Un nuovo ETS e una carbon tax per salvare il budget dell’UE

A inizio febbraio il Parlamento europeo ha finalmente dato l’ok alla riforma del mercato della CO2

Il 27 febbraio 2018 il prezzo di una tonnellata di anidride carbonica sul mercato europeo della CO2 ha raggiunto il suo picco dopo oltre 5 anni risalendo a 10€/ton, come non accadeva da novembre 2012. Il ritorno di un prezzo a doppia cifra è il risultato di oltre due anni di negoziati a Bruxelles volti a ristrutturare un mercato poco efficace e in perenne sovraccapacità che ad aprile 2013 ha visto i prezzi crollare fino a 3,5€/ton! 

A inizio febbraio il Parlamento europeo ha finalmente dato l’ok alla riforma del mercato della CO2 che genererà i suoi effetti a partire dal 2020, dando una spinta evidente ai prezzi delle quote (Fig. 1).

Ma come si fa a definire un prezzo per il diritto di emettere una tonnellata di anidride carbonica e come mai il mercato necessitava di una riforma strutturale?

Attualmente ci sono due meccanismi alternativi per “prezzare la CO2”: il primo, relativamente semplice e diretto, è la carbon tax, una forma di tassazione diretta che impone un’aliquota fissa per ogni tonnellata di CO2 emessa dalle attività produttive. Il sistema alternativo è chiamato ETS (Emission Trading System) e prevede la fissazione di un tetto (o cap) alle emissioni totali consentite e la distribuzione dei “diritti ad inquinare” (detti allowances) alle aziende energivore, le quali possono negoziare tra loro tali diritti, dando vita ad una sorta di Borsa artificiale.

L’ETS europeo è il primo mercato della CO2 al mondo per dimensione e anzianità. È stato lanciato nel 2005 per sostenere la lotta al cambiamento climatico riducendo in modo economicamente efficiente le emissioni climalteranti di CO2. Purtroppo l’ETS non è mai riuscito nel suo intento dato che non è stato in grado di dare alle imprese lo stimolo necessario a investire nella riduzione delle emissioni di CO2. Il fallimento di questo mercato è dovuto a una serie di problemi strutturali derivanti dalla sua artificialità. Nella prima fase (2005-07) si è fissato un cap alle emissioni decisamente troppo basso che ha portato a un prezzo della CO2 prossimo allo zero nel 2007 – emettere CO2 non costava nulla. Nella seconda fase (2008-12) il cap fu ridotto, ma a seguito della crisi economica e della riduzione della produzione industriale, il mercato si è trovato in una situazione di eccesso di offerta permanente, con prezzi troppo bassi per incentivare le aziende a investire nell’abbattimento delle emissioni, che hanno piuttosto ritenuto conveniente acquistare le quote sul mercato. La terza fase ha introdotto un sistema di allocazione basato su aste, ma i prezzi sono comunque rimasti inferiori di oltre 1/3 rispetto alle aspettative. Se ciò non bastasse nessuno si è preoccupato di fissare dei vincoli di destinazione degli impieghi dei fondi derivanti dai ricavi della CO2 che hanno in alcuni casi, come per la Polonia, finanziato degli investimenti di miliardi di euro in combustibili fossili.

Il mercato europeo della CO2 è quindi storicamente pervaso da inefficienze e distorsioni e le Istituzioni dell’UE si sono riunite più volte negli ultimi anni per proporre l’introduzione di meccanismi correttivi che portino ad un’allocazione efficiente delle quote scambiate e che incentivino realmente alla decarbonizzazione. La riforma dell’ETS che a inizio mese è stata approvata dal Parlamento europeo prevede una serie di misure che vanno dal semplice backloading – ritiro delle allowances sul mercato – all’introduzione di una market stability reserve per contrastare il surplus di quote e aumentare la resilienza del sistema agli shock, all’aumento del fattore che riduce annualmente il cap alle emissioni dall’1,74% al 2,2% per consentire una riduzione più rapida delle quote disponibili, fino all’incremento del target europeo di riduzione di gas serra al 2030 pari al 40%, contro il 20% al 2020. Sono state approvate delle regole più stringenti sulla destinazione dei fondi ricavati dalle quote che non potranno più finanziare centrali a carbone né progetti industriali alimentati a carbone.

A quanto pare l’approvazione della riforma, che entrerà in vigore dal 2020, ha scosso immediatamente gli attori del mercato – oltre 11.000 impianti industriali e centrali termoelettriche – che, aspettandosi una crescita consistente dei prezzi nei prossimi anni, hanno spinto gli acquisti di quote per coprire le emissioni future, facendo tornare il prezzo della CO2 a valori a doppia cifra dopo anni.

In affiancamento a questo sviluppo molto positivo e tanto atteso sull’ETS europeo, il 20 febbraio scorso in occasione del vertice dei Leader europei per definire il budget dell’Unione 2021-2027, 19 esperti in economia tra cui l’ex ministro delle finanze tedesco, l’ex direttore della WTO e Enrico Letta hanno avanzato una proposta di carbon tax europea sui combustibili fossili (carbone, petrolio, gas). L’obiettivo è duplice: da una parte chiamare proprio le fonti fossili a colmare quel vuoto di budget europeo causato dalla Brexit e allo stesso tempo velocizzare il processo di transizione energetica verso le tecnologie più pulite e affidabili con uno strumento diretto e di più facile attuazione rispetto alla creazione di un mercato ad hoc. I 19 esperti stimano che basterebbe partire da una tassa molto bassa pari a soli 5€/ton di CO2 per generare ricavi annui per 17bio€ da destinare ad investimenti in trasporti pubblici, sicurezza energetica e decarbonizzazione degli Stati membri più poveri. Il budget europeo è essenziale per garantire il funzionamento dell’Unione. È tra i budget più ingenti del continente ed è volto a finanziare progetti di ricerca, innovazione, agricoltura, coesione territoriale, giustizia sociale e sostenibilità ambientale. Secondo i 19 esperti in economia* sarebbe legittimo, efficiente ed efficace richiedere il contributo dei combustibili fossili al finanziamento di tale budget per rafforzare le potenzialità di investimento verso un’Europa più sostenibile e equa. Speriamo che il Presidente della Commisione Juncker e il Commissario europeo per il bilancio, Oettinger, condividano tale punto di vista.

*Enrico Letta, Pascal Lamy, Paul de Grauwe, Georg Kell, Jean-Marie Chevalier, Paul Ekins, Hans Eichel, Christian de Perthuis, Anna Creti, Jacques Percebois, Michel Aglietta, Rick Van der Ploeg, Jon Strand, Petr Janský, Mikael Skou Andersen, Frank Geels, Jeroen Van Den Bergh, Jean-Philippe Barde, Rui Ferreira dos Santos.

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