Soft skills e GenAI: la leadership che trasforma il cambiamento in opportunità

Come costruire una leadership capace di connettere innovazione, benessere e opportunità? Ne parleremo venerdì 21 novembre dalle 12 alle 13 durante un nuovo appuntamento del ciclo Friday’s Manager di XLabor, divisione del mercato del lavoro di Manageritalia
leadership e intelligenza artificiale

Viviamo n un’epoca ricca di sfide, in cui il cambiamento sembra essere una costante. In particolare, la Generative AI rappresenta l’innovazione più “disruptive”: tra timori e falsi miti, occorre riconoscere come questa sia in grado di amplificare le capacità umane, liberando spazio per empatia, visione e autenticità.

Venerdì 21 novembre dalle 12 alle 13 (sede XLabor– Via Fatebenefratelli 19 Milano e online sui canali social LinkedIn, Facebook, Youtube Manageritalia) un nuovo appuntamento del ciclo Friday’s Manager, Soft skills e GenAI – La leadership che trasforma il cambiamento in opportunitàCLICCA QUI PER REGISTRARTI, organizzato come sempre da XLabor, divisione del mercato del lavoro di Manageritalia. Approfondiremo le cinque dimensioni dell’Essere (fisica, mentale, emotiva, relazionale, spirituale) come bussola per una leadership consapevole che integra AI e intelligenza umana per creare benessere e valore sostenibile.

Questo interessante confronto avverrà con Carmen Carulli, C-level Executive, TEDx Speaker, Coach & Mentor, autrice di “Leadership dell’Essere”,

Le abbiamo posto in anteprima alcune domande.

Nel tuo libro “Leadership dell’Essere” parli di cinque dimensioni fondamentali dell’essere umano. Come possono queste dimensioni guidare i leader nell’era della GenAI?

«Nell’era della GenAI, le cinque dimensioni diventano la bussola per una leadership pienamente umana. Viviamo in un mondo in continuo cambiamento, dove la tecnologia non ci chiede solo nuove competenze, ma una nuova consapevolezza di noi stessi.

Oggi più che mai serve riscoprire le nostre soft skills per usare l’intelligenza artificiale come leva di crescita e non come sostituto dell’uomo.

La dimensione fisica ci riporta alla presenza: alla capacità di esserci davvero, con corpo, energia e attenzione.

La dimensione mentale ci guida a pensare in modo critico, a distinguere il vero dal verosimile, a porre le domande giuste prima ancora di cercare risposte.

La dimensione emozionale ci ricorda che l’empatia non è programmabile: solo un leader capace di ascoltare e comprendere può dare significato ai dati.

La dimensione relazionale costruisce fiducia, collaborazione e senso di comunità, perché l’intelligenza artificiale ha valore solo se al servizio dell’intelligenza collettiva.

E infine, la dimensione spirituale dà direzione e scopo: in un tempo in cui l’AI automatizza tutto, è il perché umano a orientare le scelte etiche. In fondo, la vera sfida non è diventare più tecnologici, ma restare più umani».

In che modo la GenAI può diventare un alleato per sviluppare soft skills come empatia, ascolto e intelligenza emotiva, anziché sostituirle?

«La GenAI può essere un grande alleato nello sviluppo delle soft skill, ma solo se impariamo a usarla come uno specchio, non come una sostituzione.

Può aiutarci a comprendere meglio noi stessi e gli altri, perché diventa un osservatore che ci restituisce ciò che comunichiamo: come parliamo, quali parole scegliamo, che tono usiamo.

Oggi esistono strumenti di intelligenza artificiale che già ci accompagnano in questo percorso:

Wysa, ad esempio, è un app di AI coaching emotivo che utilizza il linguaggio naturale per aiutarci a gestire lo stress, riflettere sulle emozioni e sviluppare auto-consapevolezza.

Replika, invece, stimola l’intelligenza relazionale: un compagno virtuale con cui allenare empatia, gentilezza e comunicazione autentica.

E ancora, Otter.ai trascrive e analizza le conversazioni, permettendoci di rileggere il nostro modo di ascoltare e rispondere, potenziando il listening attivo.

Crystal Knows, invece, analizza lo stile comunicativo e la personalità dei nostri interlocutori, offrendoci spunti su come adattare il linguaggio per creare connessioni più empatiche e rispettose.

Ma l’AI non ci rende empatici. Può solo amplificare la nostra empatia, se scegliamo di usarla per capire, non per controllare. La vera intelligenza emotiva nasce dal dialogo tra consapevolezza e tecnologia, tra mente e cuore».

Secondo te, quali sono le sfide principali che i leader devono affrontare oggi per integrare l’innovazione tecnologica con il benessere delle persone?

«La sfida più grande per i leader oggi non è adottare la tecnologia, ma umanizzarla. Le sfide principali, a mio avviso, sono 3.

