Pensioni: cosa cambia con il DL

Davanti a una folta e attenta platea si è svolto il 24 gennaio a Torino un incontro sulle recenti novità in materia di pensioni

Il decreto legge, approvato lo scorso 17 gennaio dal Consiglio dei ministri, non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ma, considerata la rilevanza dell’argomento e il grande numero delle persone potenzialmente interessate, Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta, con la collaborazione della Federazione, ha deciso di organizzare un convegno di approfondimento.
I lavori sono stati introdotti da Daniele Testolin, presidente di Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta e Giuseppe Candela, rappresentante GDL pensionati Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta.

Cosa cambia con la nuova legge di Bilancio? Quali requisiti per quota 100? Conviene riscattare gli anni di laurea? Queste alcune delle domande alle quali hanno risposto Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia e Massimiliano Gerardi, presidente A.N.C.L. – U.P.di Torino.
Il nuovo taglio alle pensioni introdotto dalla manovra per il 2019 ha due volti. Il primo riguarda gli assegni alti dei pensionati con una vera e propria sforbiciata, il secondo invece riguarda tutti gli assegni pensionistici, a partire dalla fascia medio/bassa, con un blocco parziale alle rivalutazioni.
In pratica il governo ha purtroppo adottato in materia di pensioni politiche lungamente sperimentate da parecchi esecutivi prima del loro.

Il ripristino della rivalutazione delle pensioni più favorevole sarebbe dovuto entrare in vigore dal 1° gennaio 2019, ma il governo ha deciso di rinviare l’operazione di un triennio, ricavando con quest’ultima manovra entrate complessive per oltre 2 miliardi. Nel corso dell’evento è stato dimostrato che un pensionato di circa 80mila euro lordi annui si è visto sottrarre con  i vari blocchi dal 2008 ad oggi un importo di ben 51mila euro. Per tale motivo il segretario generale, durante l’incontro, ha chiesto rispetto per questi pensionati, lamentandosi con il presidente del Consiglio che in una dichiarazione televisiva li ha equiparati agli “avari di Molière”, ridimensionando con una battuta il loro evidente sacrificio.

Anche i cosiddetti pensionati d’oro sono stati riabilitati dimostrando la reale privazione avvenuta dai percettori di una retribuzione elevata già al momento del calcolo della pensione, equivalente a un taglio pari a circa il 20% rispetto alle pensioni della generalità dei lavoratori. Un taglio di giusta solidarietà che nessuno ha mai messo in discussione ma che viene sempre dimenticato da chi intende giustificare gli ulteriori balzelli che devono subire i percettori di pensione sopra i 100.000 euro annui. Per questo è stato ribadito nel corso dell’evento che Manageritalia, insieme a Cida, intenterà tutte le cause necessarie e a qualsiasi livello per vedere risolto questo continuo stillicidio fatto di balzelli ingiustificati e continue mancanze di rispetto.

Accanimento dei vari governi sulle pensioni che si aggiunge a quello del fisco sui redditi dei “soliti noti”. I dirigenti pensionati, insieme a chi ha redditi sopra a 35mila euro, rappresentano il 12% dei contribuenti Irpef (per la quasi totalità dipendenti e pensionati) e versiamo circa il 58% del gettito complessivo, contribuendo a sostenere il welfare sociale di metà della popolazione adulta italiana (e delle loro famiglie) che rappresenta il 45% dei contribuenti e versa solo il 2,82%.

Sul decreto legge approvato il 17 gennaio invece è stato detto che non interviene in maniera significativa sulla riforma Fornero, lasciando inalterato il sistema di calcolo introdotto e le pensioni di vecchiaia. Ha comunque il pregio di introdurre una nuova finestra di uscita, l’ormai nota Quota 100, il blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, la proroga dell’Ape sociale e dell’opzione donna. Aggiunge poi due novità importanti rappresentate dal riscatto agevolato del periodo di laurea entro i 45 anni (che poi in sede di conversione si dice che vorrebbero portare a 50) e dalla facoltà di riscatto di periodi non coperti da contribuzione.

In particolare, su Quota 100, cioè il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni, si è detto che rappresenta certo una possibilità in più per chi vuole anticipare la pensione (ad oggi sono 12 le vie d’uscita indicate), tuttavia è una opportunità da cogliere con prudenza. Occorre studiare bene per il fatto che l’anticipo comporterebbe una riduzione dell’assegno pensionistico anche fino a oltre il 30% . Si tratta dunque di una scelta finanziaria che varia da caso a caso ed è per questo opportuno farsi consigliare da un consulente previdenziale.

La fase sperimentale di Quota 100 parte dal triennio 2019-2021 e la platea che potrebbe accedere alla misura è di oltre un milione di persone, con un costo, secondo le stime del governo, di circa 22 miliardi in tre anni ma che, secondo i nostri calcoli, arriva agevolmente a circa 50 miliardi se si considera fino al 2025. Si rende così vano ogni sforzo finora fatto con l’introduzione della riforma Fornero per contenere la spesa previdenziale e la minaccia che questa rappresenta per il debito italiano.
La considerazione finale condivisa dai relatori è stata che, pur ammettendo che possano essere diversi i colleghi che potrebbero gradire questa nuova opportunità di pensione, ogni sforzo del Governo doveva privilegiare piuttosto gli incentivi per l’occupazione. Un dato che ha confermato tale affermazione è stato quello del tasso di occupazione attuale in Italia pari al 58,6%, contro la media Europea pari nel 2017 al 72,2% e quello della Germania del 79,2%. 

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