Il marketing e i dati. Un rapporto sempre più imprescindibile che gli addetti ai lavori del settore non possono sottovalutare. Si tratta di un cambio di paradigma, necessario, ma che stenta a consolidarsi. I dati sono il motore di crescita delle imprese: le aziende oggi sono affamate di dati, pur avendone in grande quantità… il problema è che faticano a scaricarne veramente a terra il valore. Data-driven marketing, machine learning e AI oggi secondo me dovrebbero essere affrontati seguendo queste sette linee guida.
1. Cosa comporta mettere al centro i dati e guardare al marketing in approccio data-driven
Data-driven è sinonimo di conoscenza prima di ogni altra cosa: i dati ci permettono non solo di conoscere il nostro cliente ma persino di prevederne il comportamento e i bisogni. Dobbiamo slegarci dalle strategie basate sui vanity metrics e volontà aziendali interne. Queste ultime non portano un valore misurabile che, al contrario, è possibile ottenere solo ricorrendo ai dati.
Big data significa più insights a disposizione ma siamo in una situazione di vero overload informativo. I dati ci dicono il “cosa” e talvolta il “quando”, ma non sono in grado di spiegarci il “perché” di un fenomeno. È sul “perché” che bisogna lavorare quando si punta alla crescita: ciò significa investire in analisi, avere qualcuno che sappia interpretare correttamente. In quest’ottica, il mercato delle ricerche crescerà grazie ai dati.
2. Come si migliora la strategia di marketing di un’azienda
Cercando di far fruttare l’enorme capitale di dati presenti in tutte le aziende, appunto.
Dal punto di vista dell’approccio, non si può pensare di migliorare la strategia di marketing di un’azienda da un momento all’altro con un enorme balzo, facendo numeri impressionanti con una sola grande mossa.
Un mindset vincente è quello dei cosiddetti marginal gains, noti in ambito sportivo: riuscire a incrementare grazie ai dati anche solo dell’1% la resa di ogni piccolo dettaglio, significa ottenere una performance che sarà nel complesso notevolmente superiore, con un miglioramento continuativo.
3. Un cambiamento di paradigma che mette al centro i dati, ma anche il cliente. Il marketing funnel
Direi che il cliente viene posto finalmente davvero al centro perché devono essere i dati sul suo comportamento a guidare le nostre decisioni. Quando parliamo di marketing e di acquisizione dei clienti, ci viene subito in mente il celebre “imbuto”: un percorso lineare, ideale, che gli utenti compiono fino a diventare clienti. Una sorta di “pozzo” concettuale, in cui dovrebbero scendere poco a poco.
Indubbiamente, un concetto ormai superato: il cliente nel funnel passava da uno stadio all’altro grazie alle nostre azioni. In realtà il percorso è molto più complesso, il cliente non ha un approccio lineare e prende percorsi diversi ogni volta, ma è anche sempre di più online, dove lascia traccia delle proprie attività e ci permette di immagazzinare dati sul suo comportamento.
4. Il modus operandi del consumatore non è un percorso lineare: la sfida per gli operatori del settore
La sfida è riuscire a conoscere ogni cliente e arrivare a prevederne le esigenze e gli intenti. La relazione, oggi, è ciò che conta, vendiamo esperienze, più che prodotti o servizi. In questa relazione iniziano a contare realmente i dati e come li usiamo.
Bisogna a nostro avviso concentrarci molto di più sulla reale esperienza dei clienti in ogni sua fase. Quello che conta alla fine sono le persone e le emozioni, tanto nel B2B quanto nel B2C.
5. Intelligenza umana e artificiale si intrecciano, il beneficio che si può trarre da questa relazione bilaterale
Sarà sempre più necessario regolamentare l’AI, al fine di arginarne i potenziali aspetti più oscuri, ma possiamo trarne enormi vantaggi. Intelligenza umana e artificiale si fondono e traggono beneficio l’una dall’altra: la sintesi delle due è ciò che mi piace definire “intelligenza aumentata”.
E non dobbiamo pensare di essere la parte debole delle due, al contrario: la macchina non ha limiti a livello di calcolo ed elaborazione matematica del dato, ma siamo noi ad avere dalla nostra una capacità incredibile di interpretazione ed improvvisazione.
6. Le macchine ci conoscono più dei nostri “peer” umani: la spiegazione tecnica
Faccio riferimento alla risposta precedente: questo è uno degli aspetti più controversi dell’AI e degli algoritmi. Ad esempio, secondo una ricerca effettuata già nel 2015 dalla University of Cambridge & Stanford, l’algoritmo di Facebook sarebbe in grado di stilare un nostro profilo personale molto più accurato e rispondente al vero rispetto a quanto saprebbero fare i nostri amici o il nostro partner. Questo test è stato effettuato su un campione di oltre 17.000 profili Facebook, semplicemente analizzando i “like” degli utenti, e comparandoli poi con delle survey fatte agli amici degli stessi. Il risultato? La macchina riuscirebbe a individuare con molta più precisione i macro-tratti della personalità di un individuo, rispetto a qualsiasi umano coinvolto nella ricerca.
7. Nutriamo completa fiducia nelle macchine, basti pensare alle domande che cerchiamo su Google ma che ci imbarazzerebbe troppo porre a dei conoscenti…
Riponiamo una fiducia senza paragoni nelle macchine e, in particolar modo, nei motori di ricerca come Google: basti pensare alle risposte che cerchiamo online, anziché chiederle, per l’imbarazzo, a persone in carne ed ossa. Google oggi, non solo è in grado di rispondere praticamente a tutto, ma anche di tracciarci continuamente e di sapere in anticipo cosa faremo attraverso l’analisi dei dati. Riponiamo in Google una grande fiducia ogni giorno, è un nuovo “Dio” a cui rivolgere le nostre preghiere, la differenza è che risponde, sempre.