Abbiamo già parlato di come in tutto il mondo sviluppato assistiamo sempre più a uno stile di consumo meno materialistico e più esperienziale. Il retail in questo processo assume un ruolo centrale, divenendo il luogo dove il consumatore vive la vera esperienza di marca. Non solo, in un mondo nel quale l’e-commerce soddisfa pienamente la funzione di fornire accesso “logistico” ai beni al consumatore, l’esperienza diviene la vera e unica ragione d’essere del retail, l’unico motivo per il quale ad oggi il consumatore ancora si prende il disturbo di fare un pellegrinaggio fino a uno store. Si tratta di una rivoluzione per il marketing e per come pensiamo i nostri store, perché il retail diviene allora uno dei punti chiave dell’espressione della marca.
Esperienza fa rima con sopravvivenza
Come prova di questo spostamento del consumatore verso uno stile di consumo esperienziale, mi piace raccontare l’evoluzione dei department store, che in tutto il mondo stanno vivendo una sfida generazionale che ne mette a repentaglio la stessa esistenza nel futuro. Il caso più eclatante è forse rappresentato da quello che sta succedendo nel Regno Unito. Di fronte al globale e strutturale declino del traffico e delle vendite nei grandi magazzini gli inglesi hanno puntato tutto sull’esperienza in store per aumentare il tempo speso in negozio e farlo diventare una destination, molto al di là di essere un luogo dove semplicemente acquistare dei prodotti. Liberty London offre lezioni per imparare a cucire, Harrods ha aperto una Wellness Clinic dove vengono effettuati dei trattamenti di bellezza sotto la direzione di medici, esattamente lo stesso avviene da Harvey Nichols che l’anno scorso ha creato una Beauty Concierge a disposizione delle clienti presso la sua Beauty Lounge con trattamenti, diversi eventi e corsi ogni settimana.
Ma forse il caso più eclatante di scommessa sul retail esperienziale nel Regno Unito è rappresentato da Selfridges, che nel suo mitico flagship di Oxford Street ha creato una ultra lounge nella quale ospita bande musicali emergenti, ha aperto il primo cinema in un grande magazzino, ha una zona dove si leggono i tarocchi, ospita mostre di artisti come Banksy e ha anche aperto una Silence Room dove è d’obbligo lasciare cellulari e tablet alla porta per concedersi un me-moment di tranquillità offline. L’esperienza diventa il vero magnete di attrazione del consumatore in questi retailer nel regno Unito. Andando oltreoceano, negli Stati Uniti è molto simile l’esperienza di Saks Fifth Avenue che ha aperto un pop-up di fitness chiamato The Wellery che offe lezioni di fitness, oppure locali dove praticare golf e analizzare il proprio swing attraverso telecamere digitali.
Dall’e-commerce al negozio
Ma forse il caso più clamoroso è quanto sta succedendo da Amazon proprio in questi ultimi anni. Verso la fine del 2015 Amazon ha aperto il primo negozio “fisico” di libri a Seattle con l’obiettivo non più di sostituire i negozi di libri, ma anzi di migliorarne l’esperienza in store, rendendola ancora più gratificante. E, soprattutto, lo scorso giugno Amazon ha annunciato l’acquisto della grande catena di supermercati Whole Foods. Decisamente il più grande retailer online al mondo ha deciso che non può fare a meno dei negozi per fornire l’esperienza che i consumatori oggi desiderano. I department store inglesi e americani, insieme all’espansione di Amazon nel brick and mortar, dimostrano come a livello globale il retail tradizionale sia defunto come semplice punto di distribuzione logistico di beni di consumo, ma dalle ceneri rinasce un retail che diventa un pilastro fondamentale dei valori associati alla marca, rafforzandola con servizi, valori ed emozioni cha a volte giungono inaspettati.