Terziario: province performanti anche al Sud

Nell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Terziario Manageritalia, presentato il 15 febbraio, l’analisi sull’andamento a livello provinciale di valore aggiunto e occupazione creati tra il 2010 e il 2019 presenta un quadro molto variegato in termini di performance di lungo termine: la posizione geografica è lontana dall’implicare un certo livello di attività economica - alto al Nord e basso al Sud

I campioni territoriali al Sud sono frequenti, indicando che le capacità e competenze amministrative e imprenditoriali locali hanno probabilmente un peso notevole.

Valutiamo quindi se la performance aggregata peggiore – in termini di tassi di crescita – del Sud e delle Isole sia un fenomeno diffuso all’intero territorio del Mezzogiorno o se sia guidato da alcuni territori particolarmente svantaggiati.

Nei grafici a dispersione in Figura 1ogni punto nel grafico rappresenta l’incrocio tra crescita dell’occupazione e crescita del valore aggiunto del Terziario di mercato tra il 1995 ed il 2018 in una provincia.


Nel Terziario le differenze di crescita nel VA e nell’occupazione tra macroregioni negli ultimi 25 anni, pur essendo chiaramente presenti (mediamente nelle province del Mezzogiorno il Terziario cresce meno che nelle altre aree), non appaiono particolarmente significative (il 93% delle province italiane si trova nel primo quadrante, con una dispersione quasi omogenea). Più evidenti appaiono invece le differenze di crescita quando si valutano le province per l’andamento dell’intera loro economia, ossia considerando anche la presenza dell’Industria in senso lato. In altre parole, dal confronto dei due grafici si evince che negli ultimi 25 anni le province del Sud del paese hanno perso VA e occupazione soprattutto per la crescita scarsa o negativa sia di posti di lavoro che di valore aggiunto soprattutto nel settore industriale e nelle costruzioni.

Analizzando i grafici notiamo inoltre:
a) che all’interno di ogni macroarea si presenta un quadro provinciale molto più variegato in termini di performance di lungo termine – ossia che l’attività economica locale è molto meno determinata dalla posizione geografica di quanto si pensi e non varia esclusivamente sull’asse Nord-Sud (ossia che i campioni al Sud non sono un’eccezione e che probabilmente le capacità e competenze amministrative locali hanno un peso notevole);
b) che nei comparti del Terziario di mercato la maggioranza delle province italiane – circa il 75% – sono cresciute più in termini di occupazione che in termini di valore aggiunto, e che questo è avvenuto in maniera sostanzialmente omogenea in tutte le macro-aree.

Infine, per valutare sinteticamente le eterogeneità tra province all’interno dei macro territori, abbiamo stimato la media della variabilità (deviazioni standard dei tassi) di occupazione e valore aggiunto delle quattro macro-aree. Più la media è alta, più il territorio è eterogeneo al proprio interno. A guidare questa classifica sono il Sud e Isole e il Nordovest, con una media sostanzialmente identica 0.61. A seguire il Nordest (0.49) e infine il Centro (0.39). Questo risultato conferma la considerazione precedente sulla crescita non marginale di molte realtà locali del Sud.

Per concludere, a conferma di quanto scritto precedentemente sull’eterogeneità all’interno dei macro-territori, tra le 10 migliori province nel Terziario di mercato troviamo una presenza omogenea delle varie aree del Paese (tre del Nordest, tre del Centro, due del Nordovest e due di Sud e Isole).
Peraltro, anche la classifica relativa alle 10 “peggiori” province non denota una distribuzione geografica penalizzante per le province del Mezzogiorno.
In sintesi, su un orizzonte temporale di lungo periodo si può dedurre dunque una performance complessivamente non disprezzabile per molte realtà locali del Sud e delle Isole in un insieme di settori – il Terziario di mercato – che costituiscono quasi il 60% dell’economia del Paese.


Il periodo più che ventennale utilizzato accorpa al suo interno eventi macro-economici e politici che hanno sicuramente creato delle discontinuità nei trend territoriali. Dividendo l’orizzonte temporale di lungo periodo (1995-2018) in due sottoperiodi (pre-crisi 1995-2007 e post-crisi 2008-2018) è possibile valutare quanto sia stata rilevante e diversificato l’impatto della crisi finanziaria del 2007- 2008 a livello locale. La nostra analisi prosegue dunque dividendo l’orizzonte temporale in due sottoperiodi: pre-crisi (1995-2007) e post-crisi (2008-2018), presentato nei grafici a dispersione (Figura 2 e Figura 3).



Nel periodo pre-crisi (Figura 2), per il valore aggiunto del Terziario di mercato quasi il 40% delle province ha esibito tassi di crescita medi annui del valore aggiunto superiori rispetto all’occupazione.

Il Sud del Paese, per quanto ad una velocità in media inferiore rispetto al resto d’Italia, è cresciuto in quasi tutte le sue province, riportando tassi significativamente positivi per il Terziario di mercato negli anni considerati.

Una considerazione analoga vale anche se si considera l’intera economia provinciale nello stesso periodo (grafico a destra nella Figura 2). I tassi di crescita sono in media inferiori, ma è maggiore la percentuale delle province (circa il 70%) che esibisce una crescita superiore per il valore aggiunto
rispetto all’occupazione, indicando un recupero di produttività nel periodo pre-crisi.

Passando al periodo che incorpora la crisi finanziaria ed il post-crisi (Figura 3), la situazione cambia in maniera sostanziale. Per il Terziario di mercato, sono sessantaquattro (58%) le province con tassi positivi sia per il valore aggiunto che per l’occupazione, di cui solo ventidue con tassi superiori per il valore aggiunto rispetto all’occupazione, 50% delle quali nel Sud del Paese.

L’effetto della crisi è però molto più evidente quando si guarda all’intera economia (panel destro in Figura 3). Sono solo quattordici (13%) le province con tassi positivi sia per il valore aggiunto e l’occupazione, quasi interamente concentrate nel Nord del Paese (dieci nel Nord-Est, tre nel NordOvest ed una del Centro), di cui solamente tre (Bolzano, Monza e Trieste) con tassi superiori per il valore aggiunto rispetto all’occupazione. La variabilità fra macro-aree è ben più marcata rispetto ai grafici a dispersione precedenti, con una forte concentrazione di province del Sud e delle Isole, nel terzo quadrante (quasi il 50% delle settantuno province con tassi negativi sia per il valore aggiunto che per l’occupazione).

Se nel periodo precedente alla crisi vi è stato un abbozzo di catching up per alcune province del Meridione, questa evidenza grafica mostra i come la crisi e gli anni successivi abbiano fatto di nuovo allontanare il Mezzogiorno dal resto del Paese.

Un confronto tra le Figura 2 e Figura 16 permette anche di tracciare quali province risentito maggiormente della discontinuità creata dalla crisi e quali invece si siano mostrate più resilienti. Se consideriamo la differenza tra i tassi di crescita medio annui del valore aggiunto per il Terziario di mercato tra 2008-2018 rispetto a 1995-2007, il primato negativo appartiene a Latina, seguita da Frosinone, Imperia, Rieti e Matera. Tra le province più resilienti troviamo invece Belluno, Bolzano, Ragusa e Aosta.

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