo delle sanzioni inflitte all’impresa (non è così in Italia, dove al whistleblower è garantito solo l’anonimato e nessuna forma premiante). Dal canto suo l’impresa non solo deve risarcire il danno (spesso inteso in senso assai punitivo) e pagare la sanzione (normalmente molto onerosa), ma deve impegnarsi ad attuare un minuzioso piano concordato di revisione dei propri processi interni (tramite un Corporate integrity agreement), sotto la supervisione del Dipartimento di giustizia. Training a tappeto su tutto il personale in materia di corretto comportamento (ossia sul codice etico) sono obbligatori, di norma con frequenza annuale.

In America assistenza indiretta ai danneggiati
In altre parole, il sistema non si preoccupa solo di “sbattere in galera” il colpevole ed evitare che il reato venga a più gravi conseguenze, ma pragmaticamente mira ad assistere indirettamente la platea dei danneggiati ripristinando la fiducia pubblica, recuperando attraverso le sanzioni maggiori risorse per le attività di contrasto e sincerandosi che l’impresa colpevole attui gli impegni di compliance.Tornando agli aspetti premiali, se viceversa l’impresa decide sin dall’inizio di “fare la cosa giusta”, essa può seguire le linee guida pubblicate dall’Ufficio dell’ispettore generale del dipartimento di Giustizia (OigG – Doj) che indica il tracciato virtuoso (nel box, i sette pilastri su cui si fondano le dettagliate istruzioni).

7 ELEMENTI DI BASE DI UN PROGRAMMA EFFICACE DI COMPLIANCE

  1. Politiche e procedure scritte
  2. Designazione di un responsabile e di un comitato di compliance
  3. Controllo interno e revisione
  4. Formazione efficace e istruzione
  5. Efficaci linee di comunicazione
  6. Applicazione di standard attraverso linee guida disciplinari
  7. Pronta risposta per individuare i problemi rilevati attraverso azioni correttive


Per maggiori informazioni sul sistema di compliance in Usa: Offices of the United States Attorneys e Corporate Corruption

Per una panoramica dello stato della corruzione nei diversi paesi del mondo visita Transparency International, Global e Italia 

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