Thierry Nadisic, Thierry Picq professori di management presso EM Lyon Business School
Il nostro libro è una raccolta di racconti. Testimonianze autentiche presentate in forma narrativa su crisi profonde vissute nel lavoro da manager. Abbiamo voluto unire il nostro mestiere di ricercatori, che consiste nel rivelare il funzionamento delle aziende per permettere di viverle e gestirle meglio, al piacere di raccontare storie. Pensiamo che sia un modo efficace per raggiungere le persone, siano esse manager o, semplicemente, curiose della vita nelle organizzazioni.
Abbiamo inoltre aggiunto a ogni testimonianza l’analisi di un esperto del problema centrale (una psicologa che affronta il burnout, una chief of staff specializzata in gestione di progetto, un ricercatore nel campo del change management…). Questo aiuta il lettore a trarre insegnamenti dalle storie.
Solitudine, difficoltà e malfunzionamenti organizzativi
Temi come disimpegno, discriminazione, mobbing o perdita di senso sono spesso evocati e denunciati negli articoli accademici e nella stampa professionale, ma raramente in riferimento ai manager, che ne sono colpiti come ogni altro lavoratore. È dunque importante rendere conto della loro esperienza, poiché sono proprio loro l’anello chiave tra il livello strategico e quello operativo.
Il libro mostra che i manager si trovano al centro dei paradossi in cui le organizzazioni si dibattono. Questo si traduce in shock, che percepiscono come ingiustizie che causano sofferenza e senso d’impotenza. Solo in un secondo momento riescono a trovare strategie per cavarsela.
Purtroppo, raramente sono in posizione di trasformare l’organizzazione. Spesso, i manager sono molto soli. Non sempre sono in grado di comprendere la connessione tra le emozioni forti che provano, le relazioni difficili con le persone e ciò che c’è dietro, cioè i malfunzionamenti organizzativi. Ma le loro testimonianze sincere e profonde che abbiamo raccolto, unite alla prospettiva degli esperti, aiutano il lettore a capire come si potrebbero cambiare le imprese per renderle più giuste ed efficaci
Manager tra due fuochi
I manager sono tra due fuochi: devono trasformare la pressione che arriva dall’alto in energia positiva per coinvolgere i collaboratori nell’azione collettiva e, al contempo, trasformare i sentimenti di in giustizia che arrivano dal basso per convincere i superiori a correggere norme e regole di lavoro. Spesso, si “bruciano” in queste operazioni, senza un supporto all’altezza delle responsabilità che devono assumere.
Non è sempre chiaro che fanno parte di un sistema soggetto a forze che li superano. I loro superiori spesso, in caso di conflitto, ripetono: “Siate professionali, mettete da parte i vostri sentimenti personali!”, dimostrando una scarsa comprensione della dinamica in gioco, che in realtà è legata all’organizzazione e non alle persone. Si chiede loro di essere efficienti e allineati, senza rendersi conto che ciò implica la possibilità di esprimere critiche al cuore dell’organizzazione.
In generale, si considera che siano responsabili di un processo produttivo e non si dà abbastanza peso al fatto che sono in prima linea a gestire una vera e propria società umana. Non stupisce che la funzione manageriale non attiri più, come dimostrano molti studi recenti.
La necessità di una maggiore consapevolezza
I manager spesso non sono ben formati alla consapevolezza delle dinamiche umane complesse e alla necessità di strutturare missioni e compiti a monte. Citiamo alcuni esempi tratti dal libro. Paolo gestisce un progetto di digitalizzazione e viene fortemente messo in discussione in riunione dalla sua stessa collega senior, responsabile del progetto.
Dietro questa apparente ingiustizia relazionale, si cela la mancanza di professionalità dell’azienda nella definizione di una governance efficace. Julien è vittima di mobbing da parte del suo direttore in Cina, perché quest’ultimo non sa gestire la pressione né ha mai imparato a dirigere un team. Yacine, ingegnere esperto, va in burnout a causa di un malinteso con il suo capo, in un’azienda priva di pratiche di gestione dei conflitti. James è destabilizzato mentre gestisce un cambiamento legato a una fusione-acquisizione, ignorando la dimensione culturale e umana.
Discriminazioni e mancanza di etica
Altri racconti riguardano comportamenti discriminatori e non etici: Sophie è maltrattata perché donna, Bruno viene tradito dal suo socio, Innocent è vittima di razzismo da parte di un collega. Queste situazioni sembrano causate da persone “tossiche”, ma si verificano perché la cultura aziendale le tollera e non ha politiche e procedure adeguate.
C’è infine una categoria particolarmente interessante: quella dei comportamenti non etici volontari della direzione. A Géraldine viene chiesto di continuare a vendere un farmaco noto per essere pericoloso; ad Arnaud viene negata una promozione a favore di un amico del direttore; ad Arun viene imposto un trasferimento senza informarlo; un dirigente paternalista si vendica su Marcello per mancanza di “lealtà”.
In tutti questi casi, la direzione cerca di aggirare le regole per ottenere vantaggi a breve termine, senza accorgersi di compromettere la fiducia e l’efficacia collettiva nel lungo periodo.
