L’ABC del digitale:
Marco Camisani Calzolari

Marco Camisani Calzolari è imprenditore digitale, digital evangelist e docente di Business Digital Communication all’Università di Pavia. Guida da due anni la rubrica Pronto Soccorso Digitale su RAI1, ogni sabato alle 10. È stato definito il nuovo Maestro Manzi 2.0, come appunto Alberto Manzi, che ha alfabetizzato gli italiani in tv negli anni 50. Nella sua pagina Facebook (marcocamisanicalzolari) registra un video ogni mattina sui temi legati alla cultura digitale.

Cos’è oggi il digitale?

Il termine negli ultimi anni ha cambiato significato. Non è più solo tutto ciò che è numerico o che ha un display, è connesso a internet o ha un microprocessore dentro. È ormai un tema culturale che comprende anche l’uso critico che se ne fa e le competenze correlate, riguardanti il trasferimento della cultura, il lavoro, lo sviluppo personale e la società intera.

Quindi dobbiamo utilizzarlo o farci utilizzare?

Utilizzarlo consapevolmente. Quando ci sta usando significa che c’è qualcosa che non va, nei processi o nelle abitudini. Come in tutte le cose c’è chi progetta bene e chi male. Non tutto il digitale è buono. Bisogna sviluppare il giusto senso critico per imparare a scegliere e a riconoscere il digitale che serve a noi da quello che serve a chi lo possiede…

Tu sei anche un educatore digitale. Perché e per cosa serve un’educazione al digitale?

La ragione è sempre quella. Saper governare il digitale che ci circonda è oggi indispensabile, come saper far di conto, saper leggere e conoscere le implicazioni del mondo in cui viviamo.  Sono ormai più di 25 anni che ho intrapreso la missione di aiutare gli italiani a capire il digitale. È un’attività filantropica che faccio con grande passione.

Quali devono essere l’ottica e l’approccio delle persone verso il digitale?

Non devono aver paura. Devono sperimentare e provare tutto. “Io sono cresciuto benissimo senza computer e telefono” è pernicioso sia per gli adulti sia per i genitori che educano i figli, come se vivessero ancora nel secolo scorso. Insegnano cose che non esistono più, li mandano a studiare cose che non esistono più o che saranno profondamente cambiate da qui a quando i nostri figli entreranno nel mondo del lavoro. Ai miei studenti in università dico sempre che più della metà di quello che stanno imparando sarà obsoleto entro pochi anni.

E quella delle aziende?

“Abbiamo sempre fatto così” è il vero male da cui fuggire. Il mondo è cambiato, le aziende, i mercati e le persone. Change or Die è il titolo del mio speech che porto in giro per le big companies. In pratica passo un’ora a spiegare le ragioni per cui buona parte delle funzioni aziendali attuali sono obsolete. I più illuminati capiscono e vogliono cambiare. Altri attendono la pensione cercando di rimandare il cambiamento…

Il digitale è un potentissimo strumento per vivere, lavorare, fare business e tanto altro o stiamo esagerando?

È fondamentale. Provate a lavorare senza email o a vivere senza internet. Non si muore certo, ma anche l’uomo delle caverne è sopravvissuto sino ad oggi, se è per questo…

Schiavi o padroni del digitale? Dov’è il segreto?

Sperimentare, sperimentare, sperimentare. Il digitale non si impara sui libri. La letteratura in merito è vecchia per definizione. Tempo che l’autore abbia maturato l’esperienza e la trasformi in un testo articolato ed esaustivo, che il lettore lo acquisisca, passa almeno un anno, se non due o tre. Tre anni nel digitale è un’era geologica. Bisogna bruciarsi le dita, come dicono gli indiani, più o meno quello che noi chiamiamo sporcarsi le mani.

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