Congresso Manageritalia: il futuro della conoscenza in 6 punti

Spunti e riflessioni dalla quarta tavola rotonda dei lavori congressuali, lo scorso 15 novembre. I concetti chiave emersi durante il dibattito con Romano Benini, giornalista Rai e docente universitario, Guido Carella, presidente Manageritalia, Pierluigi Celli, presidente Sensemakers, Antonello Giannelli, presidente ANP

Tecnologia, formazione, scuola, orientamento. In altre parole, conoscenza. Questo il tema della quarta tavola rotonda che ha animato il congresso Manageritalia. 

Tecnologia: un attore da gestire

Pierluigi Celli: «Abbiamo smesso di considerare le tecnologie come strumenti. Oggi guidano i processi. Sono autonome dai bisogni immediati. Creano bisogni futuri. È importante riuscire a interpretare la tecnologia dei nostri tempi. Ci sono trend incontrollabili poiché le tecnologie rendono i mercati totalmente diversi rispetto a un tempo. Aboliscono gli spazi, aboliscono i confini. O abbiamo persone in grado di attraversare i confini o siamo morti. I confini stanno scomparendo e si pongono attorno a ciascuno di noi.

La tecnologia cambia la situazione. Cambiando i confini, cambia il tempo e lo spazio. La tecnologia oggi è un attore: non può essere trattata come uno strumento, batte il tempo. Allo stesso tempo dobbiamo considerare che molto verosimilmente nei prossimi anni nasceranno non solo professioni tecnologiche ma anche manuali. Se la conoscenza si trasmette, le competenze si acquisiscono. C’è una saggezza delle mani che abbiamo dimenticato e che andrebbe reinserita nelle scuole. Se noi inserissimo anche attività manuali all’interno di scuole teoriche faremo un grande favore a quelli che entrando nel mondo del lavoro devono saper maneggiare le cose, avendo acquistato una sensibilità nelle mani. Le sensazioni e le percezioni sono diverse. Dobbiamo togliere astrattezza rispetto a quello che insegniamo.

Mismatching tra scuola e mercato del lavoro

Romano Benini«I nostri ragazzi arrivano dopo le nostre politiche. Se siamo il terzultimo paese al mondo con mismatching è perché siamo indietro nell’orientamento. Differenza nella strumentazione e nell’accesso alla strumentazioni da parte dei giovani. Se le nostre famiglie sono disorientate vanno incontro a rischi per il futuro professionale dei nostri figli. C’è la necessità di informare i giovani e le famiglie su quali sono i percorsi richiesti dal mercato. La tecnologia è lo scenario di riferimento e impatta in modo diverso. Siamo il paese delle 4 a abbigliamento, agroalimentare, automotive e arredo-casa: è fondamentale riavvicinare i nostri giovani attraverso un’attività di orientamento e formazione. Non dobbiamo ispirarci necessariamente alla Germania, dove un ragazzo a 16 anni deve sapere cosa fare nel futuro.

Il rischio da noi è arrivare a 25 anni con competenza teorica senza competenze soft, competenze che permettono un accesso all’informazione, elementi che mi fanno selezionare dall’azienda. Oggi ai ragazzi chiediamo di fare un lavoro che appassiona. Dobbiamo permettere di fare ciò che ci piace fare. In Italia tutti sappiamo che abbiamo bisogno di cuochi. Ma in realtà ciò di cui abbiamo bisogno è persone che sappiano fare veramente bene il loro lavoro. Le scuole che riescono ad avere un rapporto con le imprese e portare i ragazzi nelle botteghe artigiane, apprendistato formativo, duale, fanno scattare quella consapevolezza senza la quale qualsiasi decisione si fa fatica da prendere. Abbiamo 3 milioni di potenziali di nuovi posti di lavoro nei prossimi anni. Servono giovani che abbiano quella cosa di fare, fiducia di rimettersi in gioco, il titolo di studio da solo non conta.

Orientamento e formazione vere priorità

Giannelli: «Sull’alternanza scuola-lavoro abbiamo investito pochissimo, 100 milioni di euro di investimento, poi dimezzati. Non riusciamo a trarre insegnamento da quello che facciamo. Una riforma come quella avrebbe dovuto durare per un certo numero di anni per poi trarre delle conseguenze. Siamo arrivati appena appena al punto di regime e poi abbiamo spento il motore. Finché si fanno riforme così si buttano via i soldi. L’alternanza scuola lavoro in Germania ha azzerato la disoccupazione giovanile. Nel sud abbiamo il 50% di disoccupazione giovanile. In Italia abbiamo un 25% di tasso di abbandono scolastico. Si tratta di numeri enormi. Dedichiamo pochissima attenzione ad aspetti collaterali che invece è fondamentale come l’orientamento. Le famiglie non hanno idea di come formare i loro ragazzi. Il miglioramento della qualità della vita dipende per il 50% dalla famiglia. Conta molto di più l’origine famigliare rispetto alla scuola o la meritocrazia. Il 15% in Danimarca, l’85% dipende dal merito scolastico. Il 17% in Finlandia.