La prima è gestire l’equilibrio tra performance e presenza umana. La tecnologia può ottimizzare i processi, ma non può generare fiducia. Per il leader è importante ritrovare il valore dell’ascolto, della pausa, del confronto reale.

La seconda è allenare nuove competenze emotive. In un mondo in cui l’AI replica l’intelligenza cognitiva, il vero vantaggio competitivo è l’intelligenza emotiva: empatia, vulnerabilità, capacità di leggere il non detto. Oggi il leader deve essere in grado di “sintonizzarsi”, non solo di pianificare.

La terza è coltivare una cultura etica dell’innovazione. La tecnologia dipende da come la usiamo. Il leader ha il compito di orientarla al servizio delle persone, per fare da ponte tra il dato e il valore, tra il potere della macchina e l’essere umano».

Come può un’organizzazione costruire una cultura manageriale che valorizzi sia la performance che la consapevolezza personale?

«Una cultura manageriale evoluta nasce quando performance e consapevolezza non sono più in conflitto, ma in sinergia. Un manager consapevole crea valore autentico.

Per costruire questa cultura servono tre leve fondamentali. Si parte dall’utilizzo di metriche più evolute di performance. La GenAI ci offre enormi possibilità, ma non è neutra: porta con sé bias e interpretazioni distorte.

Per questo va integrata con gli “alternative data”, basi solide e oggettive che permettano di “pulire” e arricchire il dato, collegandolo alle informazioni di contesto e alla realtà umana che rappresenta.

La seconda è la formazione trasformativa, non solo tecnica. Non basta insegnare strumenti di management. Serve creare percorsi che integrino intelligenza emotiva, ascolto, empatia e gestione di sé, per essere più capaci di valorizzare i talenti altrui.

La terza leva è creare spazi e rituali di riflessione. La consapevolezza nasce dal rallentare. Momenti di debriefing, feedback costruttivo, coaching interno, journaling o anche solo una pausa consapevole, aiutano i manager a osservare, comprendere e reindirizzare le proprie energie».

Qual è il tuo ruolo del coaching e del mentoring nel preparare i leader del futuro a guidare con autenticità in un mondo sempre più complesso e interconnesso?

«Mi occupo di sviluppo organizzativo e opero in contesti di cambiamento, supportando aziende nel trasformare la complessità in opportunità.

Lavoro molto con i dati e per questo utilizzo tecniche avanzate che integrano “alternative data” come base di partenza per creare benchmark delle aziende e delle skills delle persone che ci lavorano al suo interno, rispetto al mercato ed ai competitor diretti.

Il fine è quello di identificare gap, potenziali di sviluppo e di saving nel contesto di riorganizzazione delle risorse.

Questo mi permette dopo di andare deep dive sul management con bilanci delle competenze e assessment delle soft skills per definire i piani di crescita, reskilling e/o upskilling, sia a livello di gruppo sia individuale, supportando nell’utilizzo di applicativi di GenAi al fine di rendere agile l’intera organizzazione.

Le tecniche di coaching e mentoring vengono così integrate in tutto questo per preparare i leader al nuovo contesto, nel guidare con autenticità e consapevolezza, per favorire decisioni strategiche e sviluppare una leadership resiliente e ispiratrice».

Se potessi dare un consiglio a un giovane manager che si affaccia oggi al mondo del lavoro, quale sarebbe il primo passo per sviluppare una leadership dell’ essere?

«Il primo passo per sviluppare una leadership dell’essere è imparare a conoscere noi stessi e a prendere decisioni consapevoli.

Cosa fare quindi:

  1. Allena il pensiero critico: chiediti sempre perché stai prendendo una decisione, quali ipotesi sottostanno alle tue scelte, quali alternative non stai considerando e come le emozioni influenzano il tuo giudizio.
  2. Riconosci i tuoi bias e chiedi feedback: circondati sempre di prospettive diverse, confrontandoti apertamente: è un atto di umiltà e coraggio.
  3. Trova il focus: identifica le distrazioni principali, capisci le tue priorità e agisci secondo ciò che conta per te, sulla base dei tuoi valori. Strumenti semplici come la matrice di Eisenhower (Importante vs Urgente) aiutano a tradurre le priorità in azioni concrete.
  4. Traduci visione in azione: non basta avere una visione: stabilisci obiettivi chiari, definisci il tuo piano di azione e procedi con costanza.

Tutto questo ci permette di sviluppare consapevolezza, coraggio e focus per guidare con autenticità, costruire fiducia nel nostro team e ottenere risultati concreti senza perderci nella routine quotidiana».

FRIDAY’S MANAGER – Soft skills e GenAI – venerdì 21 novembre 12-13 (sede XLabor- Via Fatebenefratelli 19 Milano e online sui canali social LinkedIn, Facebook, Youtube Manageritalia) – CLICCA QUI PER REGISTRARTI.

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