Due storie emblematiche: Sophie e Julie
Sophie, manager in una società finanziaria, quando annuncia la gravidanza e la volontà di prendere 18 mesi di congedo parentale, viene subito esclusa e, al rientro, completamente marginalizzata. Un giorno, il suo superiore entra nell’open space, si appoggia sulla sua scrivania voltandole le spalle e parla con un collega senza nemmeno guardarla. Quando lei gli chiede di non comportarsi così, lui risponde che per lui non vale più di una pila di documenti da spostare.
La violenza e l’umiliazione sono enormi. Sophie non si arrende e segnala l’accaduto alle risorse umane. In seguito, il superiore le fa capire che un manager deve sapere incassare, soprattutto quando “disturba”, e che non deve lamentarsi. Questo episodio spinge Sophie a formarsi a proprie spese per accrescere le sue competenze e cambiare lavoro.
Un’altra storia toccante e rivelatrice dell’ipocrisia organizzativa è quella di Julie. La sua azienda le approva un master in management sostenibile, coerente con la nuova strategia “tutto sostenibile”, ma al suo rientro non riesce a trovare un ruolo. I direttori le dicono che lì si fa profitto, non “cambiano il mondo” o “infilano perline”. Quando finalmente trova un ruolo adeguato, viene emarginata perché considerata un’“ecologista militante”. Costretta a lasciare, fonda una sua attività di consulenza in sviluppo sostenibile. Con il senno di poi, capisce di essere rimasta intrappolata tra i discorsi ufficiali della direzione e i sistemi organizzativi ancorati alla logica finanziaria. Ma sul momento ha vissuto una dolorosa messa in discussione della sua identità professionale.
Alla ricerca di alleati
I manager che vivono ingiustizie devono prima di tutto capire che si tratta di situazioni comuni e che il più delle volte queste non dipendono dalle loro competenze o dal loro atteggiamento, ma da dinamiche collettive e organizzative. Questa consapevolezza è fondamentale per non perdere fiducia in sé stessi e non cadere vittime di sindromi destabilizzanti che possono danneggiare anche la salute mentale e fisica.
È essenziale non restare isolati, cercare alleati: famiglia, amici, colleghi, HR, sindacati. Come ultima risorsa, ci si può rivolgere ai tribunali o cercare un nuovo lavoro in un contesto più favorevole. Infine, molte ingiustizie si giocano fin dall’inizio. Qual è stato il “contratto psicologico” instaurato fin dall’inizio del rapporto di lavoro tra l’azienda e la persona?
Intuiamo e comprendiamo molto presto nella relazione che, se c’è mancanza di rispetto, manipolazioni o violenze, in caso di difficoltà non verremo ascoltati e nessuno si prenderà cura di noi. In senso più generale, è fondamentale trovare il giusto equilibrio tra l’impegno al servizio del progetto collettivo dell’azienda e la protezione e lo sviluppo delle proprie competenze per mantenere la propria occupabilità.
Un #MeToo per i manager?
Dal punto di vista sociale, le esperienze negative vissute dai manager non vengono rese pubbliche. Non esiste ancora un “#MeToo” per loro. Libri, giornali, social network, club di confronto e associazioni professionali come Manageritalia hanno un ruolo importante da svolgere nel dare visibilità alle esperienze individuali e trasformarle in azioni collettive. I manager hanno bisogno di spazi sicuri e accoglienti in cui possano condividere le proprie difficoltà, scambiarsi esperienze e trovare conforto nell’ascolto di una comunità che non li giudica e li aiuta a prendere le distanze emotive. Questo è un ruolo determinante per le organizzazioni professionali, attori terzi tra le persone e le organizzazioni, per permettere ai manager di gestire al meglio queste situazioni.
Riconoscere il valore per produrre valore
Infine, è tempo che le aziende si rendano conto che, oltre all’imperativo morale di agire con etica e giustizia verso i propri manager, si tratta anche di una questione di efficienza economica. Le reazioni dei protagonisti delle storie che abbiamo raccontano lo dimostrano chiaramente: le ingiustizie portano alla perdita di talenti che contribuivano alla creazione di valore e, in modo più profondo, destabilizzano le dinamiche di fiducia e cooperazione. Per sviluppare una capacità di performance e una crescita sostenibile dell’impresa, il principio di giustizia deve trovare pieno spazio al cuore delle organizzazioni.
Les managers aussi vivent des injustices
12 récits analysés par 12 experts –Thierry Nadisic, Thierry Picq (Dunod)
MANAGERITALIA ACCANTO AI MANAGER, SEMPRE
Manageritalia, insieme alle sue Associazioni territoriali, offre un supporto prezioso ai manager che si trovano ad affrontare difficoltà lavorative dovute a un clima difficile, che talvolta può sfociare in episodi di vero e proprio mobbing. I servizi messi a disposizione includono prima di tutto un’approfondita consulenza sindacale per affrontare le problematiche legali e contrattuali e gestire al meglio la situazione sotto il profilo contrattuale e giuslavoristico. A questi si affiancano anche servizi di supporto psicologico, nello specifico BeneEssere Manager, pensati per gestire lo stress e le conseguenze emotive. L’obiettivo è fornire un aiuto completo e personalizzato, affinché i manager non si sentano soli nei momenti più difficili delle loro sfide professionali. Vedi su www.manageritalia.it > Servizi > Dirigenti – Quadri – Professional