La nascita della centralità della in store experience

Vi voglio raccontare di una lezione sui consumatori che viene da un mondo totalmente distinto dal mondo del retail: il mercato della musica.

Come sappiamo le vendite di musica sono in declino da un ventennio. Anche aggiungendo alle vendite di cd fisici il valore dei download a pagamento, il settore è in declino. Ci viene da dare la colpa alla pirateria e ai download illegali che sicuramente hanno un ruolo, ma la risposta è altrove. Esattamente nello stesso lasso temporale l’industria dei concerti live è cresciuta esponenzialmente.

Sia in aggregato sia a livello di singoli artisti, l’evoluzione è molto chiara:

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Fonte: Promogogo.com

Il consumatore di oggi è semplicemente meno interessato ad acquistare/possedere un ulteriore oggetto (anche se in forma di file!) e dà più valore all’esperienza vera e propria. Un concerto vale molto di più di un cd o di un album scaricato.

Cosa sta succedendo?
Nei paesi più avanzati, il consumatore presenta bisogni complessi che vanno ben oltre la funzionalità dei prodotti, e che richiedono una serie di esperienze disegnate attorno a lui: una store experience, un viaggio di storytelling nella scoperta dei valori del brand che renda l’esperienza di marca ancora più enjoyable.

Mi piace chiamarlo consumatore esperienziale ed è una tendenza che osservo attraverso tutti i continenti, in tutti i paesi maggiormente sviluppati con un consumatore più sofisticato.
Nasce la centralità della Store Experience e il retail diviene uno dei punti chiave dell’espressione della marca.

Il negozio non è più quindi un semplice punto logistico di prelievo di prodotti, il tempo passato in negozio diventa una parte fondamentale della fruizione della marca e lo shopping assume svariati significati per il consumatore: dal concedersi un momento di me-time dedicato a se stesso al creare una connessione personale e autentica con chi incarna la marca, arricchendosi di elementi di scoperta, di learning e quasi di gioco.

Questa è la futura ragione d’essere del retail, questo è l’unico motivo per il quale a oggi nell’era dell’e-commerce il consumatore si prende ancora il disturbo di fare un pellegrinaggio fino a uno store. Per ricevere un’esperienza.

Il Retail è morto, lunga vita al Retail
Proprio con questo nome abbiamo deciso con Manageritalia di dedicare una serie di articoli con esempi di retail esperienziale da tutto il mondo, ma soprattutto dall’Asia, la regione nella quale vivo e lavoro.

Perché l’Asia?
Se abbiamo definito che il retail esperienziale diventa uno dei punti fondamentali di espressione della marca, nei paesi asiatici più avanzati questo spostamento del consumatore è ancora più accelerato in quanto qui in Asia il retail è tutto nuovo, non esistono strutture distributive fossilizzate e non esistono barriere distributive rappresentate dai nostri vecchi centri storici.

Al contrario, a pari passo del grande sviluppo economico di questi paesi, ogni anno si creano centinaia di nuove strutture distributive che danno ampio spazio a concetti innovativi ed esperienziali di retail. In un certo senso l’Asia è come una macchina del tempo per capire il futuro del retail dei paesi Occidentali tradizionali come l’Italia.

Il primo concetto di Retail esperienziale che approfondiremo a breve è una catena di cartolerie Australiana: Kikki.K

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