L’alternanza andrebbe ripotenziata subito

Giannelli:«Non ci siamo mai affrancati dalla riforma Gentile, non siamo un paese dalle radici empiristiche come l’Inghilterra. Non si deve pensare di avere una visione idealistica a priori nelle quali la realtà deve accomodarsi per forza. Il lavoro pratico va ripotenziato. Non ha senso che gli studenti studino a memoria tante nozioni se poi non le sanno mettere in pratica. La nostra tendenza è più a fare la testa ben piena anziché una testa ben fatta».

Carella: «La sfida è come si fa a formare dalla scuola. Sono previsti 224 miliardi incremento Pil prossimo decennio secondo una ricerca McKinsey, a condizione che si facciano progetti innovativi. La gran parte di questi fondi viene impiegata nella formazione obbligatoria, nei programmi di sicurezza e di tutela obbligatori, anziché nella trasformazione digitale. Dal nostro punto di osservazione possiamo notare che ben 4.000 dirigenti all’anno passano dai momenti formativi del Cfmt. Nella categoria manageriale il turnover è molto alto. C’è un problema di riqualificare le persone rimaste senza lavoro».

Celli: «I giovani sono quasi tutti nativi digitali. Il problema non è saper usare la tecnologia ma l’uso che possiamo farne. La tecnologia, abolendo confini e tempi, rende tutto connesso e tutto disponibile. Il rischio è che i ragazzi si rendano conto che è più facile cercare che imparare. Nel trovare io esaurisco la mia competenza. La conoscenza vera bisogna conquistarsela. Non c’è conoscenza senza fatica. Le tecnologie mettono insieme informazioni. Le tecnologie senza confini sollecitano le persone su un eccesso della prestazione. Devo avere continuità sui risultati, formazione ecc.».

Enfasi sulle prestazioni

CelliLa nostra civiltà attaccata alla prestazione genera stanchezza. Quando subentra la stanchezza ci si rassegna. La scuola e l’università non creano anticorpi. L’università non se ne occupa: togliete l’università ai professori, l’università ha bisogno di maestri, di gente che si occupa della formazione, di lasciare in dote competenze, sensibilità, emozioni. Oggi gli accademici non si occupano degli studenti. Abbiamo bisogno di creare un sistema in cui i ragazzi arrivino strumentati dal punto di vista di come maneggiare il mondo in cui andranno a lavorare. Discernere è capacità di capire quando le cose vanno in un modo o nell’altro. È la capacità di avere un pensiero oggi desueto e svalutato. Oggi siamo abili a pensare a ottenere le cose ma non sappiamo a cosa serve. Il pensiero critico, quello greco, che prima di spingerci a fare delle cose ci spingeva a capire cosa le cose servivano. I nostri ragazzi andranno in un mondo del lavoro frammentato e si dovranno confrontare in una legione straniera dei talenti».

Benini:«L’uomo fa e agisce. Fa attraverso la competenza tecnica e agisce attraverso le relazioni. Oggi dobbiamo riprendere il rapporto tra competenza tecnica e capacità relazionale, perché facciamo quello che vogliamo fare. Le scuole oggi chiedono consapevolezza, voglia di fare, capacità di agire. Il quarto capitalismo non è il terzo, è il capitalismo delle connessioni».

L’obsolescenza dei saperi 


Giannelli:«Assistiamo a una vera e propria obsolescenza dei saperi. Dobbiamo avere una mentalità più orientata al problem solving. Spostare il focus dalle nozioni singole alla capacità di risolvere i problemi. Penso che sia più un fatto culturale difficile da risolvere dal basso. Dobbiamo superare le rigide distinzioni tra le materie. Il sapere è fatto di nessi. Le discipline che si insegnano a scuola sono un distillato della conoscenza degli uomini accumulata nei secoli. Il metodo in cui acquisiamo conoscenza è quello sperimentale. Dobbiamo sviluppare il senso critico».

Carella: «I giovani sono pronti a imparare a imparare. Tutto nasce dal modello relazionale. Dall’asilo all’azienda».

Elias Canetti: «Chi ha il potere non lo vuole perdere. La permanenza è la legittimazione di chi sta al potere. Il capo è sempre schiavo del suo corridoio. La corte brumosa. Nell’impresa innovativa non trovere la corte brumosa».

Giannelli: «In Finlandia è normale che il preside assuma gli insegnanti».

Carella: «In preparazione il portale un ponte sul futuro per under 18 e over. Per gli under 18 l’obiettivo è fare alternanza scuola lavoro. Over 18 orientarli nella scelta degli studi, del lavoro, una volta in azienda orientarli con l’attività di coaching e tutoraggio, mettere a disposizione strumenti che permettano di costruire passo dopo passo il loro futuro. Attraverso il Cfmt abbiamo dato il diritto soggettivo della formativa continua. Vogliamo mettere a sistema tutte le politiche attive, le normative, tutto quanto può essere utile per avere il diritto dovere della propria occupabilità. In Francia Apec tutta la comunità manageriale riceve questo servizio. Il tasso di disoccupazione della comunità manageriale è del 4%».

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