Innovation Manager chi? Luca Genovese

A tu per tu con Luca Genovese, Founding Partner Cross Hub Executive Manager specializzato su tematiche di marketing management, innovazione e startup, project e performance management e manager dell’innovazione inserito nell’Elenco ufficiale di Innovation Manager di Manageritalia XLabor

Se sei un’azienda per fare la trasformazione digitale serve managerialità e un Innovation Manager. Oggi è un must per competere e stare sul mercato. Le aziende per fruire dei finanziamenti del MISE e per avere un Innovation Manager di qualità devono prenderlo dall’Elenco ufficiale di Innovation Manager di Manageritalia XLabor per il MISE.

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Tu sei un Innovation Manager certificato e presente nell’elenco del MISE e hai fatto tutto l’iter con Manageritalia e XLabor, una bella soddisfazione e qualcosa di utile per te e per le nostre imprese?

Esatto. Si può dire, in effetti, che sia stato uno dei primi manager a sottoporsi all’iter di accreditamento di XLabor e ad entrare nell’elenco ufficiale degli Innovation Manager di Manageritalia e del MISE.

Essendo coinvolto ormai da anni su diversi progetti di innovazione organizzativa e tecnologica, sia in contesti aziendali che di ricerca scientifica, è stato abbastanza naturale per me avviare il processo di accreditamento previsto dal decreto ministeriale del 7 maggio 2019.

Come hai trovato l’iter di valutazione per entrare nell’elenco Manageritalia XLabor e poi nella vetrina del MISE?

L’iter previsto da Manageritalia e XLabor è stato abbastanza articolato ed ha richiesto diversi step di valutazione sia delle hard skills che delle soft skills, anche mediante il ricorso a test Hogan sulla personalità e sulle tendenze comportamentali. Un valore aggiunto rispetto alla semplice autodichiarazione delle competenze ed esperienze su tematiche di innovazione !

Veniamo al tuo campo d’azione. Cos’è e quali vantaggi offre la trasformazione digitale a un’impresa?

Al di là della capacità di accrescere significativamente i livelli di efficienza ed efficacia dei processi operativi, la digital trasformation rappresenta per le aziende un’opportunità irripetibile per “ripensare” il proprio modello di business e “riscrivere” le regole della competizione del proprio settore. La storia degli ultimi anni è ricca, infatti, di storie di successo costruite sulla capacità di “saper vedere”, prima degli altri, le molteplici opportunità generate dalla digital trasformation. Basti pensare ad aziende come Netflix, nata come azienda di noleggio DVD e VHS per corrispondenza ed oggi uno dei principal player internazionali della tv on demand.

Questo vale anche per una Pmi (comunque il voucher è rivolto alle imprese sino a 250 dipendenti)?

Soprattutto per una PMI ! Così come né può decretare il rapido successo, la digital trasformation può condizionare anche la stessa sopravvivenza delle aziende che non riescono ad adeguarsi rapidamente al cambiamento che le opportunità generate dalle nuove tecnologie digitali impongono. Si parla non a caso sempre più spesso di una sorta di darwinismo digitale !

Cosa serve a un’impresa (in particolare a una PMI) per intraprendere veramente questa trasformazione (cultura, managerialità, soldi…)?

La vera rivoluzione è principalmente di tipo culturale: solo con una nuova visione, libera dai condizionamenti e dalle vecchie logiche di business, si possono cogliere davvero le diverse opportunità generate dai processi di “trasformazione digitale” in atto. E’ solo attraverso una “rivoluzione culturale”, infatti, che l’azienda può dare avvio a quei cambiamenti “organizzativi” e “manageriali” richiesti per sfruttare appieno e strategicamente le opportunità che il mix di tecnologie digitali è potenzialmente in grado di apportare.

Qual è il ruolo dell’Innovation manager?

In uno scenario evolutivo come quello attuale, dai confini ancora tutti da “decifrare”, l’Innovation Manager ha il delicato compito di affiancare l’imprenditore, o le figure apicali dell’azienda, nella “esplorazione” delle molteplici opportunità offerte dalle tecnologie digitali e favorire quei processi di “contaminazione culturale” indispensabili per un’efficace revisione dei processi e modelli di business. L’elevata specializzazione nelle diverse tecnologie abilitanti, seppur necessaria, non rappresenta, tuttavia, una condizione sufficiente per essere un buon Innovation Manager. L’Innovation Manager deve essere, infatti, in grado di promuovere un adeguato cambiamento culturale, favorire il miglioramento degli assetti organizzativi e gestionali dell’azienda e aiutare il management a ”focalizzare” e presidiare i nuovi drivers di sviluppo competitivo.

