La città è chiusa, in giro c’è poca gente salvo chi è in coda davanti ai supermercati, alle farmacie, alle boulangerie. Per alcuni giorni è stato difficile trovare farina, lievito e uova. Le restrizioni per la popolazione sono simili a quelle adottate in Italia, anche se ci sono alcune differenze. È consentito, per esempio, uscire un’ora al giorno per passeggiare o correre, da soli, nel raggio di un chilometro da casa. Le autocertificazioni per gli spostamenti possono essere fatte online, tramite un’app del ministero dell’Interno che registra nome, data, luogo e motivi dell’uscita. Alcune scuole sono rimaste aperte per accogliere i figli di chi non può lavorare da casa, come il personale sanitario.
Abito in un quartiere, la Croix Rousse, la cui socialità abituale è segnata dalla presenza di un grande mercato all’aperto dove ogni giorno si trovano i banchi di decine di piccoli produttori alimentari dei dintorni.
Quando il mercato ha chiuso è nato un movimento di solidarietà nei loro confronti. Il Comune e un’associazione del quartiere si sono organizzati per mantenere in piedi la loro rete distributiva. Oggi si fanno gli ordini telefonicamente o via email e si incontrano gli agricoltori nei locali di alcune attività al momento chiuse o all’angolo della strada.
L’ospedale in cui lavoro fa parte degli Hospices Civils de Lyon che, in coordinamento con le strutture private della città, si è preparato ad affrontare il virus a partire da metà marzo, quando la Francia ha deciso di seguire la strada della chiusura totale delle attività che aveva preso l’Italia. Per accogliere i pazienti covid, sono state rinforzate le capacità della terapia intensiva e sono state bloccate tutte le attività operatorie non urgenti. La regione di Lione, l’Auvergne Rhône-Alpes, per fortuna non è per il momento particolarmente colpita dal contagio rispetto ad altre zone della Francia.
Anche qui chi lavora nella sanità riceve un’attenzione particolare. Alle otto di sera ci sono gli applausi dedicati ai lavoratori della sanità, con molta gente che si affaccia alle finestre e un bel sentimento di partecipazione. All’ospedale sono arrivati spesso grandi pacchi con eccedenze di cibo. La situazione per l’assistenza sociale invece è difficile: i servizi sul campo sono quasi fermi e molte persone indigenti – anziani soli, famiglie con bambini, donne, immigrati – vivono questo periodo in condizioni di grave disagio.
Rispetto alla percezione dell’Italia, alle notizie che ricevo, anche se aumenta l’insofferenza per l’incertezza generale, mi sembra che in Francia l’emergenza sia vissuta con meno emotività. Forse perché è arrivata dopo, forse perché c’è maggior coordinamento tra le istituzioni. In ogni caso, in campo medico, ci si basa molto sull’esperienza italiana, anche perché alcuni dei maggiori esperti di rianimazione sono i medici italiani attivi in Lombardia.
Per le prossime settimane mi aspetto una “normalizzazione”, dovremo adattarci alla situazione, sperando di esseri presto liberi. All’ospedale penso che sarà mantenuta una situazione di allerta ma che riprenderanno gli interventi non urgenti che sono stati sospesi. Personalmente spero di poter tornare a viaggiare e venire in Italia. Sarei dovuta venire a trovare amici e familiari qualche giorno fa ma ovviamente ho rinunciato.