Produttività del terziario e confronto europeo

L’ultimo rapporto dell’Osservatorio del Terziario di Manageritalia si concentra sulla produttività nel Terziario di mercato e mette a confronto Italia e principali partner europei su questo determinante fattore di crescita

La seconda parte dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio del Terziario di Manageritalia “Crescita del Terziario e Produttività”, dopo che la prima tratta del processo di terziarizzazione, analizza l’andamento della produttività dei fattori (Lavoro, Capitale e Produttività totale dei fattori, ossia l’efficienza del sistema produttivo) per alcuni settori specifici:

a) i settori che, negli ultimi 20 anni, hanno sperimentato una crescita in linea con i principali competitors dell’Eurozona (commercio all’ingrosso e al dettaglio e servizi finanziari ed assicurativi);

b) i settori che hanno accumulato un ritardo consistente, purtroppo proprio quelli caratterizzati da un alto potenziale innovativo (servizi legati alle tecnologie di informazione e comunicazione e attività professionali, tecniche e scientifiche – Apts).

IL PROCESSO DI TERZIARIZZAZIONE IN ITALIA 
Nel periodo 2000-2019 preso in considerazione dallo studio, il sistema Italia nel suo complesso ha fatto registrare il più basso tasso di crescita cumulato del Pil in Europa, dopo la Grecia.

Anche il Terziario ha contribuito al risultato, mostrando minor dinamismo nel confronto con i principali competitors occidentali, nonostante un aumento del suo peso sul Pil.

Il Terziario italiano e in particolare la sua componente di mercato, ha accumulato infatti un ingente ritardo nella crescita del valore aggiunto, riscontrabile in tutto il periodo considerato ed accentuatosi negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008-2009. Una dettagliata analisi per comparti, che si concentra sull’aspetto della produttività del lavoro, mostra grande eterogeneità di performance tra i settori che compongono il Terziario di mercato italiano, con solo un paio di settori in grado di mantenere il passo della concorrenza europea ed una maggioranza di settori, per lo più knowledge-intensive, che invece ancora registra un ritardo importante.

Un fattore chiave per interpretare il gap italiano è la scarsa crescita nell’efficienza dei processi produttivi (TFP). A seconda dei settori considerati, la mancanza di concorrenza e la scarsa adozione di tecnologie avanzate ed innovazioni di processo hanno contribuito a frenare la crescita della Produttività Totale dei Fattori e, di conseguenza, il valore aggiunto del Terziario di mercato.

CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO E CONTRIBUTI DEI FATTORI DI PRODUZIONE
Il valore aggiunto del terziario di mercato in Italia è cresciuto molto più lentamente rispetto ai principali competitors europei e alla media dell’Eurozona. Come mostra la figura 2, la crescita cumulata per l’intero periodo 2000-2019 si assesta intorno al 14%, equivalente a un +0,7% medio annuo. Nello stesso periodo, il tasso di crescita dei servizi osservato nell’Eurozona è stato più che doppio (+1,8% medio annuo) rispetto a quello italiano e ha superato il 2,1% medio annuo nel caso della Francia e il 2,6% medio annuo nel caso della Spagna.

Questo distacco non è da attribuirsi ad un singolo episodio di contrazione o stagnazione. Fra il 2000 e il 2007, il terziario italiano era cresciuto a ritmi in linea con quelli osservati in Germania, ma notevolmente inferiori rispetto a quelli di Francia e Spagna. Gli anni relativi alla crisi economica del 2008-2009 e la successiva crisi del debito hanno demarcato un periodo di stallo da cui l’economia italiana, ed in particolare il Terziario, ha faticato molto a uscirne: fra il 2011 e il 2013 il valore aggiunto dei servizi è diminuito marcatamente ma, al contrario di quanto avvenuto negli altri paesi Eurozona e soprattutto in Spagna, a questa contrazione è seguita in Italia una ripresa alquanto leggera (pur se accelerata rispetto al resto dell’economia, e in particolare della manifattura, che in quegli anni soffriva di una forte debolezza del mercato interno) e che è andata rallentando ulteriormente a partire dal 2017.