Le sue caratteristiche, oltre a quelle generiche di esperienza di innovazione, digitalizzazione e/o impresa 4.0, dovranno matcharsi con il settore, il prodotto servizio e/o la parte preponderante dei processi da digitalizzare dell’azienda?

Qualunque “percorso di innovazione” non può prescindere assolutamente dalle caratteristiche “tipiche” del settore di riferimento, dai processi di business dell’impresa e dall’evoluzione delle esigenze del proprio mercato di riferimento. Le tecnologie digitali rappresentano in questo senso una grossa opportunità per le imprese che intendono rivedere strategicamente il proprio assetto sul mercato e ridisegnare i propri modelli di business.

L’impresa con i suoi vertici, organizzazione di persone e fornitori cosa deve fare e come?

L’impresa innanzitutto deve ripensare al proprio ruolo sul mercato alla luce dei cambiamenti che le nuove tecnologie digitali stanno determinando sia sul fronte dei comportamenti di acquisto e consumo che sui nuovi assetti competitivi. Quello che valeva fino a ieri, oggi non è più valido. Si stanno affermando nuove modalità di interazione con i brand, nuovi modelli di acquisto che integrano processi di ricerca off line con modalità di acquisto on line (i cosiddetti SOPO), tutti cambiamenti che impongono all’impresa un costante monitoraggio dell’efficacia delle proprie strategie competitive.

Quali sono i risultati tangibili e in che tempi?

Qualunque processo di innovazione ha bisogno dei suoi tempi per garantire un’efficace implementazione e il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Spesso i primi risultati si possono già misurare a distanza di un anno dall’avvio del progetto e possono tradursi in un miglioramento dell’efficienza, un aumento della produttività o, nell’ipotesi di innovazioni cosiddette “disruptive”, nell’individuazione di nuovi bisogni e nello sviluppo di nuovi mercati prima inimmaginabili.

L’incentivo del MISE con il voucher per finanziare in parte l’inserimento di un Innovation Manager quale ruolo ha?

Seppur con una dotazione ridotta rispetto alle effettive esigenze di innovazione delle PMI, il Voucher messo a disposizione dal MISE per l’inserimento di Innovation Manager in azienda può considerarsi, in effetti, un primo importante segnale per favorire una progressiva “managerializzazione” delle gran parte delle piccole e medie imprese a “governance familiare” presenti nel nostro Paese.

L’incentivo parla di un inserimento temporaneo di almeno 9 mesi. Bastano e poi? E una volta esaurito il voucher?

In effetti 9 mesi è il tempo minimo per avviare un percorso di innovazione in azienda. Il Decreto prevede, infatti, anche un periodo più lungo che in ogni caso non può superare i 15 mesi. Ovviamente l’innovazione è un processo continuo che, affinché possa continuare a contribuire al mantenimento del vantaggio competitivo, non può essere relegato ad un singolo intervento temporalmente delimitato ma richiede che venga alimentato costantemente nel corso del tempo.

Qual è il ruolo di un’Associazione come Manageritalia che terrà un registro ufficiale di Innovation Manager dove le aziende potranno cercare quello loro più adatto?

Il ruolo di Manageritalia, quale Associazione di rappresentanza dei dirigenti del terziario avanzato, è fondamentale in questo processo. E’ chiaro tuttavia che serve una costante azione di sensibilizzazione sul tema anche mediante una frequente organizzazione di seminari e tavole rotonde come quella che ho avuto il piacere di moderare recentemente presso Manageritalia Campania lo scorso 13 novembre.

Chi altri ha un ruolo e può facilitare questa digitalizzazione, istituzioni, PA, Associazioni di imprese ecc.?

Tutte le istituzioni sono chiamate a fare la loro parte per favorire una progressiva transizione del nostro Paese verso una economia e una società sempre più digitale. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Europea del giugno di quest’anno, l’Italia si colloca al 24° posto (su 28° Paesi) nell’indice complessivo di competitività digitale (DESI 2019) e addirittura 26° sotto il profilo del livello di competenze digitali. Basti pesare che oltre metà della popolazione non ha competenze digitali di base e meno del 20% dispone di competenze superiori a quelle di base. Questi dati mostrano come ci sia ancora molto da fare in tal senso.

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