A cosa può essere attribuita questa differenza di performance? Per cercare di rispondere a questo quesito, abbiamo analizzato le componenti della crescita, a iniziare dai due principali input utilizzati dalle imprese nel processo produttivo, lavoro e capitale. Il contributo del lavoro può dipendere, a sua volta, dalla composizione della forza lavoro e dalla quantità di ore lavorate, mentre gli asset dell’impresa (capitale) possono essere suddivisi fra asset materiali e immateriali, questi ultimi rilevati separatamente nella base dati EU-Klems2. Assieme a questi due fattori di produzione, determinante fondamentale della crescita è l’efficienza con cui tali risorse vengono messe all’opera, ovvero la Produttività Totale dei Fattori (TFP). Questa misura raccoglie componenti della produttività aziendale che non sono facilmente quantificabili tramite dati sulla produzione, come ad esempio la qualità del management, il valore del brand, le innovazioni nel processo produttivo e i benefici derivanti da economie di scala e di scopo.

Scomponendo la crescita del valore aggiunto del Terziario di mercato dell’Eurozona e di ciascuno dei quattro paesi analizzati in Figura 3, sfruttando le tecniche di growth accounting utilizzate da EU-Klems, è possibile notare come l’Italia presenti un deciso gap nella crescita di efficienza (TFP) nel confronto con la media dell’Eurozona, che abbraccia l’intero ventennio 2000-2018 ma che spicca in modo particolare nel periodo 2014-2018, successivo alla doppia recessione del 2008-2013, quando altri paesi,  soprattutto la Germania, registrano un deciso recupero di efficienza.

Sebbene i dati disponibili non permettano di scendere in profondità nell’individuare le ragioni alla base di questo divario di TFP, è ragionevole supporre che parte del ritardo italiano sia da ricondursi a mancati progressi nella struttura organizzativa, gestionale e manageriale delle imprese, che a loro volta influenzano la capacità delle imprese di operare economie di scala e di scopo. La dimensione mediamente più piccola delle imprese del terziario di mercato italiano 4unita a una marcata presenza della proprietà dell’impresa nella gestione delle aziende (riscontrata a livello aggregato ma presumibile anche a livello del terziario di mercato, data la sua dimensione) contribuisce ulteriormente a spiegare il divario di efficienza produttiva (TFP).

La scomposizione della crescita del valore aggiunto italiano nel Terziario di mercato individua, inoltre:

a) un contributo positivo offerto dalla componente asset materiali non ICT (macchinari, strutture non residenziali quali capannoni ecc., attrezzature per il trasporto e la logistica) – molto simile, in Italia, a quello osservato per tutti gli altri paesi (eccetto la Spagna, per la quale ha giocato un ruolo molto rilevante la rapida espansione del settore turistico negli ultimi vent’anni).

b) un contributo quasi nullo degli asset materiali ICT (computer hardware, apparati per le telecomunicazioni) e degli asset immateriali (su tutti R&D, software e basi dati). Mentre le imprese del resto d’Europa crescevano grazie al contributo di brevetti, software e altri fattori intangibili, in Italia la crescita legata a questi elementi è stata decisamente più limitata;

c) un divario importante con i competitors in termini di contributo del fattore lavoro, soprattutto nei confronti di Francia e Spagna. In Francia, un contributo elevato alla crescita del valore aggiunto del Terziario di mercato è dato dai mutamenti nella composizione della forza lavoro (legata in parte a tendenze demografiche molto più favorevoli in Francia, rispetto all’Italia) e dalla differente disponibilità di capitale umano (ore lavorate) che ne consegue. In Spagna, invece, dalle ore lavorate, grazie sia alla crescita demografica sia all’incremento della partecipazione al mercato del lavoro, fenomeni osservati soprattutto nel primo decennio degli anni 2000, in seguito alle riforme di flessibilizzazione del mercato del lavoro avviate nella seconda metà degli anni 90 dal governo Aznar (e poi mantenute dai governi successivi).

Riassumendo, il gap produttivo italiano nel Terziario di mercato non sembra essere attribuibile a un singolo elemento, ma alla combinazione di diversi fattori (soprattutto composizione e disponibilità del fattore lavoro nonché efficienza delle imprese) che hanno limitato fortemente le potenzialità di crescita del settore nel suo complesso, esercitando anche un freno sulla crescita aggregata del paese.

Nello specifico, il Terziario di mercato sembra essere rimasto al palo negli anni successivi alla doppia recessione 2008-2013, che rappresentavano la giusta occasione di rilancio, per spingere sulla leva del recupero di efficienza.

Negli stessi anni, la manifattura italiana ha potuto, al contrario, aumentare la capacità di sfruttare in modo più efficiente gli input produttivi (TFP) attraverso un processo di selezione e trasformazione della base produttiva, supportato anche dall’introduzione del pacchetto di incentivi Industria 4.0 (divenuti poi Impresa 4.0 e rimodulati progressivamente nel tempo), focalizzato su superammortamento e iperammortamento soprattutto di beni e macchinari.

IL RUOLO DELLA PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO ED ETEROGENEITÀ SETTORIALE  
Come accennato nel paragrafo precedente, una parte importante del divario di crescita del valore aggiunto del Terziario di mercato sperimentato dall’Italia, nel confronto con i suoi principali competitors, si deve ad una crescita minore delle ore lavorate. Tuttavia, come mostra la Figura 4, tale crescita appare inferiore anche a causa di un contributo molto più debole della produttività del lavoro (valore aggiunto per ora lavorata). In particolare, il gap italiano in termini di tasso di crescita cumulato 2000-2019 della produttività del lavoro spiegherebbe quasi la metà del divario di crescita nel valore aggiunto dei servizi che compongono il Terziario di mercato (il gap di crescita è dello 0,45% medio annuo rispetto all’Eurozona).

Alla luce di questa evidenza, risulta utile soffermarsi sull’andamento della produttività del lavoro per formulare ulteriori ipotesi ragionevoli sulle cause alla base del ritardo italiano.

La figura 5 documenta, in serie storica, la stagnazione della produttività del lavoro italiana (nel Terziario di mercato) tra il 2000 e il 2019. Se Francia, Germania e l’Eurozona nel suo complesso sperimentano una crescita marcata su tutto il periodo, l’Italia risulta inchiodata ai livelli di inizio periodo. Anche la Spagna, che ha sperimentato una decrescita della produttività del lavoro notevole nel 2000-2010, probabilmente dovuta al massiccio aumento dell’occupazione registratosi in quel periodo, sembra essersi assestata su un trend di crescita solido negli ultimi dieci anni.

L’analisi di confronto eseguita in termini aggregati nasconde una notevole eterogeneità settoriale, anche se la tendenza prevalente resta quella di un ritardo italiano. Infatti, confrontando la crescita della produttività del lavoro dell’Italia con quella del resto dell’Eurozona nei diversi comparti del Terziario di mercato (Figura 6) si evince che, in quasi tutti i settori, l’Italia è cresciuta in media molto meno degli altri partner europei.

Le differenze maggiori si registrano nei comparti Servizi di amministrazione e supporto alle imprese, Attività professionali tecniche e scientifiche e Servizi di informazione e comunicazione. Per più della metà dei comparti del terziario, la crescita media annua della produttività del lavoro nel ventennio pre-pandemico è stata negativa per l’Italia e positiva per il resto dell’Eurozona, con divari che variano fra l’1% e il 2%. Differenze più contenute si osservano, invece, per i comparti Alloggio e ristorazione, in contrazione sia in Italia che all’estero e Commercio, in espansione in entrambi i casi. L’unico comparto in cui l’Italia sembra mostrare un piccolo vantaggio sui concorrenti europei in termini di crescita della produttività del lavoro è quello Finanziario e assicurativo. Anche in questo segmento, però, il livello di produttività del lavoro appare ancora al di sotto del benchmark europeo. Come mostra la Figura 7, infatti, anche nel 2019, ultimo anno utile per un confronto strutturale tra paesi, tutti i settori del Terziario italiano, ad eccezione del Trasporto, mostravano un gap nel livello di produttività (valore aggiunto per ora lavorata) rispetto ai partner europei, anche se meno marcato per Finanza e Assicurazioni, Alloggio e ristorazione e Commercio. In questo contesto, quindi, un aumento netto del ritmo di crescita della produttività del lavoro appare essere un prerequisito necessario per allineare la crescita del valore aggiunto del Terziario italiano a quella dei partners dell’Eurozona.

Con l’obiettivo di andare ad individuare più nel dettaglio i fattori alla base del ritardo italiano, verranno proposti alcuni focus settoriali. In particolare, l’analisi si focalizzerà su Commercio all’ingrosso e al dettaglio e sulle Attività finanziarie e assicurative, ossia due settori che hanno performato positivamente nel periodo analizzato, in termini di crescita della produttività del lavoro, ma che non si sono allineati ai concorrenti europei in termini di livello di produttività 2019, e sui Servizi di informazione e comunicazione (ICT) e le Attività professionali, tecniche e scientifiche (APTS) che mostrano un gap elevato di crescita della produttività del lavoro rispetto alla media dell’Eurozona ma che, al contempo, presentano un elevato potenziale. Si tratta infatti, pur sempre, di settori che si posizionano nella parte alta del ranking per livello di produttività proposto in Figura 7. 







LEGGI QUI L’INTERO REPORT DELL’OSSERVATORIO DEL TERZIARIO MANAGERITALIA:
“CRESCITA DEL TERZIARIO E PRODUTTIVITÀ”

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